Tra i tanti dettagli che rendono unico l’evento dell’apparizione di Fatima vi sono sicuramente le tre apparizioni angeliche che precedono quelle mariane iniziate il 13 maggio 1917. L’angelo che appare ai tre pastorelli si presenta inizialmente come “Angelo della Pace” e successivamente come Angelo del Portogallo. E così si rivolge a Lucia, Giacinta e Francesco: «Con tutto quello che potrete, offrite a Dio un sacrificio in atto di riparazione per i peccati coi quali Egli è offeso, e voi fate suppliche per la conversione dei peccatori. In questo modo, voi attirerete la pace sulla vostra patria. Io sono il suo Angelo custode, l’angelo del Portogallo. Soprattutto, accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi invierà».Il Portogallo ha dunque un suo angelo custode. E possiamo immaginare che lo stesso valga per ogni nazione e popolo del mondo e, perché no, anche per le singole regioni. C’è, insomma – non crediamo di esagerare traendo queste conclusioni –, un piano di Dio anche per le nazioni, per le loro culture, come amava sottolineare san John Henry Newman, un desiderio misterioso che l’eternità si popoli di tutte le lingue e di tutti i dialetti, delle più varie sensibilità, senza che nessuna ne sia esclusa.Se si parla pure toscano nel cielo di Dio – è l’ultimo sviluppo della vicenda da cui siamo partiti –, allora può essere possibile anche rintracciare delle caratteristiche comuni nella grande fioritura di sante e di santi che ha onorato e continua fino a oggi a onorare le Chiese della nostra regione. Certo, è assai difficile sganciare le singole esperienze di santità dal contesto spirituale, storico e sociale in cui sono maturate, e si rischia molto di vedere quello che forse non c’è. Eppure, non c’è dubbio che una figura come quella di san Filippo Neri, pur romano d’adozione, brilli di un’arguzia e di un senso dell’ironia tipicamente toscano. Così come fortemente connotato di chiarezza, precisione e limpidezza – tratti assai propri della nostra identità culturale – è il folgorante percorso mistico di santa Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze. E non senza quel forte ed esigente radicalismo che è un’altra caratteristica della nostra fisionomia toscana: come dimenticare, in questa prospettiva, le figure sublimi e potenti di santa Caterina e san Bernardino da Siena?Forse più difficile individuare tratti di toscanità nel profilo umano e spirituale delle numerose figure la cui vicenda è oggi in corso di studio in vista della canonizzazione. Sono alcune decine di serve e servi di Dio – questa la dicitura che identifica persone di cui è in corso la cosiddetta fase dell’inchiesta diocesana –, prevalentemente presbiteri e religiose – ma non mancano le laiche e i laici – fiorite in diverse diocesi della regione. Figure dall’intensissimo impegno sociale sfociato nella fondazione di nuove esperienze di vita consacrata – gli esempi qui si moltiplicano, da madre Giovanna Ferrari e madre Agnese Tribbioli a don Didaco Bessi, per ricordarne solo alcuni –, così come donne e uomini di altissimo profilo spirituale e perfino speculativo – basti pensare alla vicenda di don Divo Barsotti, pisano poi fattosi fiorentino –.E c’è, forse, una tonalità di coraggio e, appunto, di radicalità che li accomuna, un senso talvolta persino «tragico» della propria missione condotta fino all’estremo con una fiducia inscalfibile in Dio. Come in don Alcide Lazzeri, il parroco di Civitella della Chiana che offrì senza esitazione la vita nella speranza, purtroppo vana, di salvare il proprio gregge dall’atroce vendetta nazista il 29 giugno 1944. Vien da pensare che propriamente «toscano» possa essere anche questo: il mettersi a disposizione senza batter ciglio, spesso senza aggiungere molte parole o spiegazioni, dopo aver preso coscienza, magari in pochissimo tempo, di situazioni non di rado estreme. Un sì asciutto, definitivo e totale, tagliente come il cristallo, come ebbe a dire don Raffaele Bensi di don Lorenzo Milani, due figure non ancora «incamminate» verso gli altari, ma che brillano per la loro toscanità asciutta e ben avvezza a respirare l’aria fine e assai esigente delle vette.A loro, come a tutte le bellissime figure di sante e santi, beate e beati, serve e servi di Dio della Toscana – e non dimentichiamo la commovente memoria liturgica che li festeggia insieme, il 5 novembre di ogni anno – si addice bene l’immagine che papa Francesco ha evocato proprio nel suo discorso a Firenze, il 10 novembre 2015, quando invitava la Chiesa italiana a lasciarsi portare dal soffio potente e per questo, a volte, inquietante dello Spirito: «Assuma sempre – concludeva con chiaro riferimento alle figure esemplari che festeggeremo nei prossimi giorni – lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e dalle tempeste».Verso gli altari, le cause di beatificazione aperteL’ultima causa di beatificazione aperta in Toscana, in ordine di tempo, è quella per don Divo Barsotti: lo scorso 25 settembre è stata inaugurata, a Firenze, l’inchiesta diocesana su vita, virtù e fama di santità del fondatore della comunità dei Figli di Dio. Ma l’elenco delle cause in corso, sia nella fase diocesana che in quella «romana», è lungo e comprende sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche.Firenze ha visto negli ultimi anni la proclamazione a «venerabili» di tre grandi figure del cattolicesimo fiorentino del Novecento: il cardinale Elia Dalla Costa, il «sindaco santo» Giorgio La Pira, il fondatore della Madonnina del Grappa don Giulio Facibeni. Proclamato «venerabile» anche mons. Olinto Fedi, fondatore a San Piero a Ponti delle Francescane dell’Immacolata. Per tutti e quattro è stato firmato dal Papa il decreto che ne riconosce le «virtù eroiche»: adesso servirebbe il riconoscimento di un miracolo attribuito alla loro intercessione per proclamarli «beati».È ancora in corso a Roma invece la causa di beatificazione che riguarda Maria Cristina Ogier, la giovane fiorentina morta l’8 gennaio 1974 a soli 19 anni: a lei si deve l’ispirazione della nascita del primo Centro di aiuto alla vita italiano. Presso la Congregazione per la cause dei santi sono in corso di svolgimento anche le cause per madre Eleonora Giorgi (1882-1945), della congregazione delle Serve di Maria SS. Addolorata; Maria Maddalena Frescobaldi Capponi (1771-1839) fondatrice delle suore Passioniste di Signa; Carolina Bellandi (1895-1986), conosciuta come «Mamma Carolina», fondatrice dell’Opera Prime Comunioni. Un anno fa, il 1 novembre 2020, si è chiusa anche la fase diocesana per madre Agnese Tribbioli (1879-1965), fondatrice delle «Pie Operaie di San Giuseppe» e «giusta fra le nazioni» per il soccorso dato agli ebrei durante la persecuzione.A Lucca si è conclusa nel 2016 la fase diocesana per mons. Enrico Bartoletti: la causa adesso prosegue a Roma dove è in via di ultimazione la sua «Positio». Rettore del seminario di Firenze, poi arcivescovo a Lucca, è stato segretario generale della Cei dal 1972 fino alla morte, nel 1976. Sono aperte anche le cause per don Aldo Mei (1912-1944), fucilato dai nazisti il 4 agosto del 1944 e per il canonico Stefano Antoni (1852-1944) ricordato come «il prete dell’eucaristia»Per la diocesi di Fiesole spicca il nome di Tilde Manzotti, morta di tubercolosi a Paterno di Pelago (sulle colline vicino a Pontassieve) nel 1939, a soli 24 anni: studentessa all’università di Firenze, la sua esperienza spirituale è legata alla Fuci e alla spiritualità domenicana. È stata dichiarata «venerabile» madre Giovanna Ferrari (1888-1984) fondatrice della congregazione delle Missionarie Francescane del Verbo Incarnato, mentre è ancora in corso a Roma la causa per Renata Borlone (1930-1990), una delle prime compagne di Chiara Lubich nel movimento dei Focolari.La diocesi di Arezzo ha introdotto nel 2019 la fase diocesana per la causa di beatificazione di don Alcide Lazzeri, il parroco ucciso dai nazisti nel 1944 durante l’eccidio di Civitella Val di Chiana. Si è chiusa invece la fase diocesana del processo di beatificazione di suor Petra Giordano vissuta nel Santuario di Santa Maria del Sasso, a BibbienaA Prato è in corso la cause di beatificazione per don Didaco Bessi, fondatore delle «suore di Iolo», mentre è stata espressa la volontà di aprire quella per Renzo Buricchi, il «tabaccaio di Prato» che divenne maestro di spiritualità e animatore di gruppi di preghiera. È già venerabile invece Cesare Guasti, scrittore e filologo, archivista dell’Opera del Duomo di Firenze ma anche terziario francescano.A Pescia, il vescovo Roberto Filippini ha messo nei giorni scorsi un editto per il cammino di riconoscimento delle virtù eroiche di Daniela Benedetti Spadoni, madre di famiglia, per la quale è stata aperta la causa di beatificazione. Il vescovo invita tutti i fedeli a fornire notizie che possono riguardare la causa. Madre di famiglia, cresciuta nel gruppo della pastorale giovanile della diocesi, è morta a Montecatini a 27 anni, nel 1994, dopo una malattia vissuta senza mai perdere la fede.