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CAP ANAMUR: MIOLI (MIGRANTES), «TROPPA FRETTA NEL CONCLUDERE IL CASO»

“Non si capisce perché non sia stata accolta la richiesta della Commissione centrale del Ministero dell’interno di concedere a molti degli africani respinti la protezione umanitaria. Rimane forte il dubbio che non si sia lasciato ai loro difensori spazio sufficiente per una adeguata difesa”: è questo il commento di padre Bruno Mioli, direttore dell’ufficio per la pastorale degli immigrati e dei profughi della Fondazione Migrantes, al termine della vicenda della Cap Anamur, che si è conclusa con il rimpatrio in Ghana dei 37 immigrati, con polemiche politiche e giuridiche che ancora continuano. “Viene pure il sospetto – osserva padre Mioli – che la drastica decisione non sia in ottemperanza ad esigenze legislative ma a ai ricatti della Lega e che se fosse avvenuto in un momento politico diverso, meno delicato per il governo, le cose sarebbero andate diversamente. C’è stata troppa fretta nel voler concludere il caso”.

Padre Mioli precisa che “non si tratta di mettere in dubbio il dovere dell’Italia di stare nella legalità e di controllare le frontiere, nessuno vuole liberalizzare l’immigrazione”. Ma questa vicenda, sottolinea, “insegna che se l’Europa non interviene in concreto dovremo rassegnarci a queste continue tensioni finchè non si farà qualcosa per allentare questa pressione migratoria. E’ necessario tradurre in atto le dichiarazioni che si fanno in materia di immigrazione. Sappiamo benissimo cosa avviene al di là del Mediterraneo, ma invece di intervenire per aiutare i Paesi di provenienza, si continuano a stanziare i fondi solo per il controllo alle frontiere, in un’atteggiamento esclusivamente difensivo e di contrasto all’immigrazione”.Sir