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Campo internazionale. Documento conclusivo 2017: Il sentiero del dialogo
DOCUMENTO FINALE – CAMPO INTERNAZIONALE 2017
Il sentiero del dialogo – Trasmettere umanità
Negli ultimi anni il mondo ha conosciuto un cambiamento radicale, e le nostre modalità di comunicare gli uni con gli altri, sia nei contenuti che negli strumenti, è stato rivoluzionato. Noi giovani del Campo Internazionale stiamo camminando insieme per comprendere cause e prospettive di una evoluzione così radicale nelle nostre relazioni e comunicazioni.
I nuovi strumenti tecnologici ci hanno dato un potere inedito nel raccogliere e condividere informazioni, nel comunicare gli uni con gli altri, e in molto altro. Ciononostante, per farne l’uso migliore dobbiamo essere consapevoli dei rischi che comportano, e affrontarli. Questo processo è ancora in corso, e le sfide sono perciò molte, ed è vitale porre le giuste domande, dato che le questioni sono ancora in via di trasformazione. Quindi, per evitare ogni tipo di giudizio, riteniamo più utile mettere in luce e dare una nuova prospettiva di queste sfide.
Uno dei cambiamenti più pervasivi è rappresentato da social media, su cui la nostra attenzione si è focalizzata di più durante il Campo. Molte persone rischiano di diventare soggetti passivi piuttosto che attivi nell’uso dei social media. La loro identità è sempre di più plasmata dai contenuti e dai network dei social, mentre la dimensione di comunicare se stessi e le proprie prospettive agli altri sta perdendo di importanza. Infatti, nell’ambito dei social, dove essere visti significa esistere, le identità virtuali rappresentano maschere di chi vogliamo essere.
D’altro canto, per essere soggetti attivi – anche in questo nuovo contesto – dobbiamo essere fedeli a chi siamo ed ai nostri valori. Questo è l’unico modo in cui possiamo davvero comunicare qualcosa di autentico, generando di conseguenza relazioni autentiche. In più, è fondamentale riconoscere che la nostra identità è in costante evoluzione, ed è definito dal nostro background culturale e sociale, quindi riconoscere le differenze che comunque esistono tra di noi può rivelarsi la chiave di volta della comunicazione.
Considerato come i social network siano un luogo di incontro virtuale, e come agiscano come filtro tra la vita virtuale e quella reale, non possono essere considerati strumenti comunicativi neutri. Possono avere un forte impatto e una grande influenza sulla nostra prospettiva, ed è ovvio che dobbiamo essere consapevoli delle differenze tra questi due mondi. Per esempio, nella relazione faccia a faccia la maggior parte di ciò che viene detto rientra nella comunicazione non verbale, che rimane però assente da dietro uno schermo. Quindi, soppesare le nostre parole è fondamentale, dato che rappresentano il maggior strumento comunicativo sui social. Quello che è stato detto finora rende chiaro che non possiamo separare così facilmente la nostra vita virtuale da quella reale. L’educazione all’uso dei social media quindi rappresenta sotto questo punto di vista la sfida più grande. Non c’è una modalità standard per approcciarsi a questi media, dato che questa dipende dalle nostre personalità e dal nostro background, ma possiamo tracciare alcune linee guida per aiutarci. Perché ho bisogno di condividere questo contenuto? Sto solo cercando attenzione o approvazione? C’è davvero bisogno dell’informazione che sto condividendo? È vera?
Sotto questo punto di vista, educare alla ricchezza delle diversità è fondamentale per evitare odio e violenza verso chi ha opinioni e background diversi. Le nostre comunità vanno diversificandosi, e il dialogo è perciò essenziale se vogliamo crescere insieme.
I social media hanno un impatto anche sulla cittadinanza e sulle dinamiche democratiche. Amplificano le notizie, le opinioni e le reazioni agli eventi a livello globale. Emozioni istantanee sono alla ribalta e influenzano profondamente la comprensione di cosa succede nella società, mentre il ragionamento e l’analisi profonda sono lasciate sullo sfondo.
Questo esempio evidenzia la polarizzazione della società: ognuno di noi può scegliere chi seguire, cosa condividere e dove raccogliere informazioni, permettendoci di rinforzare le nostre credenze. Se usati in questo modo, i social media diventano scudi, non strumenti di condivisione.
L’informazione si ottiene anche con la condivisione di contenuti tra pari, mentre il ruolo dei soliti guardiani è diminuito. Di conseguenza, la loro autorevolezza è messa in pericolo, così come l’abilità di distinguere il vero dal falso. Non è per caso che l’importanza delle fake news nelle dinamiche dei social è cresciuta esponenzialmente e molte persone non riescono o non sono interessate ad affrontare il problema.
Un problema connesso è rappresentato dalla mancanza di pluralismo che i social media possono generare. Infatti, anche se in teoria i social network aumentano il numero delle fonti a disposizione, siamo meno esposti ad una pluralità di opinioni. Questo aumenta le divisioni e le incomprensioni all’interno della comunità ad ogni livello (famiglie, comuni, nazioni, comunità globale).
Perciò, serve sottolineare il ruolo della responsabilità personale di ciò che succede nei social media: dato che ognuno di noi è diventato guardiano della qualità dell’informazione e della democrazia, dobbiamo assumerci le conseguenze delle nostre azioni virtuali così come facciamo con quelle «reali». Questo permette di proteggere la dimensione della memoria e della prospettiva, messa in pericolo in un mondo in cui l’unica cosa che conta è il momento presente, mentre ciò che è successo ieri è già dimenticato e quello che succederà domani è trascurato.
Nel recuperare e proteggere queste dimensioni, le tradizioni religiose e spirituali hanno un’enorme importanza.
La nostra dimensione religiosa e spirituale ha bisogno di tempo e di ascolto per permetterci di vedere il futuro come parte del nostro cammino e non solo come una reazione immediata a ciò che succede, cogliendo le sfumature di un evento in maniera armoniosa. Sia nella tradizione biblica che in quella coranica, Dio invita il Suo popolo ad ascoltare ed a leggere: «Shema Israel!» (cfr. Deuteronomio 6, 4-7 e Corano 112); «Iqraa’!» (cfr. Corano 96:1).
Oggi abbiamo a che fare con qualcosa di diverso: i nuovi media tendono a diffondere parole di odio attraverso le religioni, dando terreno fertile ai fondamentalisti. In fondo, questi ultimi sono gli individui che parlano – o gridano – di più di Dio, ma allo stesso tempo sono quelli che parlano di meno con Dio, usando la religione come uno strumento di comunicazione e azioni violente.
Essi testimoniano una religione priva di Dio, senza fede. Ma Dio non grida; come ha detto una volta un saggio, «Dio è talmente umile che parla solo quando tutti gli altri tacciono». Per questo motivo, ci impegniamo a riscoprire il silenzio per riconoscere il sussurro di Dio nel vento, come il profeta Elia sull’Oreb (1 Re 19, 12-13).
Noi, giovani partecipanti al Campo Internazionale del Villaggio «La Vela», riconosciamo il nostro dovere di comunicare quello di cui abbiamo fatto esperienza sulle religioni e sulla fede. Non sono strumenti di guerra e conflitto, ma che invitano ad amare i vicini e i lontani: «Muteranno le loro spade in aratri e le loro lance in vomeri; una Nazione non solleverà la spada contro un’altra, né si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Isaia 2, 4).
Noi, seguaci delle religioni abramitiche, abbiamo avuto l’opportunità di incontrarci, abbiamo scoperto diversi approcci alla fede, e abbiamo condiviso anche speranze, paure, fragilità e difficoltà. Abbiamo capito ed esperito che l’unica via significativa di comunicare la nostra religione comporta l’essere testimoni trasparenti e coerenti della nostra fede.
Questo è quanto abbiamo compreso, il nostro impegno e il messaggio di speranza che noi, riuniti da paesi differenti, vogliamo diffondere qui e nel resto del mondo. Siamo oltre cento giovani di religioni diverse, provenienti da Albania, Angola, Bangladesh, Bolivia, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Germania, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Perù, Romania, Russia, Yemen.
Con questo documento ci impegniamo a portare nel mondo le modalità di comunicazione e dialogo che abbiamo vissuto ed esperito al Villaggio «La Vela», così da costruire tutti insieme un sentiero di pace, sulla base di un terreno comune di ascolto e rispetto; una comunità di uomini e donne di buona volontà in cui le parole non sono mai usate come armi per ferire ma come mani tese per unire assieme le nostre diversità; una famiglia umana in cui siamo capaci di riconoscerci come fratelli e sorelle.
The Path of Dialogue – Broadcast Humanity
In the last years the world has been changing a great deal, and the way we communicate with each other, both for what concerns contents and means, has been shaken upside down. We young people from International Camp are walking together on a path towards understanding the causes and perspectives of such a radical evolution of our relationships and communities.
The new technological tools gave us a whole new power in collecting and sharing information, communicating with each other, alongside other opportunities. Nevertheless, in order to make the best out of them, we need to be aware of and face the risks they entail. Such a process is still going on, hence there are many challenges and the importance of good questions is vital, since these issues are not set on stone. Thus, we urge to avoid any kind of judgment, while we find more fruitful to shed some light and give a new perspective on these challenges.
One of the most pervasive changes is represented by social media, which our attention was focused on the most during the Camp. Many people risk becoming objects instead of subjects of social media. Their identity is increasingly shaped by social media contents and by their networks, while the dimension of communicating themselves and their perspective to others is losing its role and importance. In fact, in the social media environment, where being seen means to exist, virtual identities often represent masks of whom we are asked to be.
On the other hand, in order to be active subjects – even in this new environment – we have to be faithful to ourselves and to our values. This is the only way we can really communicate something authentic, generating as a result authentic relationships as well. Moreover, it is crucial to acknowledge that our identity is always evolving and being defined by our social and cultural background, so that being aware of the differences among each other represents a cornerstone for communication.
Given that social networks are a virtual meeting place, and they act as a filter between virtual and real life, they cannot be neutral communication tools. They can have a strong impact and influence on our perspective, and it is blatant that we need to be conscious of the differences between those two worlds. For instance, in face-to-face relationships the better part of what is said stands from non-verbal communication, which is absent from behind a screen. Hence, weighting the words we use is fundamental, as they represent the main communicative channel we can use on social networks.
What has been said so far makes clear that we cannot easily detach our real life from our virtual one. Thus, education to the social media world represents the biggest challenge in this respect. There is not a standardized way of dealing with said media, since it depends on our personalities and backgrounds, but we can set some guidelines in order to help us. Why do I need to share this? Am I just looking for attention or appreciation? Is the information I’m sharing needed? Is it true?
In this respect, educting to the richness of diversities is crucial, in order to avoid hatred and violence towards those who have different opinions and backgrounds. Our communities are getting more and more diverse, so dialogue is essential if we want to grow together.
Social media have also an impact on citizenship and democratic dynamics. They amplify news, opinions and reactions to events on a global level. Instantaneous emotions are in the foreground and they deeply affect the understanding of what happens in the society, while reasoning and an in-depth analysis are often left in the background.
This example highlights the polarization of society: each of us can choose who to follow, what to share and where to gather information from, allowing us to reinforce our own beliefs. If used this way, social media become shields, and not sharing instruments.
Information is made also by peers sharing content, while the role of usual gatekeepers results being diminished. As a consequence, their authoritativeness is endangered, as is the ability to detect what is true and what is not. It is not by chance that the relevance of fake news in social dynamics is skyrocketing and many people are not able or not even interested in dealing with that.
A correlated issue is represented by the lack of pluralism that social media might generate. In fact, even though theoretically social networks increase the number of available sources, we are less exposed to a plurality of opinions. This enhances divisions and misunderstandings within communities at every level (families, municipalities, nations, global community).
Therefore, we urge to stress the role of personal responsibility of what happens in social media: since each of us is becoming a gatekeeper of the quality of the information and democracy, we have to bear the consequences of our virtual actions as we do with «real» ones. This allows to safeguard the dimension of memory and perspective, which is very endangered by a world where the only thing that matters is the present moment, while what happened yesterday is already forgotten and what is going to happen tomorrow neglected.
In recovering and safeguarding those dimensions, religious and spiritual traditions have a great deal of importance.
Our religious and spiritual dimension requires time and listening so that we are able to see our future as a part of our path and not as a mere and immediate reaction to what is happening, grasping the streams of the event in a harmonious manner. Both in the Biblical and Quranic traditions, God invites His people to listen and read: «Shema Israel!» (see, Deuteronomy 6, 4-7 and Quran 112); «Iqraa’!» (see Quran 96:1).
Nowadays, we are dealing with something different: new media tend to spread words of hatred through religions, giving ground to fundamentalists. At the end of the day, the latter are individuals who speaking – or screaming – the most about God, at the very same time, are those who speak the least with God, employing religions as a means for violent communication and actions.
They testify a religion devoid of God, without faith. But God does not scream; as a wise man once said: «God is so humble that He only speaks when everyone else is silent». For this reason, we try and commit ourselves to be silent in order to recognize the whisper of God in the wind, as prophet Elias experienced in the Oreb (1 Kings 19, 12-13).
We, young people participating in the International Camp at «La Vela» Village, acknowledge our duty to communicate what we experienced about religions and faith. They are not meant for war and conflicts but for loving people next and far from you: «They shall beat their swords into plowshares and their spears into pruning hooks; One nation shall not raise the sword against another, nor shall they train for war again» (Isaiah 2, 4).
We, adepts to Abrahamic religions, got the chance to meet each other, we discovered different approaches to faith, and we also shared similar hopes, fears, fragilities and difficulties. We understood and experienced that the only meaningful way of communicating our religion implies to be transparent and consistent testimonies of our faith.
This is the understanding, the commitment and the message of hope that we, people gathered from different countries, want to spread in here and to the rest of the world. We are over 100 young people with different religious backgrounds, coming from Albania, Angola, Bangladesh, Bolivia, Democratic Republic of Congo, Ecuador, Germany, Israel, Italy, Morocco, Palestine, Peru, Romania, Russia, Yemen.
With this document we commit ourselves to bring into the world the way of communicating and dialoguing we lived and experienced at «La Vela» Village, in order to build all together a path of peace, based on a common ground of listening and respect; a community of men and women of good will in which words are never used as weapons to hurt but as an outstretched hand ready for binding together our diversities; a human family in which we are able to recognize ourselves as brothers and sisters.