Cultura & Società
Campanilerock, tutti pazzi per la musica
Per iscriversi basta mandare, entro il 30 novembre, almeno due brani registrati su cd o musicassetta (con i testi allegati) segnalando il nome del gruppo, un breve curriculum e la parrocchia che si vuole rappresentare al concorso. Una giuria di esperti selezionerà i partecipanti: in base al loro numero e alla loro provenienza, saranno organizzate tra gennaio e marzo alcune serate in varie zone della Toscana in cui ogni gruppo potrà suonare due o tre pezzi. Da ogni serata usciranno i finalisti, che in maggio daranno vita alla finale regionale. Per i vincitori, ci saranno in palio anche alcuni biglietti aerei messi a disposizione dalla compagnia Meridiana.
Ma cosa vuol dire, oggi, fare musica? Che ruolo ha la musica nella formazione dei giovani? Ne sa qualcosa Francesco di Sesto Fiorentino, batterista, che insieme a ragazzi conosciuti tramite «amici di amici di amici» ha iniziato a suonare nei saloni della sua parrocchia e a fare cover «rockettare» di musica religiosa. «All’inizio è stato difficile – racconta – trovare persone con cui condividere la passione per la musica, ma poi, iniziando con un semplice scambio di pareri sui generi musicali, tutto si è materializzato quasi per gioco». Quando gli chiedo che differenza c’è tra il semplice ascoltare o il fare musica, la risposta è molto chiara: «Nel fare musica uno ci mette del suo! Nel modo in cui suoni uno spartito o interpreti un testo c’è la tua personalità e puoi dargli il significato in cui ti identifichi di più, ti racconti in un certo senso. E quando suono, non importa che gli altri mi ascoltino (anzi detto fra noi questo mi imbarazza e non poco!) è la soddisfazione che provo ciò che conta e che mi spinge a continuare».
Questo concetto del raccontarsi attraverso il testo di una canzone ritorna spesso anche nelle parole di Emanuele Fossi, della diocesi di Fiesole, autore di molti inni dell’Azione Cattolica Ragazzi: «Penso che i giovani decidono di ascoltare un determinato genere musicale perché nei messaggi trasmessi vedono rispecchiate le proprie aspettative, i propri sogni, le proprie emozioni. Il fascino che promana dall’ascolto della musica è accolto in modo soggettivo, difficile da catalogare». Ecco perché nel comporre testi la responsabilità dell’autore diventa molto grande. I testi, infatti, così come gli arrangiamenti assumono un’importante funzione educativa, perché le canzoni e la musica in generale in qualche modo formano il modo di pensare dei giovani.
Nel corso della storia il rapporto tra la musica e i giovani varia, con lo spostamento degli interessi e a causa della normale evoluzione del modo di vivere, ascoltare e fare musica. Oggi, Emanuele Fossi sottolinea come «in particolare i giovani siano interessati a melodie semplici, a testi non troppo impegnati, ricercando nel brano quell’andamento che, in qualche modo, fa muovere dentro e fuori. Il messaggio che l’autore deve trasmettere deve essere quindi diretto e non scontato. Il linguaggio utilizzato fresco e ricco di fantasia. Se non si seguono certe linee comunicative si rischia che il messaggio, tanto caro all’autore, resti nascosto ed inascoltato». La musica, dice ancora Emanuele, è per i ragazzi un modo per «riscoprire quelle emozioni che vivono quotidianamente da soli ed in gruppo». Ed è un modo importante per «riflettere su valori che andranno poi a fondare il loro avvenire». Per questo esperienze come «Campanile Rock» diventano importanti e giocano un ruolo fondamentale per far sì che i ragazzi possano trovare un canale aperto per esprimersi ed essere ascoltati.
L’ultima parola spetta a Nino Mancuso, uno dei fondatori del Gen Rosso, autore di brani cantati in tutte le chiese come «Resta qui con noi». Quando si suona in un gruppo, dice, «bisogna mettere l’amore al primo posto: prima ancora della musica, delle parole, degli arrangiamenti. L’amicizia, l’unione con gli altri deve passare attarverso ciò che si suona, deve essere il primo messaggio che si trasmette. Questa è stata la mia esperienza al Gen Rosso: vedere che ciò che avevo imparato al Conservatorio, suonando con gli altri si trasformava, diventava qualcosa che non sapevo di essere in grado di esprimere».
Oggi, dice Mancuso, la musica è un linguaggio importante: «La Chiesa ha spesso delle difficoltà ad aggregare i giovani: una manifestazione come Campanile Rock, che punta a valorizzare quello di bello e di buono che c’è nelle parrocchie, è utile e importante».
L’importanza della musica nella pastorale giovanile, d’altra parte, non è una novità. A livello nazionale, la Cei ha dato vita già da alcuni anni a Hope Music, una scuola di musica che ha tra i suoi docenti cantanti e insegnanti di grande livello. E dal 17 al 20 novembre tornerà, al teatro Ariston di Sanremo, Jubilmusic 2005: festival internazionale di «christian music» promosso dalla diocesi di Sanremo e dalla Cei, e trasmesso da Raiuno.
Per iscriversi basta mandare, entro il 30 novembre, un demo con almeno due brani registrati su cd, musicassetta, mp3 (con i testi allegati) segnalando il nome del gruppo, un breve curriculum e la parrocchia che si vuole rappresentare al concorso.
Le preselezioni saranno effettuate, sulla base del materiale inviato, da una commissione composta da musicisti, giornalisti, critici musicali e rappresentanti degli enti promotori.
Il materiale va inviato non oltre il 30 novembre 2005 all’indirizzo: CampanileRock c/o Toscanaoggi – Via dei Pucci, 2 – 50122 Firenze
Il regolamento del concorso può essere scaricato dal sito www.toscanaoggi.it
Carlo, «Campanile rock» è un concorso per far suonare i giovani, senza l’ansia di vincere ma per il divertimento di fare musica insieme…
«È un’ottima iniziativa che alimenta l’estro, l’arte, la voglia di stare insieme e di fare musica, un’esigenza sentita in molte realtà del mondo giovanile e quindi anche nelle parrocchie. Lo scopo non deve essere vincere ma suonare insieme per il gusto di migliorarsi, confrontarsi con gli altri e di avere uno stimolo importante in un’età importante come l’adolescenza e la giovinezza».
Cosa possono trovare nella musica i ragazzi che suonano nelle parrocchie, negli oratori, nelle realtà giovanili?
«Credo che tutti, i giovani in particolare, debbano avere una passione, qualcosa che li impegni e li faccia sentire vivi e che allontani quel senso di abulìa che specie in età giovanile fa cadere in trappole terribili. Ecco, la musica può diventare passione e impegno che servono anche a darsi delle regole di vita e di comportamento».
I ragazzi guardano ai cantanti e ai personaggi famosi come modelli, come punti di riferimento: purtroppo gli esempi di comportamento che ricevono non sempre sono edificanti. Cosa ne pensi?
«Credo che anche oggi, come del resto in ogni epoca, il cantante o il personaggio conosciuto debbano essere un esempio non da imitare ma da ammirare per la loro arte. La cosa che deve piacere è ciò che quella persona sa fare, non il fatto che appare in tv ed è popolare. Bisogna apprezzare come uno canta, come suona, come gioca a pallone, non il fatto che quell’arte l’ha portato ad avere una ricchezza economica. Desiderare di emulare un personaggio famoso per la sua ricchezza è sbagliato, semmai dovremmo emularlo per il suo ingegno. Da parte loro i personaggi famosi devono rendersi conto della grossa responsabilità che si trovano ad avere nella società odierna. A volte, è vero, gli esempi non sono per niente edificanti».
Carlo, cosa ha rappresentato la musica nella tua vita?
«Non so suonare ma la musica e i dischi sono stati la mia prima passione e quando alla fine degli anni ’70 sono nate le prime radio private io mi ci sono catapultato. La musica può dare grandi emozioni, occorre imparare ad apprezzarla nel suo insieme: quella italiana, i cantautori, i grandi classici, la lirica».
Cosa vuoi dire ai gruppi che parteciperanno a «Campanile rock»?
«Un grosso in bocca al lupo a tutti in attesa della finale dove potrò complimentarmi di persona con i vincitori…. Ragazzi, in gamba e buona musica con Campanile rock!».