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Camaldoli, un trampolino «ecumenico»

Parlare di ecumenismo è parlare della missione che Gesù ha affidato ai suoi discepoli alla vigilia della sua morte (basta leggete il Vangelo di Giovanni 17,21), una missione che sollecita ogni cristiano a preoccuparsi per il mantenimento e la ricomposizione della comunione ecclesiale. Noi cattolici, come più volte ha sottolineato Giovanni Paolo II e ha confermato Benedetto XVI, non possiamo non sentirci pienamente coinvolti in questo compito, avendo il Concilio Vaticano II scelto in maniera irreversibile la via del dialogo ecumenico.L’unità è fondamentale per la fede cristiana: professiamo infatti un solo Dio, un solo Signore Gesù Cristo, un solo Spirito, un solo battesimo, una sola Chiesa: «una, santa, cattolica (= universale) e apostolica».Il Concilio Vaticano II annovera tra i nostri principali compiti la promozione dell’unità ad extra – ovvero del dialogo con le chiese con cui non c’è ancora piena comunione – e dell’unità ad intra, cioè la promozione e divulgazione al nostro interno dello spirito e dell’azione ecumenici, fra le componenti che ancora si oppongono e compiono un ostruzionismo indebito e scorretto sul dialogo ecumenico. Per questa scelta conciliare confermata dai Papi l’ecumenismo non può essere considerato una semplice appendice alla missione pastorale della Chiesa, ma appartiene in modo profondo, strutturale, alla sua vita e alla sua azione. Ne deriva una urgenza storica: nulla nella Chiesa dovrebbe essere promosso se offende la sua unità o allontana la riconciliazione tra i cristiani; ed ogni azione pastorale dovrebbe sapersi misurare sulla dimensione ecumenica.Primo scopo e compito del dialogo è di approfondire e comprendere le ragioni dell’altro. Le ragioni storiche, culturali, teologiche, del suo essere altro, diverso da noi. Capire ciò che ha portato, in tempi e luoghi diversi, a modi altri di vivere con sincerità e autenticità il vangelo e al formarsi di differenti strutture ecclesiali. Approfondire ciò che spesso non sappiamo, o sappiamo solo parzialmente e con approssimazione: la vita e la ricchezza di testimonianza presenti nelle Chiese non cattoliche. Comprendere i vari e profondi motivi della diversità, molto spesso prima culturali e poi teologici. A tal fine è necessario che i cattolici sappiano distinguere ciò che appartiene al «deposito della fede» dalle formule che enunciano la dottrina e da come esse ancora in molteplici modi vengano interpretate sul piano teologico.Capire le ragioni dell’altro aiuta a farcelo più vicino, ad accorciare le distanze che paiono insormontabili, a vincere la diffidenza frutto di secoli di scontri e reciproche condanne, per non dire persecuzioni. L’ecumenismo così può diventare una pratica da cui trarre arricchimento per approfondire la propria fede. Occorre alimentare una sana curiosità di avvicinare e comprendere l’altro, in modo che anche lui vinca le sue ritrosie verso di noi, per gustare insieme il frutto di una fraternità ritrovata.Frutto che non può non sollecitare la sensibilità delle comunità religiose che della comunione fraterna fanno uno stile di vita. La comunità di Camaldoli, in conformità al proprio carisma monastico, promuove durante l’anno alcuni incontri specifici per favorire l’unità dei cristiani e il dialogo interreligioso con l’organizzazione di momenti di preghiera aperti a tutte le realtà religiose presenti in Casentino e favorendo una formazione spirituale e culturale dei fedeli su questi argomenti che rappresentano davvero una sfida per il nostro tempo.

fratel Roberto di Camaldoli