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Camaldoli, prosegue la Settimana teologica del Meic

L'iniziativa questa mattina ha previsto l’intervento dell’arcivescovo mons. Riccardo Fontana, emerito di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e dibattito in sala.

Il Meic a Camaldoli

Riprendere in mano il concetto e la pratica del “prendersi cura”, in una società che sembra sempre meno capace di affrontare le nuove situazioni e problemi tenendo conto dell’“altro”, è una indicazione emersa dai contributi che ieri hanno introdotto al tema della Settimana teologica del Meic, in corso al Monastero di Camaldoli.

La Settimana è proseguita questa mattina con l’intervento dell’arcivescovo mons. Riccardo Fontana, emerito di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e dibattito in sala. Come da tradizione pomeriggio libero per visitare Camaldoli e i suoi boschi, per i partecipanti alla Settimana teologica.

Ieri mattina, si legge in una nota diffusa oggi, Francesca Brezzi, docente di Filosofia all’Università “Roma Tre”, ha aperto la prima sessione di lavoro della settimana con una riflessione sul tema delle identità e dell’etica della cura. “L’etica della responsabilità – ha detto Brezzi – è una relazione che da rapporto privato si trasforma prassi sociale, cura democratica. Dall’etica della cura deriva un’idea di cittadinanza diversa, non indifferente, in cui i cittadini allo stesso tempo hanno il compito di offrire cura agli altri e il bisogno di ricevere cura”.


Brezzi ha portato l’attenzione sull’aspetto della “cittadinanza”, in particolare di una “cittadinanza non indifferente”, ovvero “caratterizzata da permeabilità e flessibilità e che si attua in quelle multiple identità collettive che costituiscono le nostre società”, una cittadinanza “senza frontiere, fondata su una prassi di libertà, sul progressivo allargamento degli spazi della libertà , cittadinanza consapevole ed agita quale categoria centrale di una concezione della democrazia, nucleo della questione teorica e politica”.

Anche il biblista don Marcello Milani, nel pomeriggio, partendo dal Vangelo e soprattutto dalla figura di Cristo, ha portato l’attenzione sull’essere cristiani e al contempo cittadini. Dopo aver sottolineato la dimensione relazionale del “prendersi cura dell’altro” nella sua integralità, che Gesù stesso testimonia quando risponde alle richieste di guarigione, don Milani ha sottolineato tre dimensioni relazionali del prendersi cura, ossia “quella del fratello, che dovrebbe confluire – non è garantito – nella fraternità”, quella “dell’amicizia, che è una relazione libera” e, infine, quella sociale nella quale si concretizza la “cittadinanza”, espressione usata da san Paolo sia per la vita pubblica che per la comunità ecclesiale). Anche la comunità ecclesiale, ha affermato don Milani, “deve a sua volta vivere in mezzo alla cittadinanza, quindi non solo riconoscere ogni discepolo come ‘concittadino dei Santi’ nella comunità, ma anche come comunità che diventa corresponsabile di un territorio”.


Il tema della cittadinanza apre al grande tema del pluralismo e della differenza. Oggi facciamo fatica a comprendere la differenza, ha commentato don Milani, “perché viviamo come se la comunità cristiana fosse ancora maggioranza sociale”. Così non è più e va ripensato il contributo che la comunità può dare alla cittadinanza comune che condivide, “partendo da una parte dal Vangelo ispiratore, e dall’altra dalla Costituzione”.