Toscana
Calcioscommesse, è lo specchio della società
di Francesco Rossi
A distanza di pochi anni da «calciopoli», il mondo del pallone è di nuovo nella bufera, questa volta per il giro di scommesse sulle partite. Sulla vicenda, abbiamo chiesto un parere a Bruno Pizzul, noto telecronista e commentatore sportivo.
Negli ambienti calcistici c’era sentore di questo giro illecito di scommesse prima dell’inchiesta giudiziaria?
«C’era effettivamente la sensazione di qualcosa di poco pulito: troppe partite venivano individuate dagli stessi bookmakers per puntate eccessive. D’altra parte le scommesse clandestine, perlomeno nel calcio, sono una piaga che periodicamente si rinnova, una cattiva abitudine dalla quale in Italia non riusciamo a liberarci e che, peraltro, trova riscontri anche all’estero: in Germania, Francia e Inghilterra, dove di tanto in tanto emergono situazioni con tesserati coinvolti».
Quali sono gli «orizzonti» di questo malaffare?
«È difficile individuare tutte le partite colpite, ma la sensazione è che ci siano parecchi giocatori coinvolti. Non va dimenticato il fatto che il calciatore, per la federazione italiana, in quanto tesserato non può scommettere. Pertanto già la scommessa, anche se condotta con canali leciti, è un comportamento deontologicamente scorretto. Ciononostante, c’è una tendenza diffusa a scommettere sulle partite. Questa vicenda è demoralizzante per il pessimo esempio che viene dato da calciatori professionisti, che finiscono per essere modello di riferimento per le giovani generazioni».
È dunque un danno sul piano educativo?
«Più volte diciamo che sarebbe auspicabile che lo sport fosse un’agenzia educativa, ma esempi così deleteri rendono estremamente problematica l’utilizzazione dello sport per la crescita, non solo agonistica ma anche morale e civile, dei giovani».
Oltre alle scommesse vietate stanno emergendo episodi di corruzione o, addirittura, la somministrazione di sonnifero ai giocatori Ma la rete criminale era davvero così potente?
«Nelle situazioni in cui si è individuata l’ingerenza di questo sistema malavitoso molto spesso il disegno non è andato a buon fine. Questa non è una giustificazione, né elimina il problema, ma significa che era presente anche una dose di millantato credito, con personaggi che tessevano reti d’intrighi asserendo di avere il controllo delle squadre, il che non era poi vero. Lo stesso Paoloni (il portiere che aveva usato il sonnifero, e che è al centro dell’inchiesta, ndr) ha racimolato un gruppo di scommettitori ma, per scommesse perse, alla fine si è indebitato pure lui e ha subito minacce».
«Calciopoli», «calcio-scommesse», ultrà che provocano violenze. Periodicamente il pallone finisce al centro dell’attenzione per vicende che con lo sport non hanno nulla a che fare
«Non c’entrano con la cronaca sportiva, ma hanno a che fare con la società in cui viviamo: questo malcostume fa particolarmente impressione nello sport perché nel comune sentire dovrebbe essere caratterizzato da comportamenti virtuosi. In realtà il calcio risente delle storture e criticità della società nella quale è immerso. Questo non è un alibi, ma solo denuncia un sistema incancrenito che, purtroppo, trova riscontro anche negli altri ambiti della nostra convivenza».
C’è chi attribuisce queste «deviazioni» al giro di soldi che c’è attorno allo sport professionistico e, al contrario, chi denuncia episodi di squadre sull’orlo della bancarotta e giocatori che non vengono pagati.
«Da alcuni le scommesse sono state addirittura viste come una forma di auto-tutela per quei tesserati che giocano nei campionati minori senza stipendio per problemi finanziari delle loro società In realtà siamo ben lontani da una giustificazione, ma piuttosto questo è il segnale che il calcio italiano è sovradimensionato a livello professionistico. Abbiamo ben 134 società professionistiche, mentre realtà calcistiche ben sviluppate come quella spagnola o inglese hanno un terzo o un quarto delle nostre società. Il problema è articolato e complesso, fermo restando che in cima vi è l’integrità etica e morale dei singoli».
Da ultimo, è possibile voltare pagina o ciclicamente siamo destinati a parlare di calcio non per lo sport, ma per la cronaca giudiziaria?
«Non bisogna mai arrendersi, ma consideriamo che tra le connotazioni tipiche del mondo dell’agonismo c’è anche questa deriva che può intervenire nel momento in cui ci sono troppe attenzioni di carattere materiale, ovvero troppi soldi. È un problema vecchio come il mondo, denunciato già dal drammaturgo greco Euripide nel quinto secolo avanti Cristo. Laddove il risultato sportivo dà fama, ricchezza, soldi ecc. scatta la tentazione di raggiungere l’obiettivo a qualsiasi costo, e magari adottare comportamenti truffaldini. È un rischio congenito nell’organizzazione dello sport di vertice, perciò non si deve alzare bandiera bianca, ma al tempo stesso riconoscere le insidie e i pericoli».
Da giovane dirigente fondò, all’ombra dei campanili delle chiese di Pisa, due polisportive: il San Sepolcro e i Passi, dove sono cresciuti giocando a calcio, pallavolo, tennistavolo, correndo su pista o su strada centinaia di giovani. Dirigente storico del Centro sportivo italiano (di cui è stato per otto anni presidente regionale e per un breve periodo direttore nazionale), Marcello Tognoni è oggi incaricato della Conferenza episcopale toscana per l’ufficio del tempo libero, del turismo e dello sport.
Tognoni: ci risiamo col calcioscommesse
«Non si è ancora conclusa la vicenda giudiziaria di Calciopoli del 2006 (39 gare sotto inchiesta, numerosi dirigenti ed arbitri di primo piano coinvolti). Né abbiamo ancora dimenticato calcioscommesse 1 del 1980 e calcioscommesse 2 del 1986. Adesso la nuova inchiesta: 16 arresti, 28 indagati, 400mila euro sequestrati per 30 partite sospette giocate in serie A, in B e in prima divisione».
«Il giro delle scommesse legali è stimato in 4,4 miliardi di euro, quello delle illegali in 2,5 miliardi. Su una sola partita c’è anche chi ha giocato 150 mila euro».
«Fa molto riflettere la denuncia dell’associazione Libera, secondo cui la gestione di almeno trenta società sportive potrebbe essere condizionata dalla criminalità organizzata».
«Lo sport, a tutti i livelli e nonostante tutto, continua a muovere entusiasmo. Vivo a Viareggio: in questi ultimi giorni la squadra di calcio ha ottenuto, sul campo, la salvezza in prima divisione, l’hockey su pista ha meritatamente vinto lo scudetto. Tutta la città è scesa in strada, ha gioito, ha partecipato ad una festa vera, coinvolgente. I tifosi si sono fatti migliaia di chilometri per stare vicino alle squadre. Non deve essere stato facile per loro apprendere dai media dei sospetti sulla regolarità di tante partite giocate in diversi campionati».
«Costantini non è nuovo a queste provocazioni. La sua proposta è forte, l’etica pubblica ne dovrebbe essere scossa. Intanto, però, governo e società maggiori sono indaffarati a come spartirsi, in queste ore, la torta dei diritti televisivi. Mi chiedo: con quale faccia?».
«Secondo l’Istat almeno il 61% degli italiani fanno sport (il 10,2% saltuariamente). Sono sicuro che, laddove non girano soldi, l’attività sportiva possa essere ancora una scuola di vita. La Chiesa intende investirvi, il Csi ha lanciato l’ambizioso progetto un gruppo sportivo in ogni parrocchia».
«La bestemmia, nei campi sportivi giovanili, è in regresso forse non in Toscana? come emerge dai dati del monitoraggio delle sanzioni disciplinari. Il problema dei soldi, invece, fa capo ai vivai, alla brama di successo. Fa riflettere il fatto che alcune procure stiano indagando addirittura su alcuni genitori che avrebbero chiesto (ed ottenuto) doping per i loro figli ».
«Questo è un problema che sento molto. Tanti nostri figli, giunti in età adolescenziale, non abbandonano solo la scuola, ma anche la pratica sportiva: le società sportive, in diversi casi, rinunciano a far loro proposte, forse anche perché non hanno interesse a tenersi ragazzi non campioni. Eppure l’attività sportiva potrebbe far molto bene a degli over ’14: le parrocchie potrebbero fare molto in questo campo, mettendo in rete le iniziative, avviando una sorta di dopocresima dello sport».
«Una buona notizia, finalmente. Condividiamo i valori contenuti in quella carta. Ha detto l’assessore Allocca: quel documento non resterà nel limbo delle cose belle, ma entrerà nel tessuto vivo, nel richiamo delle buone pratiche sportive. Lo speriamo davvero».
Ben vengano tutti i contributi e gli sforzi per riportare lo sport al suo valore originale, anche se a volte, certe dichiarazioni o documenti, rischiano di essere un po’ retorici, è bene che si riaffermi la purezza del gioco e dello sport. Purtroppo lo sport e in particolare alcune discipline hanno perso quella dimensione del competere, del confronto, facendolo diventare solo un fenomeno economico; ad esempio, si è creato troppo interesse verso il calcio professionistico, sacrificando tante altre discipline che non riescono ad affermarsi perché tutte le risorse economiche sono per il calcio. Quando sono gli interessi economici a dettare il calendario delle partite, perché lo sponsor deve «apparire», purtroppo siamo al tradimento dello sport vero, genuino. Tutto questo porta ad un allontanamento dalla pratica sportiva, quasi ad una assuefazione. Lo sport in se, non è malato, perché lo sport è per costituzione naturale una realtà buona, ottima: contribuisce a far incontrare le persone, a farle confrontare per far conoscere i propri limiti, ma anche le proprie capacità.
Lo sport educa perché stimola la persona migliorarsi, a ricercare il meglio per se e per gli altri, infatti il «gioco di squadra» porta alla collaborazione, ad unire le forze e le competenze per raggiungere un obiettivo comune. Lo sport aiuta anche ad accettare i propri limiti, specie quando sperimenti la sconfitta, ma quello è il momento dove metti maggiore impegno per migliorarti.
Ciò che rende lo sport dopato, illegale, sono le persone che sfruttano il fenomeno sportivo per arricchirsi senza faticare. Il problema qui è culturale ed educativo, perché in tanti contesti, si fa di tutto per rifiutare la fatica, il sacrificio. Non si accetta di essere sconfitto, di non ce la fare, e allora si va alla ricerca della strada facile, delle soluzioni che falsano poi ogni altro risultato.
Su questi temi, la Chiesa italiana, attraverso il suo episcopato, si è espressa da tempo, in un documento che ogni sportivo, ogni tecnico, ogni dirigente dovrebbe leggere attentamente: «Sport e vita cristiana»; dove i temi enunciati nella Carta etica dello sport, della Regione Toscana, vengono trattati ampiamente e motivati per il bene della persona.
C’è solo da auspicare che al di là delle dichiarazioni di circostanza, ci sia veramente la volontà, non solo di punire e sanzionare fortemente chi ha tradito lo sport, ma si inneschi un processo educativo che coinvolga la scuola, le Società sportive, le Federazioni e il CONI, e su questo la Chiesa ha molto da dire e da contribuire, affinché lo sport conservi il suo originale valore.
La Procura di Cremona, al termine di mesi di intercettazioni e pedinamenti, chiede misure cautelari anche per l’ex capitano del Bari, Antonio Bellavista, per quello dell’Atalanta, Cristiano Doni, per il difensore dell’Ascoli, Vittorio Micolucci e il centrocampista Vincenzo Sommese, per gli ex calciatori Beppe Signori, Stefano Bettarini, Mauro Bressan e Gianfranco Parlato, per il direttore sportivo del Ravenna, Giorgio Buffone e per Francesco Giannone e Manlio Bruni, titolari di uno studio di commercialisti a Bologna, dove il 15 marzo si sarebbe svolto un incontro per pianificare le azioni del «gruppo dei bolognesi», tra i quali Signori, Bellavista e Erodiani. Indagate anche altre 28 persone a piede libero. Le partite inizialmente sotto inchiesta sono 18, tutte legate alla stagione 2010/2011, tra cui ben quattro incontri della Cremonese (Lega Pro, Prima Divisione), cinque partite di serie B e un match di serie A, Inter-Lecce del 20 marzo scorso, terminato 1-0 in favore della squadra nerazzurra.
Tra le partite «sospette» ci sono per quanto riguarda le toscane Livorno-Ascoli (1-1) del 25 febbraio 2011, Siena-Sassuolo (4-0) del 27 marzo, Benevento-Viareggio (2-2) del 13 febbraio e Benevento-Pisa (1-0) del 21 marzo. Nei giorni successivi entrano nel mirino degli investigatori anche altre partite di serie A e B. È Marco Pirani, durante un interrogatorio, a parlare di una trentina di partite truccate. Tra queste, Fiorentina-Roma (2-2) del 20 marzo 2011, data come sicuro «over», anche se mancano i riscontri. Spesso, infatti, si tratta di millantato credito, tanto è vero che Paoloni continua a promettere «combine» che il più delle volte non vanno a buon fine, mettendo sempre più nei guai il portiere, oppresso dai debiti.
Ma se dietro ad alcune delle partite citate c’è solo la millanteria di qualche personaggio (Paoloni si fingeva su skype per il centravanti del Lecce Daniele Corvia), l’inchiesta svela un mondo inquietante. Clamoroso, ad esempio è che l’arbitro di una delle partite più sospette, quel Cremonese-Spezia finito 2 a 2 grazie alle «papere» di Paoloni, fosse Claudio Gavillucci, che lavorava per l’agenzia inglese di scommesse Stanleybet. Il 4 giugno i Monopoli di Stato segnalano alla Procura federale della Figc, grazie al «Robocop», che monitora i flussi di qualsiasi tipologia di scommessa inserita nei palinsesti di gioco sul calcio, diverse gare della stagione 2010/2011, tra cui 6 partite di serie A, 13 di serie B, 16 di Lega Pro e una di Coppa Italia. Solo alcune di queste comparivano già nell’inchiesta cremonese. E dopo quelli di Cremona anche i magistrati di Napoli avviano un’indagine per frode sportiva, coordinata dal procuratore aggiunto Gianni Melillo. Si tratterebbe del coinvolgimento della malavita organizzata in un giro di scommesse sia nazionale che internazionale.
Intanto spunta una foto inquietante: Antonio Lo Russo, esponente dell’omonimo clan camorristico del quartiere Miano, compare a bordo campo durante la gara Napoli-Parma, dell’aprile 2010. Da parte sua il bookmaker austriaco SkySport365 ha annunciato di voler consegnare alla Procura di Cremona un rapporto su 20 incontri con flussi anomali di gioco che coinvolgono tra gli altri Napoli, Lazio, Roma, Atalanta e Siena.