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Calcio violento, speriamo ora di non affogare in un pantano di chiacchiere

di Umberto FolenaPer fermarsi è dovuto arrivare il morto, il bravo e sventurato poliziotto Filippo Raciti, venerdì 2 febbraio a Catania, durante una vera e propria guerriglia urbana insensata. Ma avremmo potuto fermarci in precedenza per altri morti. Appena pochi giorni prima a Luzzi, in provincia di Cosenza, Ermanno Licursi, un dirigente della Sanmartinese, viene ammazzato a calci mentre cerca di sedare una rissa. Certo, era un campionato del tutto minore… come se ci possano essere morti minori e morti maggiori.

Ci si poteva fermare il 20 settembre 2003 quando Sergio Ercolano, tifoso del Napoli, precipita dal secondo anello dello stadio di Avellino durante i rituali scontri con la polizia. Ci si era fermati, pochissimo e tra promesse molto simili a quelle di queste ore, il 29 maggio 1995 a Genova, quando il tifoso genoano Vincenzo Spagnolo muore accoltellato da un tifoso milanista.

Per chi ha la memoria lunga, perché non fermarsi il 28 ottobre 1979 quando il tifoso laziale Vincenzo Paparelli muore in curvasud centrato da un razzo – un razzo! – tirato da un romanista piazzato in curvanord? E quanti sono stati gli eccidi sventati per un pelo? Gli interisti che gettano un motorino giù per le gradinate del Meazza a Milano; laziali e romanisti che s’inventano la storia terribile d’un bambino ucciso da una camionetta per bloccare un derby, dimostrare il proprio potere e scatenare allegre devastazioni fuori dello stadio?

E quanti i feriti, non morti per un pelo, nella storia del nostro tifo?

Catania però è diversa. Perché i protagonisti non sono pochi, ma tanti esaltati. Perché è morto il poliziotto. E chissà allora che sia davvero l’ultimo. Anche l’Inghilterra, oggi ad esempio per le norme severe che hanno riportato la pace, la festa, le famiglie allo stadio, si mise in moto dopo un’immane carneficina. Ma gli inglesi operarono, svelti ed efficienti. Noi invece rischiamo di annaspare ancora una volta nel solito pantano di chiacchiere, indignazione e interessi incrociati. In queste ore non si sa a chi dare meno retta. Ai duri della repressione che vorrebbero derattizzare gli stadi, senza dimenticare però i dintorni e gli altri infiniti luoghi e pretesti che i violenti, se il desiderio è quello di metter le mani addosso «agli sbirri», certo troveranno da qualche altra parte. Ai fossili sociologisti, quelli per i quali la violenza è effetto di una serie di concause remote da rimuovere tutte e nello stesso tempo; e i violenti vanno compresi, non repressi; e la violenza prevenuta, già; e intanto chissà, potremmo darci al curling. Al partito dell’anticalcio, i pochi refrattari al virus pallonaro che non vedrebbero l’ora di liberarsi di questi accaparratori di domeniche, di canali televisivi, di radio locali, di pagine di giornale: sbaraccare tutto e dedicarsi alla letteratura russa. Ai gelidi mandarini del business, quelli che han capito il rischio vero: che il calcio non renda più denaro, trascinando chi gli sta succhiando facile denaro alla rovina. Il calcio è infatti – ci dicono i ben informati – la quarta industria nazionale. Fermarla un turno va bene, ma poi ripartiamo.

Uno si ferma per farsi venire delle idee. Calma e gesso, sussurra il giocatore di biliardo. Mentre scriviamo, purtroppo, di idee ne fioccano poche e balzane.La più grottesca è quella di limitare l’ingresso agli stadi a 9.999 spettatori, come alle offerte speciali. E chi ha 24 mila abbonati come la Fiorentina?

La seconda è giocare a porte chiuse negli stadi non in regola.

La sensazione è che se pure Catania fosse stata in regola, la guerriglia scoppiava ugualmente, ma non è un buon motivo per non mettersi in regola. Ora, chi non è in regola è perché Comune e società non si mettono d’accordo sui lavori, oppure non può: a Firenze, ad esempio, con lo stadio in città, bisognerebbe abbattere qualche casa. Idee, idee… Bisognerebbe che le società fossero proprietarie degli stadi; e responsabili dell’ordine pubblico.

Bisognerebbe rispettare le regole, quelle che già ci sono: ad esempio, chi espone uno striscione razzista, o si esibisce in cori truculenti, va preso e sbattuto in galera, anche se ciò dovesse verificarsi ogni domenica in stadi a norma come Roma. Bisognerebbe che accadesse come è accaduto in Olanda, dove uno spettatore ha gettato una monetina e i vicini l’hanno subito impacchettato e consegnato alla polizia; da noi vige l’omertà e il delinquente tifoso della mia stessa squadra gode dell’immunità.

L’elenco dei desideri supera forse le capacità del genio della lampada. Eppure si può farcela, basta cominciare. Come? Rispettando tutte le regole.

Se una società si iscrive con una fideiussione falsa, se trucca un passaporto, se fa regali spropositati agli arbitri, se lusinga calciatori sotto contratto in tempi non consentiti… se una qualsiasi norma viene violata, occorre essere certi che si pagherà, poveri e ricchi allo stesso modo.

E se la regola è che non si entra allo stadio armati, chi ci prova deve essere certo di essere beccato.Il calcio potrebbe essere una bellissima festa. Per la grande maggioranza degli italiani lo è.

Da qualche tempo troppa gente, in giacca e cravatta o col passamontagna, sta facendo di tutto per rovinarcela. Chi può, ce la restituisca.

Subito, senza che ci sia bisogno di altri morti.L’Italia è, in generale, il Paese privo delle regole che sarebbero necessarie, che però ha troppe regole, e in cui le regole fondamentali non vengono rispettate.

Cominciare dal pallone? Proviamoci.

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