Cultura & Società

Calcio, Nazionale nella bufera per pubblicità gioco d’azzardo sulle maglie

«E’ una sponsorizzazione che con la foglia di fico dell’espressione gioco responsabile vale a promuovere pubblicitariamente il marchio di un concessionario dell’azzardo di Stato, accostando comunque il mondo delle scommesse e delle slot machine-Vlt al gioco agonistico per eccellenza, il calcio, così seguito dagli italiani», così in un comunicato la Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II e il Cartello «Insieme contro l’azzardo». Le associazioni «denunciano che l’accordo tra la Federazione italiana calcio e la Intralot del gruppo Gamenet (concessionario di Stato per scommesse, slot, vlt) si pone quale espediente per eludere i dispositivi del decreto recente che ha vietato la pubblicità a tutte e forme di scommesse e altro sulle reti radiotelevisive».

Per la Consulta nazionale antiusura, «il concetto di azzardo affiancato a quello del gioco del calcio è molto pericoloso per la confusione che si genera tra gioco e azzardo. Non tutti giovani e non tutte le persone hanno la capacita di discernere il gioco che socializza e l’azzardo che induce alla compulsività, all’accanimento, all’isolamento e alla sete di guadagno facile in alternativa alla mancanza di lavoro». Per questo, conclude la nota, «lo Stato è chiamato a promuovere il gioco veramente responsabile e consapevole. È certo che l’azzardo produce ludopatia sempre più diffusa a causa della pubblicità ingannevole che produce tragedie personali e dissesti finanziari».

«L’ennesima prepotenza istituzionale dal rischio sociale altissimo». È perentorio Massimiliano Padula, presidente dell’Aiart – Associazione che tutela e educa gli utenti dei media – riguardo la partnership di sponsorizzazione tra la Federazione italiana giuoco calcio e la società di scommesse Intralot. «Questo accordo – spiega – mescola pericolosamente due idee incompatibili di gioco: una sana e autentica come lo sport e una sconsigliabile e potenzialmente nociva come l’azzardo. I dati sulla ludopatia, le derive sociali e culturali legati al betting, sono campanelli d’allarme che non vanno sottovalutati. Per questo motivo – aggiunge – è inopportuno che quello che dovrebbe essere un riferimento valoriale autentico come il mondo di calcio leghi il suo nome, le sue azioni e la sua identità, ad aziende che hanno come unico interesso quello del consumo di denaro da parte dei cittadini». L’Aiart, conclude il presidente, «chiede alla Federazione un passo indietro e, nello stesso tempo, continua la sua opera educativa e formativa relativa alla presa di coscienza sui rischi e le conseguenze che pratiche discutibili (anche mediali come il gioco online) possono causare».

«Sarà ancora più difficile entrare nelle classi, guardare in faccia gli studenti, migliaia ogni anno, e parlare loro di come l’azzardo riduca le famiglie in povertà. Sarà ancora più difficile parlare di valori come impegno, dedizione, lavoro, studio e onestà, in contrasto con la società del ‘tutto e subito’, delle scorciatoie, del ‘tutto mi è dovuto’», questo il commento in una nota di monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma. «Il mondo dello sport – continua il sacerdote -, ce lo ha ricordato proprio ieri papa Francesco incontrando gli sportivi a San Pietro, è un’agenzia educativa di primaria importanza. E i campioni, gli atleti professionisti, sono modelli a cui i giovani guardano. Da tempo, soprattutto nel mondo del calcio, lo stile di vita che viene proposto è diseducativo e, qualche volta, criminale». «La Nazionale ha sempre rappresentato un punto fermo, un’isola che ha saputo unire il paese anche nelle avversità, campioni che vestendo l’azzurro erano capaci di portare gioia e rendere orgogliosi tutti gli italiani – conclude -. L’accordo siglato dalla Federcalcio rappresenta una macchia che certamente non fermerà il nostro lavoro, ma che rende indegni coloro che lo hanno sottoscritto e inguardabile questa squadra».

«L’ultimo azzardo – mai termine è stato più azzeccato – del signor Tavecchio e dei suoi collaboratori lascia letteralmente senza fiato». Lo scrive il direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio nell’editoriale odierno. «Non sappiamo, e non vogliamo neanche immaginare – prosegue Tarquinio -, con quanti e quali lacci e lacciuoli sia stata stretta l’intesa tra la Federcalcio e Intralot, lo sponsor ‘vietato ai minori’, ma vogliamo credere che possa essere sciolta. Anzi, sappiamo che deve essere sciolta. Con tutta la possibile rapidità». Intralot, uno dei maggiori concessionari di slot e di scommesse, legherà il proprio marchio ai colori delle nazionali entrando in campo con tutte le maglie azzurre disponibili: dall’Under 15 alla Nazionale maggiore. Coinvolgerà così campioni e giovanissimi calciatori «che non possono e non devono neanche accostarsi al sito di Intralot e non possono comunque entrarci» ma che si ritroveranno «anche a fare spot per il grande affare che svuota le tasche di tanti (soprattutto tra i più poveri), alimenta la piaga dell’usura, diffonde malessere sociale e distrugge salute e ricchezza di persone, famiglie e imprese». Un’intesa, quella tra Federcalcio e Intralot, afferma Tarquinio, che «deve essere sciolta». «Vogliamo credere che ci sarà una protesta che lo imporrà, e una buona informazione che renda palese e insostenibile lo sfregio allo sport e agli sportivi rappresentato dalla insensata scommessa dell’abbinamento Nazionali di calcio-Intralot. Vogliamo credere che l’intesa verrà denunciata e smontata» e che «il rinsavimento e la riparazione del marchiano errore avverrà per un soprassalto di responsabilità e – se proprio nessun altro vorrà fare ciò che deve e che è giusto – per un solenne ‘cartellino rosso’ alzato dall’arbitro, se ancora c’è un arbitro in questo Paese». Per il direttore di «Avvenire», serve con urgenza «l’ingresso in campo di un arbitro politico, che si dimostri in grado di impedire che i padroni di un ‘gioco che gioco non è’», almeno sulla carta, rigorosamente «vietato ai minori», mettano «definitivamente e solennemente le mani sul calcio azzurro». «Non ci si può proprio rassegnare a questo azzurro vergogna. E non può durare».