Vita Chiesa
Burundi: la voce della pace arriva attraverso la radio
di Riccardo Bigi
Si chiama «Ijwi Ry’amahoro», che significa «voce della pace»: è la radio cattolica del Burundi, nata nel 2006 come strumento di evangelizzazione e di riconciliazione in un Paese che ha alle spalle 15 anni di guerra civile. Dal gennaio scorso il direttore della radio è don Charles Karorero, un giovane sacerdote rientrato in Burundi alla fine del 2007, dopo 11 anni trascorsi a Firenze nelle parrocchie di San Pio X al Sodo, San Salvi e Peretola.
Tornato in Italia per partecipare, nei giorni scorsi, al convegno mondiale delle radio cattoliche a Roma, ne ha approfittato per passare a salutare amici ed ex parrocchiani prima di ripartire per l’Africa. Nel suo giro ha incluso anche la redazione di Toscanaoggi e gli studi di Radio Toscana. «L’esperienza fiorentina è stata molto importante – spiega – sono stati anni di studio, di formazione, di scambio, mi sono serviti anche per allargare lo sguardo, adesso vedo tante cose del mio Paese con occhi diversi». Al rientro in Burundi pensava di essere destinato alla commissione diocesana giustizia e pace, invece all’improvviso la nuova destinazione: «Mi hanno detto che era morto il direttore della radio, e che avevano pensato a me. È stata una sorpresa, non conoscevo niente di radio, ma ho capito presto il valore di questo strumento e oggi sono molto felice di questo incarico».
Anche se trasmette solo da un paio d’anni, radio «Voce della pace» ha già molti ascoltatori: è l’unica radio cattolica del Paese insieme a Radio Maria. In tutto il Burundi conta 14 radio private, oltre alla radio pubblica, su una popolazione di circa 9 milioni di abitanti. Il Burundi è un paese cristiano: il 64% della popolazione è cattolico (ma con zone dove i cattolici sono più del 90%) poi ci sono ortodossi e protestanti, con una minoranza musulmana piccola ma molto attiva e vivace. A completare il quadro va citata anche la proliferazione di sette cristiane che da alcuni anni arrivano, con grande dispiego di mezzi economici, soprattutto dagli Stati Uniti e si diffondono con grande velocità.
La religione, dice don Charles, può essere un elemento fondamentale per la riconciliazione e per la costruzione di un futuro di pace. E uno strumento di comunicazione di massa come la radio può permettere di portare i valori cristiani tra la gente, entrando in tutte le case. «La guerra – racconta – è iniziata nel 1993: all’origine, come in Rwanda, c’era lo scontro etnico tra Hutu e Tutsi, oggi però le motivazioni sono più complesse: c’è bisogno di fare chiarezza, di aiutare la gente a capire, a superare le divisioni. Adesso, da maggio, almeno non si spara più e si cerca di arrivare a un accordo tra governo e Fronte di Liberazione Nazionale: speriamo che sia la volta buona. Ma ci sono ancora moltissime armi in giro tra la popolazione, e il rischio di nuovi scontri è sempre alto». Il primo obiettivo quindi è la sicurezza: poi però ci sarà da pensare al ritorno degli sfollati nelle loro case, e alla riorganizzazione dal punto di vista sociale, economico, politico.
In quest’ottica, uno strumento come la radio diventa utilissimo per diffondere un messaggio di riconciliazione, per favorire il dialogo, per promuovere una soluzione diplomatica ai conflitti piuttosto che l’uso delle armi. Radio «Voce della pace» trasmette in diretta 9 ore al giorno: l’apertura è alle 6 con la preghiera del mattino e una «lectio divina» (lettura del Vangelo e commento) sia in francese che in kirundi, la lingua locale. Dalle 7 alle 8, trasmissioni dedicate ai temi della pace e alla diffusione di valori umani e cristiani. La seconda fascia di trasmissioni va dalle 11 alle 15, con i notiziari in francese e in kirundi e altre trasmissioni di cronaca, informazione, attualità. Dalle 18 alle 21, infine, ancora notiziari e poi trasmissioni affidate ai movimenti ecclesiali e agli organismi diocesani. Il sabato e la domenica, invece, le trasmissioni vanno dalle 6 alle 15: la domenica viene trasmessa anche la Messa in diretta. A intervallare le trasmissioni, anche musica cristiana e musica tradizionale. Gli studi sono a Bujumbura, la capitale, una città di 300 mila abitanti sulle rive del lago Tanganica: la radio per ora raggiunge solo alcune zone del Burundi ma le frequenze (il cui affitto costa alla Chiesa burundese 4.250 dollari l’anno) consentirebbero di coprire l’intero Paese. Un obiettivo che dovrebbe essere raggiunto a breve, con l’ausilio del satellite. «Già adesso comunque – sottolinea don Charles – abbiamo ottimi riscontri: la radio è ascoltata e apprezzata, molti la ascoltano senza neppure sapere che è la radio dei Vescovi. Ha una identità cattolica piuttosto forte ma fa anche molta informazione, intervistiamo politici di ogni schieramento, cerchiamo di ascoltare tutte le voci». Nello staff, insieme a don Charles c’è un altro sacerdote e poi molti laici: i dipendenti stipendiati sono 10, con i volontari e gli stagisti si arriva a 28 persone tra tecnici, speaker, giornalisti. Una bella realtà, radio «Voce della Pace»: sperando che il nome si riveli profetico, e la pace diventi per il Burundi una realtà stabile e duratura. Chi volesse contattare don Charles, per saperne di più o magari per andare a visitare dal vivo la radio, può farlo al suo indirizzo di posta elettronica: ckarorero@hotmail.com