Vita Chiesa

Burgalassi, il prete sociologo uomo di fede e di scienza

di Mario Aldo ToscanoDirettore del Dipartimento di Scienze Socialidell’Università di PisaCon la scomparsa di monsignor Silvano Burgalassi (1921-2004), continuiamo a dire addio ad una stagione particolarmente intensa delle scienze sociali e della ricerca sociale in Italia.

Gli studiosi che hanno promosso e sostenuto lo sviluppo di questo importante settore della vita intellettuale e accademica nel nostro Paese avevano certamente qualcosa di speciale: in fatto di esperienza, di determinazione e di sofferenza. Avevano maturato queste dotazioni nel periodo precedente, del fascismo, della guerra e della ricostruzione.

Gli anni ’50 e ’60 furono gli anni in cui il laboratorio Italia espresse il massimo di effervescenza e di attivismo. Fu in primo luogo merito della storia, ma nella storia c’è normalmente anche l’insieme di forze umane che il buon Herbert Spencer metteva nel motore stesso dell’evoluzione. Fu un’epoca di evoluzione e di rivoluzione, un’epoca di grande mutamento, in cui il volto dell’Italia cambiava rapidamente e, se pure in un contesto di contraddizioni che non si sono dissolte neanche oggi, il paese si avviava ad essere quello che tutti noi conosciamo, un paese industriale e poi «post-industriale». Fu anche un’epoca di grandi riforme, di struttura, di mentalità, di costume; l’identità e la prospettiva, la visione del mondo si potrebbe dire, erano profondamente modificate e «modernizzate». Si possono avere idee eterogenee e percezioni distinte del processo, ma appunto la modernizzazione avanzò prepotentemente assestando molti colpi alla tradizione di un paese eminentemente agricolo e dopotutto «povero» quale era ancora l’Italia del dopoguerra, e avviando un nuovo destino collettivo.Nell’ampia fenomenologia del mutamento, dobbiamo mettere anche l’esigenza autoriflessiva di una comprensione migliore di ciò che stava accadendo. Di questa consapevolezza furono esponenti, e talora protagonisti, gli scienziati sociali, che avevano davanti a sé un duplice compito: quello di analizzare il mutamento ma anche di attrezzarsi internamente, come disciplina valida ed efficace del sapere, potenziando l’apparato metodologico. Fa un’impresa originale e senza dubbio utile: che coniugava in una sorta di virtuoso rapporto biunivoco l’elemento oggettivo, capace di un suo reale richiamo e l’elemento soggettivo, quello della elaborazione, storicamente riferita, di un apparato conoscitivo capace di indagarlo nei suoi presupposti e nelle sue conseguenze. Le scienze sociali e la ricerca sociale parteciparono al grande movimento di secolarizzazione e di razionalizzazione. Offrirono argomenti a coloro che avevano l’obbligo di provvedere alle scelte, e collaborarono alla ricomposizione dell’immagine-paese. Fu un’opera che altre nazioni avevano già affrontato, e pertanto potevano offrire riferimenti e suggestioni. Molti furono quelli che «importarono» modelli, talora criticamente talora meno criticamente: Burgalassi seguì la via italiana alle scienze sociali. In ciò egli era sostenuto da una condizione extra-scientifica, quella di sacerdote, ossia di persona devota alla comprensione e all’amministrazione della comunità «locale»; e dalla curiosità per le cose del nostro passato. Non fu mai abbandonato da queste inclinazioni: che provvide ad ampliare, a riempire di contenuti nuovi, a mobilitare a seconda degli interessi crescenti della sua vocazione-professione. Mantenne in effetti una particolare e costruttiva ambivalenza tra la sua vocazione e la sua professione, ambedue intese in senso «tecnico». Si occupò a lungo della questione della religiosità degli italiani, che veniva attraversando una serie di modificazioni e di revisioni sia istituzionali che individuali e fu tra i fondatori, se non il fondatore, della sociologia religiosa: si rinvia, per questo ambito, a Il comportamento religioso degli italiani, Firenze, 1968; Preti in crisi?, Fossano, 1970; Il fattore religione nella società contemporanea, Milano, 1983. La questione religiosa, assunta non solo in termini «dogmatici» ma essenzialmente «pragmatici», ossia sociologici, doveva dirigerlo in seguito allo studio della condizione anziana e dei valori giovanili: i suoi contributi empirici e teorici (L’età inutile, Pisa, 1975; L’anziano: come, perché, Pisa, 1985; Giovani ed anziani a confronto nella società industriale, Pordenone, 1989; I giovani nella società veneta secolarizzata, Milano, 1991) hanno costituito in molti casi la base per ulteriori studi sui quali si sono poi «formati» valenti ricercatori.

Sulla base dei risultati delle sue indagini, metteva a fuoco la sua visione del mutamento in Italia, di cui erano testimonianza i volumi Una svolta antropologica, (Pisa, 1979), Uno spiraglio sul futuro (Pisa, 1980), Passato e futuro (Pisa, 1992). Identificò Pisa come oggetto di studio e di affezione: l’interesse storiografico lo portò sia alla ricostruzione della storia della sociologia a Pisa (Alle origini della sociologia: G. Toniolo e la scuola pisana 1878-1918, Pisa, 1984) sia ad una serie di studi su vicende importanti della storia di Pisa e del suo ambiente sociale; sia ad un collezionismo di cose pisane che potrebbe fare invidia ad un museo. In questo senso ha contribuito notevolmente a restituire una dimensione meno provinciale ad una città che, dalla Meloria in poi, non ha ancora colmato i dissidi con la sua storia.

Parlarne al passato è semplicemente impossibile: perché la sua eredità intellettuale è tuttora viva, viva tra i suoi colleghi; viva tra quanti lo hanno avuto come docente nell’Università di Pisa, dove fece ingresso nel 1981, e nelle altre Università (Roma, Milano) dove esercitò la sua sapienza e competenza.

Fu uomo di fede: e ottenne riconoscimenti nella Chiesa di cui fece parte con immutato fervore; fu nel contempo uomo di scienza: dove ottenne forme continue di apprezzamento, e lusinghiere onorificenze (Ordine del Cherubino, Università di Pisa). Mise Dio e gli uomini al centro del suo lavoro umano, e ne poté trarre, ispirato da questa connessione ineludibile, profondi motivi di riflessione e di passione.La schedaIn uscita la sua ultima ricerca dedicata al patrono San RanieriMonsignor Silvano Burgalassi, scomparso il mese scorso, avrebbe compiuto 83 anni il prossimo 2 agosto. Studioso assai noto dell’ evoluzione del fenomeno religioso in Italia e dei problemi sociologici del Paese, era anche un appassionato cultore della storia di Pisa e del suo vernacolo. Nato il 2 agosto 1921 a Bibbona, era stato ordinato sacerdote nel 1946; ha insegnato a lungo sociologia alla Pontificia Università Lateranense e alla Cattolica di Milano. Nel 1981 è stato nominato ordinario della stessa materia nell’università di Pisa dove ha insegnato fino al 1996. È stato socio di numerose accademie ed istituzioni culturali ed è autore di numerosi saggi e trattati sulle sue materie. Proprio nei prossimi giorni uscirà il suo ultimo libro dedicato a San Ranieri, patrono di Pisa. Il testamento spirituale:«Sulla culturaho investito la mia vita»Nella pienezza delle mie condizioni e dopo molte incertezze dovute all’ambiguo significato ed uso che si fa del «testamento spirituale» ho deciso stamani di compilarlo. Testamento significa «Messaggio» cioè memoria delle cose care che mi hanno appassionato e che intendo trasmettere agli altri perché – appunto – ne facciano memoria ricordandole e ricordandomi.

In primis, ma questo è cosa quanto mai personale, intendo ringraziare Dio per le infinite grazie che mi ha fatto ed a cui non sempre ho corrisposto adeguatamente (essere nato, esser cristiano, esser sacerdote); di poi, intendo ringraziare la Chiesa Cattolica (la mia Chiesa) a cui debbo tutto: cultura, umanità, saggezza, grazia; e che ho inteso servire al meglio delle mie possibilità.

Il mio testamento, cioè il messaggio che intendo sottolineare e trasmettere è legato a ciò che ho amato di più e che ha caratterizzato maggiormente la mia vita: le attività culturali. Penso di dovere alla cultura una parte importante del come ho utilizzato e salvaguardato anche la mia vocazione sacerdotale. In effetti, ho investito tutto il mio tempo e tutti i miei averi su ciò che – oltre la fede – mai mi ha deluso: la Cultura. Per questo mi sono circondato di libri, stampe, cose belle, cioè di ciò che mi è più caro e che lascio agli altri. Pagati i debiti, una parte dei denari eventualmente rimasti sarà dato ai poveri o per SS. Messe […] Ho amato, quasi sopra ogni cosa, la mia Chiesa e la mia città (Pisa) ed a loro ho dedicato il meglio di me con la certezza (fatta di augurio e di preghiera) che esse potranno costituire sempre quei fari che illuminano le menti ed i cuori degli uomini di ogni tempo.

Chiedo a tutti una preghiera mentre – ripensando alle molte infedeltà della mia vita – recito umilmente un salmo: «Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam». Un abbraccio ed un saluto a tutti, ed un arrivederci in quella Patria che non delude mai le aspettative di nessuno.Testamento spiritualedi mons. Silvano Burgalassi10 luglio 1995