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Brexit: nuova sconfitta per premier May nel giorno scelto dal governo per il recesso dall’Ue

Sconfitta per la terza volta la premier esprime «Profondo rammarico». Bruxelles prepara l’uscita senza accordo.

(Londra) Theresa May ha perso ancora, una terza volta, anche se in modo meno deciso rispetto a gennaio e a inizio marzo. A bocciare il trattato negoziato dalla premier con Bruxelles sono stati 344 deputati, una maggioranza di 58. Westminster votava sul cosiddetto «conto del divorzio» – i 39 miliardi di sterline da pagare alla Ue –, la tutela dei diritti dei cittadini europei in Gran Bretagna e di quelli dei britannici negli altri ventisette Paesi e il backstop, lo schema che protegge il nord Irlanda come parte dell’Unione europea. Lasciata da parte la dichiarazione politica, molto più controversa, che guarda al futuro del rapporto tra Regno Unito e Ue dopo il dicembre 2020.

A favore della May hanno votato, questa volta, diversi «Brexiteers», spaventati dalla prospettiva che Brexit possa essere cancellato del tutto. Questa sconfitta comporterà, probabilmente, la partecipazione del Regno Unito alle elezioni europee di maggio e un ulteriore ritardo del recesso dalla Ue. Il primo ministro ha scelto, astutamente, la data del 29 marzo, quando Brexit sarebbe dovuto diventare realtà, ma il trucco non è riuscito. La parola, adesso, passa al parlamento che potrebbe votare, già lunedì prossimo, per un Brexit annacquato che manterrebbe il Regno Unito dentro l’unione doganale. Per attuarlo, però, ci vuole, prima, il sì dei deputati all’accordo respinto oggi che, secondo alcuni commentatori, la premier potrebbe riproporre ancora la prossima settimana.

«Profondo rammarico». Theresa May aveva usato questa stessa frase per commentare le sue altre due sconfitte alla Camera dei Comuni. La stessa espressione è stata inserita dall’Unione europea nel comunicato con il quale commenta oggi la terza bocciatura, da parte di Westminster, dell’accordo che regola il recesso del Regno Unito dalla Ue fino al dicembre 2020. Il tono della premier questo pomeriggio era particolarmente dimesso. Forse perché il primo ministro sa di avere – politicamente – le ore contate.

«Peccato che i deputati non abbiano votato per lasciare l’Unione europea in modo ordinato», ha detto Theresa May. «Le conseguenze sono gravi. Significa che la Gran Bretagna se ne deve andare, il 12 aprile prossimo, e non vi è tempo sufficiente per cercare un accordo alternativo».

Anche l’Unione europea fa ventilare, nel comunicato pubblicato subito dopo la bocciatura di Westminster, la possibilità di un «no deal», una frattura senza accordo, il 12 aprile. «L’Unione europea si sta preparando a questa eventualità dal dicembre 2017», si legge nel comunicato. «L’Unione rimane unita. I vantaggi dell’accordo bocciato oggi, compreso un periodo di transizione, non saranno replicati nel caso di una frattura netta». Fuori dal parlamento di Londra l’atmosfera in queste ore è elettrica. Decine di bandiere di «leavers», chi vuole lasciare l’Unione, e di «remainers», chi vuole rimanere, accanto a slogan molto critici verso i politici. «La democrazia è stata distrutta», dice un poster.