Toscana
Bindi: «Sapremo ascoltare le richieste delle famiglie»
Dal «Family Day» alla Conferenza nazionale sulla famiglia. L’appuntamento fiorentino dal 24 al 26 maggio, sarà il primo test per verificare quanto volontà c’è nell’attuale maggioranza di governo di ascoltare le richieste giunte sabato scorso da quel milione e oltre di persone che si è ritrovato in piazza San Giovanni, a Roma. Rosy Bindi, che da ministro della famiglia ha fortemente voluto la Conferenza di Firenze, non si mostra «sorpresa» per una così forte partecipazione al «Family Day», perché come ci spiega conosce bene «il clima di partecipazione e di entusiasmo, in cui si mescolano la dimensione sociale e quella spirituale, proprio dell’associazionismo cattolico presente in piazza».
Cosa cambia ministro, dopo il «Family Day»? La politica saprà dare risposte a quella piazza?
«La famiglia è un bene troppo prezioso per farne la bandiera ideologica di una parte. La politica ha il compito di ascoltare e senza tentare strumentalizzazioni, trovare le risposte più efficaci ma anche le più condivise. Ed è quello che abbiamo iniziato a fare con la Finanziaria del 2007. Vorrei che non si dimenticasse che questo è il governo dei tre miliardi di euro per gli assegni familiari alle famiglie con figli, del potenziamento degli asili nido, della tutela della maternità per le lavoratrici precarie, del fondo per i disabili e gli anziani non autosufficienti».
Pensa che l’ottima riuscita del «Family Day» avrà un peso sulla Conferenza?
«In questi mesi ho avuto modo di incontrare più volte il Forum delle famiglie, che è stato coinvolto nella preparazione della Conferenza e sono certa che dal presidente Giacobbe e da tanti altri verranno contributi importanti. Le istanze avanzate dal Family Day sono già presenti nelle dieci sessioni in cui articoleranno i nostri lavori. Sarà un grande cantiere in cui far dialogare saperi, responsabilità istituzionali e vissuti quotidiani per costruire insieme un progetto forte per tutto il Paese. Dovranno emergere le priorità per il prossimo Dpef e la Finanziaria 2008, ma soprattutto le linee portanti del primo Piano nazionale per la famiglia. Lo slogan che abbiamo scelto Cresce la famiglia, cresce l’Italia esprime bene le ambizioni e gli obiettivi che vogliamo perseguire in questa legislatura per colmare i gravi ritardi accumulati in tutti questi anni».
Ma i «Dico» sono ancora nell’agenda del Governo?
«La nostra proposta non riconosce un altro tipo di vincolo e non regola le unioni di fatto, non fonda un nuovo status e non propone ai giovani un nuovo modello di vita. Si limita a individuare la titolarità di alcuni diritti e doveri dei conviventi attraverso la certificazione anagrafica di una situazione di fatto, per questo non può essere confusa né con un Pacs né con un simil matrimonio. Ci siamo limitati a dare fondamento legislativo ad una parte dei tanti diritti che da tempo la giurisprudenza consolidata riconosce ai conviventi. Siamo intervenuti su diritti personalissimi, proprio per evitare ogni tipo di assimilazione alla famiglia fondata sul matrimonio».
Molti dicono però che sarebbe meglio affrontare il problema con altri strumenti, magari con modifiche al codice civile…
«Il governo è sempre aperto al confronto e poiché nessuno in Piazza San Giovanni ha negato la necessità di tutelare i diritti delle persone, credo possibile ritrovare la serenità di un confronto di merito. Le distanze non sono incolmabili se nessuno assolutizza i propri strumenti e se il dialogo si fonda sulla reciproca fiducia nell’autenticità delle intenzioni. In ogni caso c’è da chiedersi se la modifica del codice civile rappresenti davvero una misura meno lieve di quella che ha proposto il governo».
Ha suscitato polemiche la sua decisione di non invitare le associazioni omosessuali alla Conferenza di Firenze: secondo lei sono la conferma che permangono posizioni inconciliabili attorno al tema della famiglia?
«La famiglia, giuridicamente, è quella dell’art. 29 della Costituzione e agli omosessuali non abbiamo riconosciuto né il matrimonio né i diritti di filiazione. A Firenze abbiamo organizzato una Conferenza nazionale sulla famiglia non un convegno sulla condizione omosessuale in Italia. Ma chi può negare la pluralità di forme di famiglia? Le madri sole, ad esempio, sono famiglia, così come i padri separati; e anche le persone omosessuali vivono rapporti familiari, come figli, fratelli o sorelle, zii o nipoti. Nessuno pensa di discriminare queste persone, tuttavia le loro scelte di coppia non possono essere assimilate alla famiglia».
E cosa si dovrebbe fare allora per la famiglia?
«Una politica seria per la famiglia richiede interventi sul fisco e il lavoro; la casa e la salute; la scuola e i trasporti. Non tutto è nelle mani del governo. C’è bisogno di investire di più, di politiche sociali più robuste, ma anche di favorire un cambiamento di mentalità nei sindacati, nelle categorie produttive, nelle amministrazioni pubbliche, capace di imprimere al nostro modello di crescita economica e civile un passo più attento alle esigenze delle famiglie».
I figli devono restare un fatto privato o sono da considerare, anche attraverso politiche di concreto sostegno, una ricchezza per tutta la società?
«Sono un bene inestimabile per un Paese che vuole guardare con fiducia al futuro. Tutte le indagini confermano un desiderio frustrato di maternità delle donne italiane, dobbiamo mettere le coppie nelle condizioni di avere il numero di figli che desiderano, eliminando gli ostacoli che ritardano la nascita del primo figlio o che scoraggiano troppe donne ad avere il secondo o terzo bambino. La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, la flessibilità degli orari, i congedi di maternità e paternità sono strumenti sui quali stiamo lavorando per rendere meno lacerante il dilemma di una scelta secca tra la famiglia e il lavoro. Ma quando sono nati i figli costano e le istituzioni devono fare la propria parte con una moderna rete di servizi e il trasferimento di risorse alle famiglie».
Si può pensare ad una serie di aiuti sullo stile di quanto realizzato di recente in Germania? Ci sono le risorse economiche necessarie?
«Solo di recente la Germania ha iniziato a fare politiche familiari e sta investendo molte risorse. La nostra impostazione è molto simile, ma dobbiamo aumentare le risorse. Gli obiettivi, sono sostanzialmente gli stessi: fare in modo che le madri o i padri che scelgono di dedicare più tempo ai figli possano farlo senza dover rinunciare a gran parte del proprio stipendio; garantire fin dalla nascita, e almeno fino alla maggior età, una dote per ogni bambino, in modo da aiutare i genitori a sostenere con più serenità le spese della crescita e dell’educazione dei figli. Un passo importante in questa direzione lo abbiamo già fatto adeguando dal gennaio di quest’anno l’importo degli assegni famigliari. Intendiamo rafforzare questa strategia grazie alle risorse dell’extragettito, allargando in modo stabile la platea delle famiglie, con particolare attenzione ai nuclei più fragili e numerosi e costruendo una rete efficace di ammortizzatori sociali per i lavoratori flessibili».
S.M.
Per informazioni, www.conferenzanazionalesullafamiglia.it