Firenze

Betori, “Te Deum” di fine anno: pandemia frutto di squilibrio tra uomo e creato. C’è bisogno di rinascita

Parlando della pandemia, Betori ha affermato che “le radici vanno cercate nello squilibrio che si è introdotto nel rapporto dell’uomo con il creato. Sento di condividere gli avvertimenti che ci vengono da chi osserva come sia il nostro modo di abitare il pianeta a introdurre fratture negli ecosistemi tali da generare quei passaggi degli agenti patogeni dagli animali all’uomo che sono all’origine delle ultime epidemie da virus”. Per questo, ha proseguito, “Diventa sempre più urgente promuovere il rispetto verso il mondo che ci circonda, lasciando da parte gli atteggiamenti predatori che ancora caratterizzano comportamenti individuali e modelli di sviluppo, favorendo invece comportamenti responsabili, come quelli indicati da Papa Francesco nell’ecologia integrale proposta nell’enciclica Laudato si’. Una rinnovata attenzione al creato come casa comune dovrà essere componente fondamentale di un progetto di rinnovata economia sociale”.

La strada, secondo Betori, è quella “indicata e aperta da Gesù, in cui decisivo è il dono di sé fino alla consegna della propria vita sulla croce”.Anche questo,ha proseguito, “è stata esperienza di questo travagliato anno. Il male viene sconfitto dalla dedizione di sé, dal sacrificio fatto per i fratelli, dalle rinunce accolte per acquisire più vera libertà. Lo abbiamo visto nel volto e nelle mani degli uomini e delle donne della sanità, nelle lacrime di chi ha perso i suoi cari ma ha moltiplicato la propria responsabilità verso chi restava, nello sforzo degli scienziati a cercare strumenti nuovi di prevenzione e di cura, nell’impegno di tutti a rinunciare per condividere, sapendo che la salvezza veniva soltanto dalla condivisione dei sacrifici. Questo sentimento di responsabilità verso gli altri deve guidarci in questi giorni e nei giorni a venire, perché ciascuno di noi ha un contributo da offrire alla rinascita”.

Abbiamo bisogno, quindi, di una nuova nascita: “ciascuno di noi ha un contributo da offrire alla rinascita”. “Non mi sembra –ha proseguito – che ci siano poi chissà quali ricchezze nel mondo malato che dobbiamo abbandonare alle nostre spalle. Una rinascita, così come rinacquero le nostre città dalle grandi epidemie del passato, che ne segnarono profondamente il volto ma anche fecero scaturire energie nuove che fecero la grandezza della nostra storia. Una rinascita che va pensata come un progetto comune, che tenga insieme con vincoli di fraternità tutti, in specie i più deboli. Perché il mondo che ci attende sarà veramente umano se non escluderà nessuno, non ammetterà scarti e a tutti riconoscerà piena dignità”.

Tra i valori da seguire, quello dell’unità tra gli uomini: “L’armonia, che è principio basilare della nostra cultura fiorentina, e che è aspirazione personale e sociale di tutti, si ha non nell’annullare le diversità, ma nel riferire ogni identità alla sua pienezza, là dove il progetto di Dio ha raggiunto il suo vertice, il volto del Risorto”. “Si aprono così –ha concluso -gli scenari della speranza, perché il disegno di ricomposizione di un mondo armonico non è una promessa per il futuro, ma un fatto che è accaduto nella storia, la risurrezione del Crocifisso. Incarnazione, Croce e Risurrezione sono il dono che la fede cristiana fa al mondo: farlo scoprire destinatario del dono di Dio nonostante il male che lo attraversa, chiamato al dono di sé nella fraternità, mosso dalla speranza che una rinascita è possibile.”

Betori ha concluso citando la poesia di Eliot già citata a Pasqua, sulla nascita di un nuovo cantiere: “Le voci degli operai del coro di Eliot – ha affermato l’arcivescovo – siano le nostre voci nei giorni a venire”