Firenze

Betori sull’immigrazione: “Non possiamo accettare che migliaia di persone vengano lasciate per strada”

“Come discepoli di Gesù non possiamo accettare passivamente che migliaia di persone, comprese famiglie e donne con bambini, che sono state accolte e inserite in un percorso di integrazione, ora vengano abbandonate e lasciate per strada senza nessuna prospettiva di futuro. Non dovremo lasciare nessuno senza un tetto e senza un pasto, senza un sostegno e una prospettiva di futuro”. Sono le parole pronunciate dal cardinale Giuseppe Betori durante la Messa nella festa dell’Immacolata, sabato 8 dicembre in Cattedrale. “Si tratta – ha proseguito l’Arcivescovo – di uno sguardo che dovrebbe illuminare ogni coscienza umana, nella prospettiva della costruzione di una società più giusta, aperta e inclusiva, come peraltro delineata anche dai principi primi della nostra Carta costituzionale”. Il richiamo di Betori traeva origine dalla riflessione sul brano di San Paolo ascoltato durante la celebrazione: Dio ci ha scelti “per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. Da qui, ha affermato, discende “l’imperativo dato ai discepoli di Gesù di farsi prossimi a tutti, senza frontiere di provenienza etnica, culturale e religiosa, in quanto in tutti occorre riconoscere il volto di un fratello e una sorella chiamati a essere figli di Dio. Si tratta di uno sguardo di fede che deve aprirci a scelte che traducano nei fatti questo universalismo del cuore. Lo si chiede di fronte a una vita non nata, lo si dovrà chiedere di fronte a ogni persona umana in condizione di bisogno”.

Nell’omelia, l’Arcivescovo di Firenze ha fatto anche un richiamo critico alla recente delibera della Regione toscana che prevede, tra le altre cose, contraccettivi gratuiti per i giovani. “L’esercizio responsabile della libertà – ha affermato – è il frutto di un processo formativo che percorre l’intera esistenza della persona e che ha un passaggio decisivo nell’età giovanile. La formazione di una coscienza responsabile deve essere una cura primaria delle agenzie educative e dell’intera società. Stando attenti a proporre soluzioni in cui possa esprimersi il naturale desiderio di miglioramento dei giovani e non proposte al ribasso, che non educhino ad affrontare con coraggio le sfide che la vita porrà loro di fronte. Desta pertanto stupore e preoccupazione constatare che questo venga a volte disatteso, come accade quando, di fronte alla drammatica diffusione di malattie infettive legate principalmente a un uso incontrollato della sessualità, si pensa di intervenire non con campagne educative che promuovano comportamenti sessuali coscienziosi, favorendo cioè la stabilità e la fedeltà delle relazioni, bensì affidandosi alla logica della protezione strumentale, resa di facile accesso perché gratuita, che di fatto incentiva la promiscuità e i rapporti a rischio. Problematiche di questo genere vanno affrontate sotto il profilo di una scelta che, per essere davvero libera, deve essere informata e formata. Se, invece, alla fine il messaggio che passa è una soluzione facile, che si affida all’uso di strumenti e all’assenza di costi, ciò che resta in ombra è la persona, con le sue implicazioni affettive, psicologiche ed etiche”.

Prima della Messa, il cardinale ha benedetto il presepe realizzato dall’Opera del Duomo sul sagrato della Cattedrale, con le statue in terracotta a grandezza naturale offerte dalla fornace Mital dell’Impruneta- Dopo la celebrazione, invece, il tradizionale omaggio alla Madonna sotto la Loggia del Bigallo: qui Betori ha chiesto alla Madonna che Firenze possa mantenere salda la sua “vocazione storica di città dell’uomo, della bellezza, della creatività e della carità”, senza ridursi a vetrina turistica.

“Ti preghiamo per la nostra città – ha affermato – perché riscopra una comprensione di sé che le permetta di convogliare le energie e l’impegno di tutti verso un disegno condiviso di convivenza serena e di crescita armonica. Siamo convinti che questo possa accadere attingendo nuovamente alle nostre radici, alle pagine della nostra storia per cui ancor oggi il nome di Firenze raccoglie ovunque ammirazione e stupore. Queste radici stanno nella prodigiosa confluenza che, nei nostri momenti migliori, si è creata tra la ricerca della bellezza, frutto della creazione artistica e dell’operosità artigiana, una cultura legata alla centralità dell’uomo e alla sua apertura a Dio, investigata nello studio dei saperi, un’industriosa attività economica, pronta a interpretare le condizioni dei tempi e i bisogni dei popoli, e infine l’attenzione verso i più deboli, per non dimenticare nessuno. Di questo confluire di solidarietà, progettualità economica e lavoro, cultura e arte abbiamo oggi bisogno, per non ridurci a vetrina turistica, a coltivazione di nostalgie del passato, a imprese con poco respiro, anche perché tarpate nelle loro potenzialità da infrastrutture non adeguate, a una solidarietà che non coglie i bisogni estremi dei poveri e dei popoli. Ritessere questa unità è il compito che ci attende e abbiamo bisogno di orizzonti ampi su cui misurarci, di partecipazione convergente di tutti, di una speranza viva di futuro, di una società ricca di relazioni tra persone, famiglie e gruppi sociali, in un’accoglienza che non pone barriere. Fa’ che nessuno manchi al proprio dovere verso il bene comune”.