Vita Chiesa

Betori: “Solo l’eccedenza del dono è in grado di scardinare i muri e di ricongiungere i confini che separano i lontani”

Ci colpisce anche la sua solitudine. Ordisce il suo disegno contro Gesù e sembra che gli altri discepoli non si avvedano di nulla, al punto che hanno bisogno di chiedere a Gesù per capire qualcosa. Nel suo male, Giuda è solo. L’unico che si accorge di lui e che fino all’ultimo gli dimostra attenzione e amicizia è proprio Gesù, che però lo lascia totalmente nella sua libertà.

Non occorre troppa fantasia per renderci conto che un po’, un po’ o tanto, di Giuda sta nascosto nel cuore di ciascuno di noi.

Dobbiamo avere il coraggio della sincerità e confessare questa inclinazione al male, al tradimento, alla prevalenza dei nostri interessi su quelli del Signore, che tante volte rende buia la nostra vita. Ma anche essere certi che, senza travalicare la nostra libertà, siamo però sempre amati da lui e non usciamo mai dalla sua amicizia.

Dobbiamo anche sinceramente riconoscere che lo stesso prevalere dei nostri interessi ci accade nei confronti degli altri. E noi dovremmo essere capaci di seguire Gesù nel non strumentalizzare gli altri e di non far mancare a nessuno la nostra amicizia.

Sono dinamiche queste che trovano particolare alimento per i contesti sociali, politici ed economici. Dobbiamo essere avvertiti a non lasciarci confondere dalle cosiddette “regole” sociali ed economiche per sacrificare la nostra libertà e la nostra responsabilità. Come pure dobbiamo ricordare che solo l’orizzonte del bene comune è in grado di annullare le spinte concorrenti di interessi personali o di gruppo.

Ma c’è dell’altro nella pagina del Vangelo. C’è soprattutto Gesù che con tanta discrezione svela ai suoi discepoli che sta per lasciarli, perché la sua missione chiede che egli si disponga a dare la sua vita per loro e – come aveva preannunciato il profeta – per tutte le nazioni fino all’estremità della terra.

Gesù ci svela che il compimento, la pienezza di una vita non sta nel tenercela stretta gelosamente, nel nostro egoismo, ma nel donarla, perché dia frutti di bene, di salvezza per tutti.

Che il principio del dono debba entrare nelle visioni politiche ed economiche potrebbe sembrare un paradosso. Ma, a ben pensarci, è il solo modo perché un’etica dello scambio alla pari, il do ut des, non diventi lo strumento con cui si perpetuano le diseguaglianze e si giustificano le ingiustizie. Solo l’eccedenza del dono è in grado di scardinare i muri che separano e di ricongiungere i confini che separano i lontani. Solo da qui può nascere una società davvero più giusta.

È l’augurio pasquale che dobbiamo scambiarci e per il quale sentirci impegnati.

Giuseppe card. Betori