L’arcivescovo ha aperto il suo intervento con uno sguardo «ai tempi che viviamo» iniziando dalla «rovinosa uscita dell’Occidente dall’Afghanistan, al termine di venti anni di presenza, che se, in particolare all’inizio, hanno rappresentato un freno all’espansione del terrorismo, non hanno poi portato a una significativa svolta verso la pacificazione del territorio e il consolidamento di una società rispettosa dei diritti umani». Senza addentrarsi in analisi politiche, Betori ha comunque voluto sottolineare che «non possiamo chiudere gli occhi di fronte al dramma che oggi si profila per tanti uomini, donne e bambini di quel paese, per la loro dignità di persone e per la costruzione di una società pacificata. Come credenti e come Chiesa, sulla scia dell’insegnamento dei Papi, non possiamo non considerare nostro dovere ribadire quanto i diritti umani siano imprescindibili e operare perché ovunque siano rispettati, nonché sentire vicini a noi tutti quei popoli, e non sono pochi, in cui questi diritti, tutti o anche solo in parte – penso in particolare al diritto alla libertà religiosa –, vengono violati, causando sofferenze, persecuzioni e morti».Con la crisi afghana, ha aggiunto, «torna di attualità il problema dei profughi. Credo che sia evidente a tutti che di fronte a crisi umanitarie, là dove è in questione la vita umana, la famiglia, la salute e la formazione della persona non ci si può lasciar confondere da polemiche pretestuose: la carità non può avere confini e non accetta distinguo. E questo non vale solo per i richiedenti asilo, ma per ogni situazione di degrado o di pericolo per la persona umana e la sua dignità. Continuiamo a operare in tal senso, con le nostre Caritas o Misericordie e con tutti i tanti organismi e realtà caritative presenti nel nostro territorio. Siamo tutti fratelli, ci ha ricordato papa Francesco nella sua enciclica, e vanno combattuti tutti i tentativi, espressi e occulti, di diffusione dell’antisemitismo, del razzismo e di ogni ideologia che divide la fraternità umana».diritti e libertàParlando dei diritti e della loro «retta concezione», ha ricordato l’arcivescovo, la questione «viene a toccarci da vicino, dal momento che una visione antropologica individualista, sempre più permeante, sta di fatto sconvolgendo nella nostra società i concetti stessi di persona, di solidarietà e di bene comune. Questo avviene in particolare con un uso strumentale della nozione di libertà e del suo esercizio. Si pensi soltanto a quanto sta avvenendo con il tentativo di introdurre nella nostra legislazione l’eutanasia cancellando il reato di omicidio della persona consenziente. Lasciare spazio a tali propositi significherebbe permettere che si oltrepassino le frontiere di una civiltà che si voglia davvero definire umana».«La cura dell’educazione delle coscienze – ha quindi proseguito – è oggi dovere primario di ogni comunità credente, al fine di sottrarre i credenti, e non solo loro, all’influsso di una mentalità dominante che si avvale sia del potere della comunicazione sociale, in particolare in diversi organi giornalistici e televisivi di maggiore diffusione, come pure del livellamento delle opinioni nel mondo dei social. L’oggettiva condizione minoritaria dei cattolici nel Paese non deve indurre ad accettare una condizione di irrilevanza, a ritirarci dalla scena pubblica ovvero a non essere in grado di agirvi con adeguata capacità argomentativa e con coerente testimonianza di vita».l’emergenza lavoroGuardando al contesto sociale, Betori ha voluto ricordare «le minacce che si addensano e che per noi hanno il volto emblematico degli operai della GKN di Campi Bisenzio e del suo indotto, a cui vanno aggiunti quanti sono coinvolti in altre vertenze in corso e, in particolare, i tanti lavoratori del settore del turismo, della ristorazione e dei servizi, che più di altri hanno risentito della crisi. È questo il momento per accogliere l’invito del Papa a superare l’attuale sistema economico, portatore di inequità, in cui il fattore finanziario prevale su quello produttivo e, da ultimo, sull’umano».Ancora una volta, l’arcivescovo ha voluto richiamare «la mentalità individualistica e materialista che domina la nostra cultura e il cui superamento chiede un investimento educativo decisivo sul piano dei contenuti, che devono riflettere i caratteri propri di un umanesimo pieno e autentico». Ha citato, ha questo proposito, le parole di Giorgio La Pira in un discorso del 1956: «Questo è il problema dell’Occidente… : risolvere i grandi problemi tecnici, economici, sociali, politici, che il nostro tempo ha reso ormai improrogabili, e risolverli senza negare i valori supremi dell’uomo. Risolverli nel quadro e secondo il metro di una civiltà e di una cultura che hanno in Dio – e quindi nei valori religiosi, metafisici di bellezza e di libertà – il loro essenziale fondamento».il magistero del papaParlando ai preti fiorentini, Betori ha richiamato i più recenti documenti di papa Francesco ricordando «quanto sia importante per noi un ascolto fedele del suo quotidiano insegnamento». A partire dall’enciclica «Fratelli tutti» che ha definito «ultimo capitolo della dottrina sociale della Chiesa. Questa è per noi una luce decisiva per discernere le vicende della storia, valutare le implicazioni ideologiche che stanno dietro le scelte politiche e i movimenti sociali, indirizzare l’impegno dei cattolici nella vita pubblica». Un testo che si collega anche ai viaggi del Papa negli Emirati Arabi e in Iraq, e al documento di Abu Dhabi sulla fratellanza: «Le problematiche del dialogo interreligioso – ha affermato – e del contributo delle religioni per la civiltà umana e la pace nel mondo, temi così cari al nostro ven. Giorgio La Pira, diventano sempre più attuali e richiedono da noi un sano orientamento, che deve trovare nei gesti e nelle parole del Papa il suo riferimento e alimento».Betori ha citato poi le lettere apostoliche con cui il Papa ha aperto anche alle donne i ministeri istituiti del lettore e dell’accolito e ha istituito il nuovo ministero laicale del catechista: «Siamo in attesa delle disposizioni che verranno date a riguardo di tali ministeri dalla Santa Sede e delle indicazioni della Cei per avviare l’attuazione di queste decisioni del Papa anche nella nostra diocesi».Altro documento recente del Papa è il Traditionis custodes, che introduce significative novità a riguardo della possibilità di celebrare nella forma antica del Rito Romano. Sull’applicazione del “motu proprio” nella nostra diocesi l’arcivescovo ha stabilito che le celebrazioni secondo l’antico rito in diocesi di Firenze sono limitate alla rettoria dei Santi Michele e Gaetano, all’oratorio di S. Francesco Poverino, ai luoghi di culto nelle case dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote, sempre nel rispetto di quanto prevede il “motu proprio” di papa Francesco. Il documento pontificio, ha sottolineato Betori, «è occasione per un forte richiamo a tutti ad attenersi ai libri liturgici legittimamente approvati, da ultimo la terza edizione del Messale Romano, pubblicata in italiano nel 2020. Il suo testo va accolto come espressione della comunione nella fede e non ne vanno arbitrariamente mutate le formule».
Il convegno sul Mediterraneo
Firenze ospiterà, alla fine di febbraio prossimo, l’Incontro «Mediterraneo, frontiera di pace» organizzato dalla Cei. Si tratta, ha spiegato il cardinale Betori nel suo intervento all’assemblea del clero alla Certosa, «della seconda tappa, dopo quella dello scorso anno a Bari, di un percorso di dialogo tra le Chiese dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per favorire la collaborazione reciproca e la presenza della Chiesa nei molti problemi che attraversano questo mondo dal punto di vista politico, sociale, culturale e religioso».Un colloquio tra vescovi, che a Firenze sarà accompagnato da un incontro tra sindaci di città del Mediterraneo, invitati dal sindaco Dario Nardella «sulla scia dei Colloqui Mediterranei che furono promossi da Giorgio La Pira, al cui pensiero e alla cui azione si è pure ispirato il card. Gualtiero Bassetti nel proporre l’incontro dei vescovi».La natura riservata del colloquio, ha spiegato Betori, «non comporta per sé un coinvolgimento della nostra Chiesa, cui è però richiesto di garantire condizioni ottimali di accoglienza e svolgimento dell’evento. Ma si può pensare che non mancheranno anche occasioni per cui il ritrovarsi dei vescovi possa interloquire con la nostra città».Una linea indicativa del programma, ha concluso, «dovrebbe emergere verso la fine di questo mese e a quel punto vedremo come lasciarci coinvolgere, oltre che ovviamente accompagnando con la preghiera la preparazione e lo svolgimento dell’incontro».