Firenze

Betori, l’omelia nella notte di Natale: dalla denatalità, alla mancanza di lavoro, all’accoglienza dei migranti, “la vita va accolta, difesa, promossa”

 “Dovrebbe preoccupare assai – ha affermato l’Arcivescovo di Firenze – il persistente declino delle nascite nel nostro Paese, sintomo di perdita di fiducia nel futuro, di appiattimento egoistico sul presente che impedisce di osare un progetto, di sognare un domani. L’altro da me, colui che può venire ad abitare la mia vita, diventa per molti non un dono che arricchisce, ma un intruso da scansare e da cui difendersi. È la stessa logica che sta producendo la diminuzione dei matrimoni – e dei matrimoni religiosi in specie –, perché l’altro nel rapporto di coppia,secondo la cultura dominante, va considerato come una presenza avventizia, finché dura, e non come una persona legata in un patto che, nella sua stabilità, va costruito sì con fatica giorno dopo giorno, ma è premessa di progetti alti, di un amore che crea amore e dona vita”.

Betori ha quindi allargato la riflessione all’accoglienza della vita tutta, “dal concepimento fino al suo termine naturale, con una particolare attenzione alle condizioni più fragili di essa. I bambini non ancora nati e la cui accoglienza può trovare ostacoli che occorre aiutare a rimuovere. I malati terminali e quanti sono gravati da pesanti e durature disabilità, a cui va assicurato un accompagnamento efficace e premuroso. Chi ha perso il lavoro e chi fatica a trovarlo, in un contesto sociale che non riconosce nel lavoro un elemento essenziale della dignità della persona e quindi un diritto da assicurare. Quanti fuggono da guerre, violenze, negazioni di diritti umani, fame e miseria, condizioni di estrema indigenza:uomini e donne, perfino bambini e fanciulli a cui viene negata accoglienza, protezione, promozione, integrazione. Tanti poveri ed emarginati, creati dalla società dell’opulenza e dell’efficienza produttiva, coloro che tra noi vivono in condizioni di povertà, nella solitudine, alla ricerca affannosa di qualche soldo per pagare una bolletta, senza una casa. Sono molti i fronti su cui la vita va accolta, difesa, promossa”. 

Nell’omelia, Betori ha citato due autori contemporanei: lo scrittore Alessandro D’Avenia e il poeta Davide Rondoni, che scrive ” Per un Dio che ride come un bimbo sarei disposto ad andare a fondo a tutta la meraviglia e la pena che c’è… Di qui l’augurio finale: “il Natale di Gesù ci doni un cuore capace di pena e di meraviglia”.