Vescovi Toscani
Betori, lettera alle famiglie 2010
Pubblichiamo il testo integrale della Lettera Pasquale alle famiglie scritta dall’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori e che verrà distribuita dai parroci durante la benedizione pasquale. Il tema è la figura del presbitero in occasione dell’anno sacerdotale indetto dal Papa Benedetto XVI, un anno dedicato a sostenere i sacerdoti nel loro ministero e a invitare tutti i fedeli a riscoprire l’importanza del sacerdozio nella Chiesa.
È perciò importante che le nostre famiglie siano grembo accogliente delle vocazioni sacerdotali. Questo già nell’aprirsi alla vita, con la disponibilità a non limitarsi ad avere uno o al massimo due figli, e poi nel non sentire i figli come un possesso bensì come un dono di Dio, di cui i genitori sono custodi e non padroni. Di questa accoglienza fa parte anche educare alla fede nella vita familiare, cooperando alle proposte della parrocchia. È più facile che la voce di Dio venga percepita da un giovane se nelle nostre famiglie l’aria è purificata dall’ammorbante materialismo che invade la società e i valori dello spirito sono rispettati ed esaltati, valorizzando la libertà e la responsabilità personale, per aprirsi a scelte anche coraggiose, come quella appunto di seguire una chiamata così alternativa rispetto alla cultura diffusa.
Il prete è anzitutto un uomo di Dio, un uomo che sta con Gesù. Un compito non facile nel nostro tempo così pieno di distrazioni e stimoli, che spingono a uscire da se stessi e a perdersi nelle mille cose del mondo. Di qui un’urgenza per i nostri preti a ricentrarsi sulla propria dimensione interiore, sul loro rapporto con Gesù Cristo, sulla loro vita di fede anzitutto. Più che operatori del sacro o animatori di comunità, i preti sono infatti segni del mistero di Dio. E anche qui c’è bisogno che le nostre famiglie favoriscano la dimensione spirituale dei nostri preti, rispettandone il mistero e rimanendo esigenti nel chiedere ai preti, prima ancora che un sostegno umano, questa testimonianza di trascendenza che ci aiuti a percepire il cielo in terra, l’orientamento verso l’eterno nei nostri giorni quotidiani. Ogni prete sa che questo è ciò che qualifica il suo servizio tra le gente, in specie tra i giovani, nelle varie forme di animazione di cui tutti abbiamo esperienza.
Il legame del sacerdote con Dio si esprime poi nella dimensione specifica di segno di Cristo Pastore tra noi. Dio non ha voluto abbandonare l’umanità al suo destino, ma come un pastore con il suo gregge ha voluto radunare i suoi figli nel suo amore. Segno supremo di questo amore è il suo stesso Figlio fatto uomo, quel Gesù che i vangeli ci presentano come il buon Pastore che dà la propria vita per le pecore (Gv 10,11). È il volto di Gesù pastore del suo popolo che i sacerdoti sono chiamati a perpetuare nel tempo, assimilandosi a Cristo e facendosi mediatori della grazia con l’annuncio della Parola e la celebrazione dei Sacramenti. Questo ministero va esercitato nella dedizione umile e generosa nei confronti del popolo di Dio, con la carità stessa di Cristo. È essenziale per una serena vita pastorale saper guardare a un sacerdote non fermandosi alle sue attitudini umane, ma vedendo in trasparenza nel suo agire l’amore stesso di Gesù. Egli è solo un segno; la realtà cui rimanda è il nostro Pastore e Salvatore. Questo ci permette anche uno sguardo di comprensione e di perdono verso i limiti dei nostri sacerdoti, anche verso le loro eventuali mancanze, sapendo che la loro umanità e la loro fragilità non è cancellata. Come in una famiglia, anche nella comunità cristiana senza comprensione e perdono non si va avanti.
La Parola chiama alla fede, ma la fede è frutto del dono della grazia, che si comunica nella forma ordinaria dei Sacramenti. E qui ritroviamo il sacerdote, che ci ha generato e genera i nostri figli alla vita divina mediante il Battesimo; conduce alla pienezza del dono dello Spirito preparandoci alla Confermazione; spezza il pane e dispensa il vino della presenza di Cristo fatto carne e sangue per noi nell’Eucaristia dove si fa memoria reale del suo sacrificio d’amore; diventa il tramite del perdono del Padre quando nella Riconciliazione ci guarisce dalle colpe; è ancora lui a benedire il Matrimonio nel sacramento di cui gli sposi sono ministri; a lui affidiamo gli istanti gravosi della malattia e quelli ultimi dell’esistenza nel gesto dell’Unzione. Tutte le stagioni della vita sono segnate dalla presenza del sacerdote, dalle cui mani rifluisce su di noi il dono della grazia divina: da soli non possiamo farci cristiani e crescere come figli di Dio. In modo particolare è nel ministero del sacerdote la sorgente del sacramento che è fonte e culmine della vita della Chiesa, l’Eucaristia: dalla mensa del sacrificio di Cristo si alimentano le mense delle nostre case con l’amore che non viene mai meno, quello di cui necessitano le nostre famiglie per non perdersi nel tempo e disgregarsi nel conflitto degli egoismi.
La parola di verità e la grazia sacramentale che il sacerdote trasmette in forza del sacramento dell’Ordine sono costitutivi della comunità cristiana. Il prete è il promotore della comunione nella comunità cristiana, vivendo egli stesso per primo in questo orizzonte. Non si è infatti preti da soli, ma dentro un presbiterio, con vincoli di fraternità e di cooperazione pastorale. Cosicché è importante non sentire le nostre singole comunità legate esclusivamente a questo o a quel prete, ma affidate insieme al presbiterio di una diocesi e quindi pronte ad accogliere ogni sacerdote che verrà loro destinato secondo le necessità pastorali cui il vescovo deve provvedere nell’interesse di tutto il popolo di Dio del territorio. Promotore di comunione nella comunità, al sacerdote è chiesto anche di animare i doni e i carismi di cui ogni comunità è dotata dal Signore, creando unità e servizio reciproco. Tra questi doni c’è anche il ministero dei coniugi, che dal servizio del sacerdote riceve sostegno e alimento di fedeltà.