Firenze

Betori: «La morte svela il proprio significato solo se si accoglie la fede in Dio»

«Le sofferenze che soffocano l’esistenza umana, in particolare le sofferenze dei giusti – ha detto Betori – appaiono come una sfida scandalosa alla coscienza dell’uomo contemporaneo. Per molti sono motivo per dubitare di Dio. Questi non potrebbe essere buono e giusto, se permette che il giusto subisca la pena, il castigo della sofferenza. E il vertice della sofferenza a cui l’uomo, il giusto, viene sottoposto appare essere proprio la morte, il destino cinico verso cui tutti sono incamminati, che si abbatte su ogni desiderio, che interrompe ogni sogno e ogni attesa. Che ci sia la morte, che l’uomo debba rinunciare all’anelito alla vita, ben presente invece nel suo cuore, appare come una insopportabile ingiustizia. La morte sarebbe la prova evidente della non esistenza di Dio».

Per l’Arcivescovo di Firenze, «C’è un modo diverso di leggere la sofferenza e la morte». «Facendoci entrare in pienezza nel regno del Signore – ha proseguito – la morte, lungi dall’essere il velo che copre la terra, l’incomprensibile esito di una vita che vorremmo non finire mai, è invece lo svelamento dell’identità di ciascuno e il compimento del progetto della vita: «coloro che confidano in lui (in Dio) comprenderanno la verità».

«La morte – ha concluso – appare così non più espressione odiosa del lato oscuro della vita, ma una rivelazione e un passo d’amore. Questo, ovviamente, se si è convinti che Dio c’è, che egli dà senso a tutte le cose, e che questo Dio ci ama, perché ci ha creati per amore. La domanda su Dio diventa allora decisiva e preliminare a ogni domanda sulla morte, e l’annuncio della verità su Dio è il centro della testimonianza dei credenti davanti al mondo. La morte svela il proprio significato solo se si accoglie la fede in Dio, e in un Dio d’amore, ma è anche l’esperienza in cui possiamo cogliere il volto di un Dio che ama la nostra vita. Passando attraverso la morte entriamo nell’abbraccio di Dio».