Vita Chiesa
BETORI INAUGURA L’ANNO ACCADEMICO ALLA FACOLTÀ TEOLOGICA
I cristiani di oggi come i cristiani dei primi secoli: allora, i seguaci di Cristo si trovavano ad annunciare il Vangelo in condizioni di minoranza, facendo i conti con il paganesimo, con una molteplicità di dei e di culture, con il potere politico dell’Impero Romano. Oggi, spiega il segretario della Cei Giuseppe Betori, la situazione per certi versi è simile. E oggi come allora, l’annuncio del Vangelo «deve tener conto della situazione di vita di chi lo riceve, deve suscitare stupore, meraviglia, suscitare dubbi e interrogativi».
La comunicazione del Vangelo in una società che cambia è stato il tema della prolusione che mons. Betori ha tenuto martedì a Firenze per l’inaugurazione del sesto anno accademico della Facoltà Teologica per l’Italia Centrale. Già nel 1995, ha ricordato Betori, nel messaggio al convegno di Palermo il Papa diceva che «è tempo di un nuovo annuncio», e i vescovi italiani invitavano a trovare nuove strade di evangelizzazione per raggiungere gli indifferenti e i lontani. «I nuovi orientamenti pastorali – ha proseguito – tengono conto del nuovo contesto culturale in cui la trasmissione della fede e dei valori cristiani da una generazione all’altra non è più, come era stato in passato, un fatto automatico. Questo è dovuto all’affievolirsi della pratica religiosa da parte dei cristiani, ma anche all’affermarsi di stili di vita molteplici, all’affacciarsi di fedi e culture nuove sul nostro territorio». I rischi allora sono quelli di «ridurre ogni credenza a mera opinione» e di «appiattirsi sull’oggi, secondo un riduzionismo materialista che non lascia spazio per lo spirito». In questa situazione, i cristiani devono riprendere in mano il Vangelo: «la cultura dei mass media chiede al cristianesimo di ridursi a ideologia umanistica, a sistema di precetti morali. Le ragioni del dialogo non devono essere tali da portare alla rinuncia all’annuncio cristiano, che non è una teoria sul mondo ma un messaggio che ha al suo centro la persona di Cristo». (R.B.)