Firenze

Betori: “il no alla guerra si unisce alla concreta partecipazione alle sofferenze dei fratelli”

“Come comunità religiosa – ha affermato Betori – non abbiamo il potere politico e tantomeno militare di fermare una guerra, ma possiamo e dobbiamo richiamare ai valori della pace e del diritto dei popoli a difendere la propria libertà e identità. Possiamo e dobbiamo fare appello alla conversione dei cuori. E questo chiediamo stasera al Signore. Le preghiere sono più potenti delle bombe, affermava Giorgio La Pira. Anche noi lo crediamo e per questo la nostra speranza resta viva”.

Nell’omelia (letta dal vicario, mons. Giancarlo Corti, essendo l’arcivescovo in isolamento) Betori afferma che “il no alla guerra come strumento di soluzione delle controversie tra le nazioni si unisce alla concreta partecipazione alle sofferenze dei fratelli”. In questi giorni, aggiunge,  “vediamo però anche il volto di Dio che è Misericordia, sorgente di salvezza dell’umanità. Ho in mente tante immagini di storie di generosità, gesti di altruismo e di accoglienza, di lacrime e sorrisi, che alimentano concretamente la speranza del bene che sempre prevale. Le vediamo qui da noi – penso a Caritas, Misericordie, tante realtà solidali e caritative, parrocchie, singole famiglie e persone –, nei Paesi al confine con l’Ucraina e nello stesso territorio di guerra. E siccome questa guerra si combatte tanto sul terreno quanto nella comunicazione, ci sta a cuore tanto la vita delle persone quanto la loro dignità, che va rispettata anche nelle immagini che vengono diffuse, specialmente quelle dei piccoli; violare l’intimità di una persona non è informare ma prevaricare”.

“L’amore di Dio, l’amore di Gesù, l’amore nostro è il motore che muove il mondo e dà senso anche alla sofferenza, alla croce. È lo sguardo che ci viene chiesto di assumere di fronte alle vittime della guerra, come pure alle vittime della pandemia che continua a segnare i nostri giorni. È la fede che ci nutre di speranza nella prova e ci chiede di vivere come fratelli”.