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Betori ha rischiato realmente la vita

Monsignor Giuseppe Betori ha rischiato realmente la vita, mentre il suo segretario, don Paolo Brogi, è vivo per miracolo. L’aggressore (guarda l’identikit), che venerdì sera poco prima delle 20 si è introdotto nel cortile della Curia seguendo l’auto dell’arcivescovo di Firenze, dopo aver sparato a don Paolo, ha puntato la pistola direttamente alla testa di Betori, che con molta freddezza ha invitato l’uomo a parlare. Fatto sta che la pacata reazione dell’Arcivescovo, unita all’ipotesi che l’arma (una pistola calibro 7,65) si sia inceppata, ha impedito il peggio.

Di «miracolo» hanno invece parlato i responsabili del pronto soccorso dell’ospedale di Santa Maria Nuova in riferimento al fatto che il proiettile sparato contro il quarantaduenne sacerdote di Castelfiorentino non ha leso organi vitali, ma ha sfiorato l’aorta, che se fosse stata colpita avrebbe causato conseguenze gravissime.

Per tutta la giornata sono continuati ad arrivare a Betori e Brogi messaggi di solidarietà e auguri di pronta guarigione, primo fra tutti quello del Papa. «Ringrazio il Santo Padre che mi ha fatto avere la sua vicinanza attraverso il suo segretario», ha detto Betori all’uscita da Santa Maria Nuova dopo aver fatto visita a don Paolo accompagnato dal vescovo ausiliare Claudio Maniago. Nell’occasione l’Arcivescovo ha anche ribadito di non avere paura e di essere sereno («Il Signore mi fa la grazia di affrontare questo momento con grande serenità»), così come «molto sereno» è don Paolo, che «sta bene» e la prognosi sarà sciolta lunedì dopo che sarà stato estratto anche il proiettile (per ora è stata suturata la lesione all’addome). «La mamma di don Paolo – ha riferito Betori – mi ha detto che suo figlio sente una grande serenità che gli viene dalla fede». L’Arcivescovo ha quindi ringraziato i medici e i tanti vescovi, tra cui i cardinali Bagnasco e Ruini, che hanno manifestato a lui vicinanza dopo quella immediata della Conferenza episcopale toscana di cui Betori è presidente.

Un pensiero è stato poi rivolto ai fedeli, ai sacerdoti e alla città di Firenze: «Sento l’affetto dei fiorentini ed è per me la cosa più importante dopo la fede», ha detto in Palazzo Vecchio dov’era atteso nel pomeriggio per il primo incontro pubblico dopo l’aggressione di venerdì e dove è stato accolto da un lunghissimo applauso.

Portando il saluto al convegno «All’origine della gratuità. Uomini grati», organizzato dal Banco alimentare toscano e dalla Confraternita della Misericordia di Firenze, l’Arcivescovo, decisamente commosso, ha detto che per lui e per don Paolo, il segretario rimasto ferito, «non è un passaggio facile ma andiamo avanti insieme a tutti voi come il Signore ha voluto e vorrà». Betori ha poi sottolineato, a proposito del tema dell’incontro, come non ci sia niente «di più bello e interessante che vedere l’opera di uomini grati». Grati e uniti perché «fedeli alla loro Origine». E «in questi giorni in cui lo sconforto e le lamentele sembrano porre il loro sigillo sulla quotidianità c’è bisogno – ha concluso Betori – di testimoni che mostrino al mondo che la realtà è carica di bene».

Intanto, sul fronte delle indagini, la polizia ha rilasciato i sei fermati nella tarda serata di venerdì e gli altri quattro identificati ieri. In particolare il clochard intercettato in piazza Santo Spirito in possesso di una pistola, rivelatasi poi una scacciacani con regolare tappo rosso, con la quale aveva comunque minacciato gli agenti che gli avevano chiesto i documenti. Le foto dei primi sei identificati sono state mostrate all’Arcivescovo, che non ha riconosciuto tra loro il volto dell’aggressore (verso il quale ha rinnovato «l’atteggiamento di misericordia e di perdono»), mentre non è stato ancora possibile sentire il racconto don Paolo a causa dell’operazione subita. L’ipotesi resta quella dello squilibrato. Si parla di un uomo con la barba bianca, incolta, un’età approssimativa fra i 60 e i 70 anni, abbigliamento trasandato.

L’intervista: Betori: «L’affetto della gente? Il più bel dono dopo la fede»

 «Il Signore conosce tutti i capelli che abbiamo sulla testa e io è don Paolo ne abbiamo tanti». Risponde così, quasi scherzando, l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, alla domanda se si senta un «miracolato», visto che lui e il suo segretario l’hanno scampata davvero per miracolo. Lo ricostruzione dei fatti su quanto accaduto venerdì 4 novembre nel cortile della Curia fiorentina non lascia dubbi. Quell’uomo che si è introdotto dietro l’auto di Betori attraverso la porta carraia voleva e poteva uccidere.

Nella prima e al momento unica intervista rilasciata, questa al nostro giornale, Betori parla anche dei tanti messaggi di solidarietà giunti da parte di tutti e da tutte le parti.

Eccellenza, sia lei che don Paolo avete rischiato realmente la vita. La ricostruzione dei fatti lo dimostra. Si ritiene un miracolato?

«Siamo tutti sotto la protezione del Signore. Ogni giorno. Lui conosce tutti i capelli che abbiamo sulla testa e io è don Paolo ne abbiamo tanti. In questo caso ho sentito il Signore vivo dentro di me nella serenità che mi ha donato in un frangente così complesso».

Tantissimi i messaggi arrivati. Tra i primi quello del segretario della Conferenza episcopale toscana, Fausto Tardelli, che ha subito espresso, a nome dei vescovi toscani, il dolore per l’accaduto, la solidarietà, la vicinanza e gli auguri di pronta guarigione a don Paolo. Anche il vice presidente della Cet, Mansueto Bianchi, in un telegramma a ha espresso la sua «vivissima solidarietà e fraterna vicinanza». Così tanti altri….

«Ho già avuto modo di ringraziare tutti, anche pubblicamente, a partire dal Santo Padre che mi ha fatto avere la sua vicinanza attraverso il suo segretario. Ho avuto modo di ringraziare, oltre ai confratelli della Conferenza episcopale toscana, gli altri vescovi e in particolare i cardinali Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e Camillo Ruini».

Ma non ci sono stati solo i messaggi del Papa e dei vescovi. Tutti i rappresentanti delle istituzioni si sono fatti vivi, ma anche i comuni cittadini. In Palazzo Vecchio, nel primo incontro pubblico dopo l’aggressione, è stato accolto da quella che si definisce una «standing ovation». Se l’aspettava un affetto e una solidarietà come quella dimostrata in questi giorni nei suoi confronti, che non ha niente a che vedere con le formalità del caso?

«Che la gente di Firenze e della diocesi mi avesse circondato di affetto fin dal primo giorno l’ho sempre saputo e constatato. In questa circostanza, se possibile, l’affetto si è moltiplicato ed è stato per me una gran risorsa di incoraggiamento. Come ho già avuto modo di dire, dopo la fede in Dio questo affetto è il più bel dono che mi è stato dato in questi giorni, insieme alla dedizione di don Paolo, il mio segretario, e il sostegno di tutti i miei collaboratori».

Silenzio, ovviamente, sul fronte delle indagini. Betori e Brogi hanno comunque confermato agli inquirenti la descrizione dell’aggressore. Si parla di un uomo con la barba bianca, incolta, un’età approssimativa fra i 60 e i 70 anni, con un cappello di lana e forse un piumino nero. Ma al momento (martedì 8 novembre) non ci sono novità sull’identificazione né tantomeno sull’arresto. Buone notizie arrivano invece dall’Ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova dove sono in via di miglioramento le condizioni di don Paolo, che da martedì mattina è in grado di alzarsi dal letto e di camminare. Non sarà comunque dimesso prima di questa settimana. Confermata la necessità di un intervento chirurgico per rimuovere l’ogiva del proiettile che gli ha attraversato l’addome fino a posizionarsi vicino alla colonna vertebrale, dopo aver sfiorato l’aorta. Questa operazione, secondo quanto ribadito dai medici, potrà essere effettuata con calma nei prossimi tempi.

A.F.

Affetto, vicinanza e solidarietà all’arcivescovo Betori e a don Paolo (di Andrea Fagioli)

Le prime dichiarazioni di don Paolo: «La fede mi ha aiutato a rimanere sereno»

Lunedì 7 novembre. Sono in via di miglioramento le condizioni di don Paolo Brogi, il segretario dell’arcivescovo Giuseppe Betori, ricoverato all’ospedale di Santa Maria Nuova dopo l’agguato di venerdì 4 novembre in cui è rimasto ferito da un colpo di pistola sparato da uno sconosciuto nel cortile della Curia. I medici hanno parlato per lui di «miracolo»: la pallottola non ha leso organi vitali e si è fermata vicino alla colonna vertebrale, dopo aver sfiorato l’aorta. L’operazione per rimuoverla, secondo quanto ribadito dai medici, potrà essere effettuata con calma nei prossimi tempi. Pubblichiamo integralmente le sue prime dichiarazioni, raccolte in ospedale.

‘’Passando i giorni, piano piano miglioro; ho ancora qualche problema a dormire e quando tossisco mi fa male la ferita ma sento che faccio progressi. Vorrei fare un ringraziamento particolare a tutto il personale del reparto e al primario Cardini che mi stanno seguendo con molta attenzione e grandissima professionalità. Mi ha colpito il tanto affetto della gente nei miei confronti, e sono rimasto commosso per l’interessamento del Santo Padre. Mi arrivano continuamente manifestazioni di solidarietà e stima da vescovi, sacerdoti e da tanta gente che neppure conosco ma che mi aiutano a vivere questo momento. E’ proprio vero che anche dal male può nascere il bene. Non mi sarei mai immaginato una cosa del genere. Immediatamente non ho percepito di essere stato colpito ma mi sono bastati pochi secondi per rendermi conto dell’accaduto. Ho avuto paura ma ho mantenuto abbastanza il sangue freddo. Penso che sia stata la fede a permettermi di stare sereno e tranquillo anche nel momento peggiore quando ho preso lo sparo addosso. Mi sono reso conto subito di quello che stava accadendo. Il 118 lo hanno chiamato le suore e io mi sono preoccupato di chiamare subito la polizia. Sono davvero contento che non sia accaduto niente all’arcivescovo e spero di poter tornare presto alla vita normale”.

Don Paolo dimesso dall’ospedale