Firenze
Betori: “Diamo avvio a tre cammini sinodali”
All’inizio di quest’anno pastorale, mentre consegniamo il mandato a quanti animano la vita delle nostre comunità nell’annuncio, nella liturgia e nella carità, diamo anche avvio a tre cammini sinodali nella nostra Chiesa.
Il primo ci unisce a tutte le diocesi del mondo nel dare inizio alla fase diocesana del processo sinodale verso la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà nell’ottobre 2023 e il cui titolo è: “Per un Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Ci è chiesto un cammino di ascolto e di confronto proprio sulla natura sinodale della Chiesa, cioè sul suo essere un cammino che si fa insieme.
Così ne ha parlato Papa Francesco alla diocesi di Roma: «La parola “sinodo” contiene tutto quello che ci serve per capire: “camminare insieme”. Il libro degli Atti è la storia di un cammino che parte da Gerusalemme e, attraversando la Samaria e la Giudea, proseguendo nelle regioni della Siria e dell’Asia Minore e quindi nella Grecia, si conclude a Roma. Questa strada racconta la storia in cui camminano insieme la Parola di Dio e le persone che a quella Parola rivolgono attenzione e fede. La Parola di Dio cammina con noi. Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa» (Discorso ai fedeli della diocesi di Roma, 18 settembre 2021).
E una settimana fa Papa Francesco ha esortato: «Viviamo dunque questa occasione di incontro, ascolto e riflessione come un tempo di grazia, fratelli e sorelle, un tempo di grazia che, nella gioia del Vangelo, ci permetta di cogliere almeno tre opportunità. La prima è quella di incamminarci non occasionalmente ma strutturalmente verso una Chiesa sinodale: un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e possano partecipare. Il Sinodo ci offre poi l’opportunità di diventare Chiesa dell’ascolto: di prenderci una pausa dai nostri ritmi, di arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare. Ascoltare lo Spirito nell’adorazione e nella preghiera. […] Ascoltare i fratelli e le sorelle sulle speranze e le crisi della fede nelle diverse zone del mondo, sulle urgenze di rinnovamento della vita pastorale […]. Infine, abbiamo l’opportunità di diventare una Chiesa della vicinanza. Torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza» (Discorso al momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, 9 ottobre 2021).
E il Papa ha concluso così, con parole di esortazione che pure faccio mie: «Cari fratelli e sorelle, sia questo Sinodo un tempo abitato dallo Spirito! Perché dello Spirito abbiamo bisogno, del respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene, diffonde la gioia. Lo Spirito Santo è Colui che ci guida dove Dio vuole e non dove ci porterebbero le nostre idee e i nostri gusti personali.[…] Per una “Chiesa diversa”, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire, invochiamo con più forza e frequenza lo Spirito e mettiamoci con umiltà in suo ascolto, camminando insieme, come Lui, creatore della comunione e della missione, desidera, cioè con docilità e coraggio» (Ivi).
C’è un secondo processo sinodale che avviamo oggi e questo ci coinvolge con tutte le Chiese del nostro Paese, è il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia. Lo ha chiesto Papa Francesco, i Vescovi italiani lo hanno approvato e lo vivremo, fino al 2025, in successive fasi. La prima sarà una fase anch’essa di ascolto e nei prossimi mesi coinciderà nei contenuti con quelli proposti per il Sinodo dei Vescovi. Andremo poi avanti in questo ascolto nelle Chiese in Italia ancora un altro anno, così da far emergere, nel dialogo tra noi e con il mondo, gli interrogativi che vengono oggi posti alla Chiesa nella sua missione di evangelizzazione e le attese che nella Chiesa e al di fuori di essa si nutrono a riguardo della testimonianza del Vangelo.
L’evangelizzazione è stato il riferimento che ha guidato gli orientamenti pastorali che, dal Concilio in poi, la Conferenza Episcopale Italiana ha offerto alle nostre Chiese. Ora si tratta di collocarci sempre su questa direzione ma dando una connotazione sinodale al nostro impegno. “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita” è il tema posto al Cammino sinodale nazionale, e collega l’orizzonte dell’evangelizzazione con il tempo presente in cui sentiamo urgente il desiderio di venir fuori con una volto nuovo dalla crisi pandemica che ci frena da quasi due anni.
Rivolgendosi “alle donne e agli uomini di buona volontà”, non solo quindi ai fedeli ma anche a quanti nella società sono disposti al dialogo, i Vescovi italiani descrivono così lo spirito e le finalità di questo Cammino: «Il Cammino sinodale è un processo che si distenderà fino al Giubileo del 2025 per riscoprire il senso dell’essere comunità, il calore di una casa accogliente e l’arte della cura. Sogniamo una Chiesa aperta, in dialogo. Non più “di tutti” ma sempre “per tutti”. Abbiamo forse bisogno oggi di rallentare il passo, di mettere da parte l’ansia per le cose da fare, rendendoci più prossimi. Siamo custodi, infatti, gli uni degli altri e vogliamo andare oltre le logiche accomodanti del si è sempre fatto così, seguendo il pressante appello di Papa Francesco che, fin dall’esordio del suo servizio, invita a “camminare, costruire, confessare”. […] Questo è il senso del nostro Cammino sinodale: ascoltare e condividere per portare a tutti la gioia del Vangelo» (Consiglio Permanente della C.E.I., Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà, 29 settembre 2021).
Quale sia l’impegno per l’immediato, lo troviamo riassunto in queste parole dei Vescovi: «Sarà un evento nel quale le nostre comunità cercheranno di porsi “in uscita”, favorendo la formazione di gruppi sinodali non solo nelle strutture ecclesiali e negli organismi di partecipazione (consigli presbiterali e pastorali), ma anche nelle case, negli ambienti di ritrovo, lavoro, formazione, cura, assistenza, recupero, cultura e comunicazione. Gli operatori pastorali, coordinati dai presbiteri e diaconi, con i supporti che provengono dalle diocesi, dalle circoscrizioni regionali e dalla C.E.I., sono invitati a porsi al servizio di questa grande opera di raccolta delle narrazioni delle persone: di tutte le persone, perché in ciascuno opera in qualche misura lo Spirito; anche in coloro che noi riterremmo lontani e distratti, indifferenti e persino ostili» (Consiglio Permanente della C.E.I., Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e ai consacrati e a tutti gli operatori pastorali, 29 settembre 2021). Dopo questa primo biennio di ascolto, seguirà un tempo di discernimento per giungere infine ad alcune scelte, decisioni, impegni che orienteranno la vita della Chiesa negli anni a venire.
Infine, con questa celebrazione riprendiamo il nostro Cammino sinodale diocesano, mai interrotto in questi anni, ma necessariamente frenato nelle sue modalità di attuazione a causa della pandemia. Ora, proprio dalla prova della pandemia, dobbiamo riprendere il nostro Cammino con quella maggiore consapevolezza della comune fragilità, della necessità di concentrarsi sull’essenziale, di come vivere le relazioni sia imprescindibile per la cura e la salvezza di ciascuno, tutti valori che ci aiutano a rivedere le nostre priorità e le nostre progettualità. Non mancheranno quindi, nell’intreccio dei due cammini della Chiesa universale e italiana, specifiche accentuazioni nelle interrogazioni che saremo chiamati a proporci legate alla specifica situazione della Chiesa e della società fiorentina. Peraltro, l’esercizio di ascolto sinodale di questi ultimi quattro anni, seppure impoverito di quanto avevamo pensato ma non ci è stato possibile attuare a riguardo del dialogo con l’ambiente, costituisce una preziosa esperienza che ci aiuterà ad essere meno estranei alla logica sinodale.
La pagina del vangelo di Marco che la Chiesa propone in questa domenica è particolarmente istruttiva a riguardo dell’atteggiamento con cui dobbiamo entrare nel cammino sinodale ai tre livelli che ho ora illustrato. L’errore di Giacomo e Giovanni non è soltanto non aver capito che il regno verso cui Gesù si incammina è quello della Croce, sebbene Gesù avesse loro appena predetto la sua passione, morte e risurrezione! Prima ancora, l’errore dei due apostoli sta nel fatto che, nel cercare una loro collocazione accanto al Maestro, non sentono di dover rispondere a una chiamata, ma ritengono di poter definire da sé stessi il proprio posto. Hanno un proprio progetto e non si mettono all’ascolto del progetto di Gesù su di loro.
Gesù offre ai due discepoli una rivelazione alternativa ai loro sogni di gloria. Gesù parla di un calice di sofferenza, che i discepoli dovranno condividere con lui, e pone la loro collocazione accanto a lui nell’orizzonte di un servizio da rendere ai fratelli: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43-44). L’atteggiamento del servizio è ciò che caratterizza il discepolo di Gesù. Insegnamento prezioso anche per la Chiesa di oggi, sempre bisognosa di riscoprire la sua missione di servizio alla semina del Regno nel mondo.
Nelle parole di Gesù risalta inoltre come egli collochi questo servizio non nell’ordine del fare, ma in quello dell’essere. Il servizio che Gesù chiede ai discepoli non è l’esercizio di una qualche attività a favore dei fratelli. Servire non è fare, ma essere, cioè essere come Gesù, totalmente proiettati verso gli altri, fino a perdere sé stessi, fino a diventare schiavi: «Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). E qui ritroviamo la spinta a uscire fuori di sé che il Papa sollecita alla Chiesa dei nostri giorni, avendo come modello la vita di Gesù spesa per il mondo.
Torna d’attualità il richiamo fatto da Papa Francesco qui a Firenze a un «umanesimo cristiano che è quello dei “sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5)», indicando tali sentimenti nell’umiltà, nel disinteresse e nella beatitudine (Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze 15 novembre 2015). Il cammino sinodale deve avere al suo centro questo movimento di tutti alla conversione di tutti ai sentimenti di Gesù. Sinodalità non è confronto tra pareri contrapposti nella ricerca del maggior consenso, ma cammino insieme, nelle modalità proprie a ciascuno, dietro a Gesù, il quale – lo abbiamo sentito nel vangelo – ci invita a consegnare la nostra vita al Padre, come ha fatto lui.
Giuseppe card. Betori
Arcivescovo di Firenze