Firenze
Betori ai cattolici impegnati in politica: “Costruire relazioni forti è un primo argine contro l’estendersi del male”
Il testo dell'omelia proclamata questo pomeriggio nella chiesa di San Salvatore al Vescovo dall'Arcivescovo di Firenze nella Messa in preparazione alla Pasqua con i cattolici impegnati nell’ambito sociale e politico, nell’amministrazione pubblica e nell’economia.
Il sentimento religioso ha fatto di Giuda l’emblema del tradimento, il massimo colpevole della morte di Gesù.
C’è da domandarsi da dove nasce il male nel cuore di Giuda. Il vangelo non lo svela. Si è sentito tradito da Gesù perché questi si distaccava troppo dal mondo religioso a cui apparteneva? Oppure il tradimento di Gesù sarebbe consistito nel fatto che Giuda aveva su di lui aspettative non corrisposte, ad esempio di dar vita a una insurrezione contro i Romani? Tutti interrogativi senza risposta.
Ma c’è qualcosa nel suo comportamento che ci deve interrogare. Giuda appare solo: prende decisioni senza che gli altri se ne accorgono e se ne va senza che nessuno lo segua.
Nel suo male, Giuda è solo. L’unico che si accorge di lui e che fino all’ultimo gli dimostra attenzione e amicizia è proprio Gesù, che però lo lascia totalmente nella sua libertà.
Tanto male nasce dalla solitudine e ogni male è frutto di una libertà mal usata. Vale anche per noi e ci induce a ritenere che il primo antidoto contro il male è la comunione, la fraternità, la solidarietà. Costruire un tessuto di relazioni forti è un primo argine contro l’estendersi del male. Così come è essenziale educare a un retto uso della libertà.
Sono considerazioni che assumono particolare rilievo in questa celebrazione che vede riunite persone che, a diverso titolo, hanno responsabilità nel costruire un tessuto di convivenza nella comunione, nella solidarietà, nella pace, nell’attenzione a chi ha più bisogno.
Una società in cui ci si fa carico gli uni degli altri, è anche una società che ha cura delle condizioni del lavoro, che evita le tragedie come quella di via Mariti.
Non ci sono ragioni che possano permettere di collocare la vita degli uomini e delle donne al secondo posto rispetto a qualsiasi altro obiettivo.
La storia di Giuda ci interroga sulle radici del male, ma ci svela anche che al di là del male che commettiamo c’è un bene che non ci lascia mai: è l’amore di Gesù. Noi siamo certi che, senza violare la nostra libertà, siamo però sempre amati da lui e non usciamo mai dalla sua amicizia.
L’amicizia di Gesù per noi ci insegna poi a non far mancare a nessuno la nostra amicizia. Sono dinamiche queste che devono alimentare i contesti sociali, politici ed economici. Dobbiamo essere avvertiti a non lasciarci confondere dalle cosiddette “regole” sociali ed economiche per sacrificare la nostra libertà e la nostra responsabilità. Come pure dobbiamo ricordare che solo l’orizzonte del bene comune è in grado di annullare le spinte concorrenti di interessi personali o di gruppo.
Nella pagina del Vangelo non c’ solo il dramma di Giuda, ma c’è anche quanto Gesù svela ai suoi discepoli mentre sta per lasciarli: la sua missione chiede che egli sia pronto a dare la propria vita per loro e – come aveva annunciato il profeta – per tutte le nazioni della terra. Gesù svela che il compimento, la pienezza di una vita non sta nel tenercela stretta gelosamente, nel nostro egoismo, ma nel donarla, perché dia frutti di bene, di salvezza per tutti.
Che il principio del dono debba entrare nelle visioni politiche ed economiche è il solo modo perché un’etica dello scambio alla pari, il do ut des, non diventi lo strumento con cui si perpetuano le diseguaglianze e si giustificano le ingiustizie. Solo l’eccedenza del dono è in grado di abbattere i muri che separano e ricongiungere i lontani. Solo da qui può nascere una società davvero più giusta.
È l’augurio pasquale che dobbiamo scambiarci e per il quale sentirci impegnati.
Giuseppe card. Betori