Cultura & Società
Beni culturali ecclesiastici: l’importanza di «fare rete»
L’obiettivo è di costituire una «rete» regionale che metta in collegamento tra loro gli istituti diocesani che si occupano, a vario titolo, dei beni culturali. Lo afferma don Luca Franceschini, responsabile per la Toscana e per l’Italia Centrale della Sezione Beni culturali e membro del Comitato nazionale per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto.
«L’Ufficio Nazionale per i Beni culturali ecclesiastici della CEI – precisa – ci ha spronato ad andare verso quella direzione e così la Consulta regionale per i Beni culturali ecclesiastici ha recepito l’input mettendosi subito al lavoro e cercando di trovare strategie per unire le forze. È convinzione comune che nostri Istituti siano così omogenei tra loro e, in pari tempo, così diversi dagli altri presenti nelle reti provinciali, da rendere improcrastinabile la cooperazione e la condivisione. Occorre trovare spazi adeguati per una programmazione congiunta che preveda, ad esempio, la formazione degli operatori, lo scambio di esperienze fruttuose, l’adozione di regole comuni, la possibilità di rendersi visibili insieme e non singolarmente al pubblico e agli Enti dell’Amministrazione pubblica».
Rientra in questa operazione di allargamento delle potenzialità collaborative l’inserimento degli archivi e dei tesori artistici conservati presso gli ordini religiosi: sono documenti e registri che costituiscono un vero e proprio polmone culturale che si colloca accanto a quello delle chiese diocesane. La collaborazione fra Diocesi toscane e Ordini religiosi è iniziata circa un anno fa e sta proseguendo con ottimi risultati: ciò permetterà di mettere in rete archivi storici e biblioteche con una facilità di consultazione – basta un semplice click – che fino a qualche anno fa sembrava impossibile. «È un lavoro prezioso – commenta don Franceschini – e di particolare interesse, non soltanto per gli specialisti, ma per tutti coloro che hanno a cuore la storia di un dato territorio. Nei nostri archivi sono custodite e conservate la maggior parte dei documenti che permettono di ricostruire la storia civile, sociale oltreché religiosa delle nostre comunità».
Dunque le parole d’ordine sono: «condivisione e collaborazione» che però non sono il prodotto di una contingenza meramente fattuale. «La collaborazione tra i vari uffici diocesani che si occupano di beni culturali – prosegue don Luca – non deriva solo dalla comune fede – ciò è abbastanza scontato – ma dal profondo legame culturale che unisce tra loro le nostre diocesi. Un legame che è frutto della suddivisione in metropolie (Firenze, Pisa e Siena): questo primo nucleo ha rappresentato l’ossatura del nostro territorio e il punto di partenza delle circoscrizioni successive».
Per migliorare ancora di più la situazione, tuttavia, occorre mettere mano a questioni annose come, ad esempio, quella relativa alla frammentazione del territorio dal punto di vista burocratico. Se ad esempio la Diocesi di Massa Carrara – Pontremoli coincide quasi completamente con il territorio provinciale ci sono realtà, come Volterra, che insistono su territori appartenenti a cinque diverse province e ciò determina un intreccio di relazioni con più di una Soprintendenza e con più realtà che si occupano della cosa pubblica. «Situazioni come questa – conclude don Franceschini – rendono più difficili le relazioni. L’Archivio di una Diocesi ha problematiche diverse rispetto a quello di un Comune o di un ente culturale mentre è assai simile ai suoi omologhi delle altre Diocesi.
In questo momento, essendo le «reti»«reti» prevalentemente a livello provinciale e comunale, i nostri istituti si trovano sempre a rappresentare casi unici sul territorio per cui spesso restano fuori dalla programmazione e, perché no, anche dai contributi. Credo che per noi sia importante prima di tutto la visibilità verso la gente, gli studiosi e i potenziali utenti-fruitori: abbiamo però bisogno di visibilità anche nei confronti della Regione per poter essere adeguatamente ascoltati e sostenuti nei nostri progetti. Ritengo che l’unico modo sia lavorare insieme non solo tra biblioteche o archivi ma lavorare insieme come Chiese attente al patrimonio e alla cultura e svolgere un’azione collegiale di stimolo alle istituzioni pubbliche a tutti i livelli».
La Toscana, uno scrigno di documenti preziosi
In Toscana abbiamo 26 Archivi storici che raccolgono i documenti delle diocesi: un numero superiore rispetto alle attuali diciotto. «Alcuni di questi archivi – spiega don Franceschini – sono relativi a Diocesi soppresse, altri contengono i documenti importanti degli ordini religiosi o fondi particolari.
Nei singoli archivi diocesani sono stati aggiunti i registri delle parrocchie composti, di solito, dai libri canonici (Battesimi, Matrimoni, Defunti ecc.) che, a partire dalla fine del XVI sec., offrono l’unica risorsa per fotografare la realtà anagrafica di un territorio. Inoltre vi confluiscono altri documenti di importanza storica veramente unica. In alcuni casi, questi archivi sono stati raccolti in una o più sedi diocesane dove, tuttavia, costituiscono fondi distinti e specifici, destinati, nel tempo, ad essere ulteriormente integrati».
In Toscana abbiamo 36 biblioteche ecclesiastiche: sono quasi tutte aperte al pubblico; di queste almeno 26 rispettano gli standard minimi di apertura settimanale stabiliti per poter accedere ai contributi dell’8xmille della Chiesa Cattolica. Per avere una panoramica si può consultare il sito che raccoglie l’anagrafe degli Istituti Culturali Ecclesiastici ( www.anagrafebbcc.chiesacattolica.it )