Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, VISITA ALL’AMBASCIATA D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE: LA CHIESA COOPERA CON LO STATO PER IL BENE COMUNE

Per la quarta volta nella storia, da quando ne ospita la sede, un Papa si è recato in visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, situata nell’antico Palazzo Borromeo sulla via Flaminia a Roma. Benedetto XVI lo ha fatto questa mattina, rivolgendo due discorsi ufficiali – alle autorità diplomatiche e ai dipendenti – ribadendo l’importanza della collaborazione fra Stato e Chiesa, pur nella distinzione di ruoli e mansioni. Una visita dalla cronaca breve, ma nel solco di una lunga storia, e contornata da significati culturali e artistici, oltre che spirituali e diplomatici, come dimostra la presentazione al Pontefice di uno splendido Crocifisso ligneo del tardo Quattrocento, attribuito a Michelangelo e acquistato di recente dallo Stato italiano, che il Papa ha potuto ammirare per diversi minuti grazie alle spiegazioni dell’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, e del direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci.In passato, tre Papi avevano varcato – come Benedetto XVI ha fatto verso le 11 – la soglia di Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata dal 1929 ma presente sulla Via Flaminia da 450 anni. Pio XII lo aveva visitato nel 1951, Paolo VI nel ’64 e Giovanni Paolo II nell’86. Benedetto XVI lo ha rammentato all’inizio del suo discorso, ricordando anche i più recenti incontri ufficiali con le massime autorità italiane, tra i quali quello del 4 ottobre scorso al Quirinale. Tutti avvenimenti, ha sottolineato il Papa, che sono il segno del “fruttuoso rapporto” che esiste fra l’Italia e la Santa Sede, “un’intesa quanto mai importante e significativa nell’attuale situazione mondiale, nella quale il perdurare di conflitti e di tensioni tra popoli rende sempre più necessaria una collaborazione tra tutti coloro che condividono gli stessi ideali di giustizia, di solidarietà e di pace”.In questo scenario fatto di vincoli e ripetuti confronti, Benedetto XVI ha fatto cenno anche al prossimo febbraio, quando la Santa Sede e l’Italia saranno unite dalla commemorazione dell’80.mo dei Patti Lateranensi dal 25.mo della firma di modifica del Concordato. Un rapporto costante e antico, come hanno confermato a più riprese, a nome del governo italiano, sia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, sia poco dopo il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Tale collaborazione, ha osservato il Papa, fa emergere la “distinzione” e “l’autonomia” tra Stato e Chiesa, definite come un “grande progresso dell’umanità” e – per la stessa Chiesa – “una condizione fondamentale per la sua stessa libertà” e per “l’adempimento della sua universale missione di salvezza tra tutti i popoli”. “In pari tempo, però, – ha proseguito – la Chiesa sente come suo compito, seguendo i dettami della propria dottrina sociale (…) di risvegliare nella società le forze morali e spirituali, contribuendo ad aprire le volontà alle autentiche esigenze del bene. Perciò, richiamando il valore che hanno per la vita non solo privata ma anche e soprattutto pubblica alcuni fondamentali principi etici, di fatto la Chiesa contribuisce a garantire e promuovere la dignità della persona e il bene comune della società, ed in questo senso si realizza l’auspicata vera e propria cooperazione tra Stato e Chiesa”.Prima dei discorsi ufficiali, una breve esecuzione musicale di un quartetto d’archi è stata offerta a Benedetto XVI il quale, al suo arrivo all’ambasciata, aveva fatto la sua prima sosta nella restaurata cappella dedicata a San Carlo Borromeo il quale, giovanissimo cardinale e già segretario di Stato, fu omaggiato da suo zio, Papa Pio IV, del dono della residenza costruita sulla Via Flaminia. Proprio la figura del Santo, che legò indissolubilmente la sua opera pastorale all’arcidiocesi di Milano, è stata evocata da Benedetto XVI nella cappella del palazzo. Dalla sua biografia, ha affermato il Papa, “emerge con chiarezza lo zelo con cui espletò il suo ministero episcopale”. Dedizione capace anche di grande carità che gli valse, specie durante gli anni della peste che flagellò Milano, l’appellativo “Angelo degli appestati”.Poco prima di mezzogiorno, Benedetto XVI si è congedato dall’Ambasciata con un augurio di sapore natalizio indirizzato al capo di Stato italiano, Giorgio Napolitano, e – ha soggiunto – “all’intero diletto popolo di questa amata Penisola”. Ma non solo: “Il mio augurio di pace – ha detto – abbraccia poi tutti i Paesi della terra, che siano o meno ufficialmente rappresentati presso la Santa Sede. E’ un augurio di luce e di autentico progresso umano, di prosperità e di concordia, realtà tutte alle quali possiamo aspirare con fiduciosa speranza, perché sono doni che Gesù ha recato nel mondo nascendo a Betlemme”. (Fonte: Radio Vaticana)