Benedetto XVI
Benedetto XVI, viaggio in Brasile: i discorsi
Dal 9 al 14 maggio Benedetto XVI ha visitato il Brasile per l’apertura della Quinta Conferenza dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi (Celam) e per la beatificazione di Frei Galvão (1739-1822). Ecco la traduzione italiana dei discorsi ufficiali pronunciati dal Papa in lingua portoghese.
INTERVISTA SULL’AEREO IN VOLO VERSO IL BRASILE
1. CERIMONIA DI BENVENUTO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI SÃO PAULO-GUARULHOS (9 maggio)
2. SALUTO E BENEDIZIONE DELLA FOLLA DAL BALCONE DEL MONASTERO SÃO BENTO (9 maggio)
3. INCONTRO CON I GIOVANI ALLO STADIO DI PACAEMBU (SAN PAOLO) (10 maggio)
4. OMELIA NELLA MESSA DI CANONIZZAZIONE DEL BEATO FREI GALVAO – SAN PAOLO (11 maggio)
5. OMELIA NELLA CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON I VESCOVI DEL BRASILE NELLA CATTEDRALE DI SAN PAOLO (11 maggio 2007)
6. VISITA ALLA “FAZENDA DA ESPERANçA” DI GUARATINGETA’ (12 maggio)
7. DISCORSO NELL’INCONTRO CON SACERDOTI, RELIGIOSI E SEMINARISTI AL SANTUARIO DELL’APARECIDA (12 maggio)
8. MESSA DI INAUGURAZIONE DELLA V CONFERENZA DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO ALL’APARECIDA (13 maggio)
9. RECITA DEL REGINA COELI(13 maggio)
10. SESSIONE INAUGURALE DELLA V CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEI CARAIBI (13 maggio)
11. CERIMONIA DI CONGEDO ALL’AEROPORTO DI SÃO PAULO-GUARULHOS (13 maggio)
* * *
Papa: Buongiorno, ci troviamo sopra il Sahara e andiamo verso il “continente della speranza”. Io vado con grande gioia, con tante speranze a questo incontro con l’America Latina. Abbiamo diversi momenti significativi: prima a San Paolo, l’incontro con la gioventù; e poi la canonizzazione, sempre a San Paolo, di questo primo santo nato in Brasile, che mi sembra un’espressione importante anche di ciò che questo viaggio vuol significare. Si tratta di un santo francescano, che ha attualizzato in Brasile il carisma francescano ed è conosciuto come un santo di riconciliazione e di pace. Diciamo quindi che questo è un segno importante di una personalità che ha saputo creare pace e così anche coerenza sociale ed umana.
E poi un altro incontro importante, alla Fazenda da Esperança’ (n.d.r. la comunità di recupero per tossicodipendenti che il Papa visiterà sabato mattina), un luogo dove appare la forza di guarigione che sta nella fede e che aiuta ad aprire gli orizzonti della vita. Tutti questi problemi di droga etc. nascono proprio da una mancanza di speranza nel futuro. È la fede che apre il futuro e così anche sa guarire. Mi sembra quindi che questa forza di guarire e di dare speranza, aprendo un orizzonte per il futuro, sia molto importante.
E finalmente, il punto che rappresenta poi la finalità primaria di questo viaggio, l’incontro con i Vescovi che partecipano alla V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. È un incontro che ha di per sé diciamo un contenuto specificamente religioso: dare la vita in Cristo e farsi discepoli di Cristo, sapendo che tutti vogliamo avere la vita, ma la vita non è compiuta se non ha un contenuto dentro di sé, e inoltre una direzione in cui andare. In questo senso risponde alla missione religiosa della Chiesa ed apre anche lo sguardo sulle condizioni necessarie per le soluzioni ai grandi problemi sociali e politici dell’America Latina.
La Chiesa come tale non fa politica – rispettiamo la laicità – ma offre le condizioni nelle quali una sana politica, con la conseguente soluzione dei problemi sociali, può maturare. Quindi vogliamo rendere i cristiani consapevoli del dono della fede, della gioia della fede, grazie alla quale è possibile conoscere Dio e conoscere così anche il perché della nostra vita. I cristiani possono così essere testimoni di Cristo ed imparare sia le virtù personali necessarie, sia anche le grandi virtù sociali: il senso della legalità che è decisivo per la formazione della società. Conosciamo i problemi dell’America Latina, ma vogliamo mobilitare proprio quelle capacità, quelle forze morali che ci sono, le forze religiose, per rispondere così alla specifica missione della Chiesa e alla nostra responsabilità universale per l’uomo come tale e per la società come tale.
Padre Lombardi: io darei, all’inizio, la parola a El Globo, che assicura un po’ la copertura di questo viaggio, anche per la televisione.
Domanda: Santità, la Chiesa può fare qualcosa per la violenza, che in Brasile arriva ad assumere dimensioni inaccettabili?
Papa: Chi ha la fede in Cristo, chi ha la fede in questo Dio che è riconciliazione e che con la Croce ha posto il segno più forte contro la violenza, non è violento ed aiuta gli altri a superare la violenza. Quindi la cosa più grande che possiamo fare è quella di educare alla fede in Cristo, ad imparare il messaggio che fluisce dalla persona di Cristo. Essere realmente un uomo, una donna di fede significa automaticamente resistere alla violenza e questo mobilita le forze contro di essa.
Domanda: Santità, in Brasile c’è una proposta di referendum sul tema dell’aborto; a Città del Messico due settimane fa è stato depenalizzato l’aborto. Cosa può fare la Chiesa per arginare questa tendenza, affinché non si estenda ad altri Paesi Latinoamericani, tenendo presente che in Messico il Papa è stato accusato perfino di ingerenza per avere appoggiato i Vescovi? Ed è d’accordo con la Chiesa messicana che i parlamentari che approvano queste leggi che va contro i valori di Dio devono essere scomunicati?
Papa: C’è questa grande lotta della Chiesa per la vita. Voi sapete che Papa Giovanni Paolo II ne ha fatto un punto fondamentale di tutto il suo pontificato. Ha scritto una grande Enciclica sul Vangelo della vita. Andiamo naturalmente avanti con questo messaggio che la vita è un dono e la vita non è una minaccia. Mi sembra che alla radice di queste legislazioni ci sia da una parte un certo egoismo e dall’altra parte anche un dubbio sul valore della vita, sulla bellezza della vita ed anche un dubbio sul futuro. E la Chiesa risponde soprattutto a questi dubbi: la vita è bella, non è una cosa dubbia, ma è un dono ed anche in condizioni difficili la vita rimane sempre un dono. Quindi ricreare questa coscienza della bellezza del dono della vita. E poi l’altra cosa, il dubbio sul futuro: naturalmente ci sono tante minacce nel mondo, ma la fede ci dà la certezza che Dio è sempre più forte e rimane presente nella storia e quindi possiamo, con fiducia, anche dare la vita a nuovi essere umani. Con la consapevolezza che la fede ci da circa la bellezza della vita e circa la presenza provvida di Dio nel nostro futuro possiamo resistere a queste paure che sono alla radice di queste legislazioni.
Domanda (televisione brasiliana): Santità, noi notiamo che nei suoi discorsi si fa riferimento al relativismo dell’Europa, alla povertà dell’Africa, però manca un po’ l’America Latina forse perché non è una preoccupazione o Lei dedicherà, forse, in futuro qualche parola più specifica?
Papa: No, io amo molto l’America Latina, io ho fatto molte visite in America Latina ed ho tanti amici e so come siano grandi i problemi, e d’altra parte come è grande la ricchezza di questo continente. Vediamo in questo periodo come siano “dominanti” i problemi del Medio Oriente, della Terra Santa, dell’Iraq, etc. C’è dunque, per così dire, una immediata priorità di cui occorre tener conto. E anche le sofferenze dell’Africa sono grandissime, come sappiamo. Ma non meno mi preoccupano i problemi dell’America Latina, perché non amo meno l’America Latina, il grande anzi, il più grande continente cattolico e quindi anche la più grande responsabilità per un Papa. Perciò sono felice che sia finalmente arrivato il momento per me di andare in America Latina, di confermare l’impegno preso da Paolo VI e Giovanni Paolo II e di continuare nella stessa linea. Il Papa desidera naturalmente che, oltre ad essere il continente cattolico, sia anche un continente esemplare, dove si risolvono in modo adeguato i problemi umani, che sono grandi. E si lavora insieme con gli episcopati, i sacerdoti, i religiosi e i laici, affinché questo grande continente cattolico sia anche un continente di vita e realmente di speranza. Questa è per me una priorità di prim’ordine.
Domanda: Santità nel suo discorso di arrivo Lei dice che si tratta di formare cristiani dando indicazioni morali, poi loro decidono liberamente e coscientemente. Lei condivide la scomunica data ai deputati di Città del Messico sulla questione dell’aborto?
Papa:La scomunica non è una cosa arbitraria, ma è prevista dal Codice (n.d.r. codice di diritto canonico). Quindi sta semplicemente nel Diritto Canonico che l’uccisione di un bambino innocente è incompatibile con l’andare alla comunione in cui si riceve il Corpo di Cristo. Non si è quindi inventato qualcosa di nuovo, di sorprendente o di arbitrario. È stato solo ricordato pubblicamente quanto è previsto dal Diritto della Chiesa, da un Diritto che è basato sulla dottrina e sulla fede della Chiesa, sul nostro apprezzamento per la vita e per la individualità umana, sin dal primo momento.
Domanda in tedesco
Papa: Rispondo in italiano: Mi ha chiesto se mi sento sufficientemente appoggiato dai tedeschi e se ho anche un po’ di nostalgia della Germania. Sì, mi sento sufficientemente appoggiato; è normale che in un Paese misto (protestante e cattolico), i battezzati non siano tutti d’accordo con il Papa; questo è del tutto normale. Ma mi sembra che ci sia però un grande appoggio, anche di persone che appartengono alla parte non cattolica della Germania. Quindi, sì l’appoggio c’è e mi aiuta. Amo la mia patria, ma amo anche Roma e adesso sono cittadino del mondo. E così sono a casa dappertutto e sono vicino al mio Paese, come a tutti gli altri.
Domanda: Buongiorno, Santità! Nel suo libro “Gesù di Nazaret” ha parlato di una drammatica crisi della fede. In America Latina non c’è forse questa drammatica crisi della fede, ma un affievolimento sì; la teologia della liberazione è stata sostituita dalla teologia delle sètte protestanti, che promettono paradisi della fede a buon mercato; e la Chiesa cattolica perde fedeli. Come arginare questa emorragia dei fedeli cattolici?
Papa: Questa è la nostra comune preoccupazione. Proprio in questa V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi vogliamo trovare risposte convincenti e si lavora già per questo. Questo successo delle sètte dimostra, da una parte, che c’è una diffusa sete di Dio, una sete di religione, le persone vogliono essere vicine a Dio e cercano un contatto con Lui. E naturalmente, dall’altra, accettano anche chi si presenta e promette soluzioni ai loro problemi di vita quotidiana. Noi, come Chiesa cattolica, dobbiamo mettere in atto proprio quello che è lo scopo della V Conferenza – essere cioè più missionari e, quindi, più dinamici nell’offrire risposte alla sete di Dio, essere consapevoli che la gente, e anche proprio i poveri, vogliono avere Dio vicino. Siamo consapevoli che, insieme a questa risposta alla sete di Dio, dobbiamo aiutarli a trovare le condizioni di vita giuste sia a livello micro-economico, nelle situazioni concretissime come fanno le sette, sia a livello macro-economico, pensando anche a tutte le esigenze della giustizia.
Domanda: A proposito della domanda del collega. Ci sono ancora molti esponenti della teologia della liberazione in diversi luoghi del Brasile. Quale il messaggio specifico per questi esponenti della teologia della liberazione?
Papa: Direi che con il cambiare della situazione politica è anche profondamente cambiata la situazione della Teologia della liberazione e adesso è evidente che questi facili millenarismi, che promettevano nell’immediato, come conseguenza della rivoluzione, le condizioni complete di una vita giusta, erano sbagliate. Questo lo sanno oggi tutti. Adesso la questione è come la Chiesa debba essere presente nella lotta per le riforme necessarie, nella lotta per condizioni più giuste di vita. Su questo si dividono i teologi, in particolare gli esponenti della teologia politica. Noi, con la Istruzione data a suo tempo dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, abbiamo cercato di fare un lavoro di discernimento, abbiamo cercato cioè di liberarci da falsi millenarismi, di liberarci anche da una mescolanza sbagliata di Chiesa e politica, di fede e politica; e di mostrare la parte specifica della missione della Chiesa, che è proprio quella di rispondere alla sete di Dio e quindi anche di educare alle virtù personali e sociali, che sono condizione necessaria per far maturare il senso della legalità. E, dall’altra parte, abbiamo cercato di indicare le linee guida per una politica giusta, una politica che non facciamo noi, ma per la quale dobbiamo noi indicare le grandi linee e i grandi valori determinanti e creare diciamo le condizioni umane, sociali e psicologiche nelle quali tali valori possano crescere. C’è, quindi, lo spazio per un dibattito difficile, ma legittimo, su come arrivare a questo e su come nel miglior modo rendere efficace la Dottrina sociale della Chiesa. In questo senso anche alcuni teologi della liberazione cercano di avanzare dentro questa strada; altri prendono altre posizioni. In ogni caso il senso dell’intervento del magistero non è stato quello di distruggere l’impegno per la giustizia, ma di guidarlo sulle strade giuste ed anche nel rispetto della giusta differenza tra responsabilità politica e responsabilità ecclesiale.
Domanda: Sappiamo che Lei è stato due volte in Colombia, quando era Cardinale e sappiamo che è rimasta molto presente nel suo cuore la Colombia. Vorremmo sapere che cosa può fare la Chiesa, affinché noi possiamo andare avanti soprattutto in questa situazione di conflitto interno colombiano?
Papa: Naturalmente io non sono un oracolo, che ha automaticamente tutte le risposte giuste. Sappiamo che i Vescovi si impegnano fortemente per trovare queste risposte. Io posso solo confermare la linea fondamentale dei Vescovi e cioè una forte indicazione a porre l’accento sulla fede, che è la più sicura garanzia contro il crescere della violenza e, al tempo stesso, un deciso impegno per l’educazione di una coscienza che esca da situazioni incompatibili con la fede. Naturalmente ci sono in gioco condizioni diciamo – economiche, dove piccoli contadini vivono di un certo mercato che poi consente i grandi guadagni altrove. Risolvere subito, da un momento all’altro, questi diversi intrecci economici, politici, ideologici non si può, ma occorre andare avanti con grande decisione, nella adesione sincera ad una fede che implica rispetto della legalità e insieme amore e responsabilità per l’altro. Mi sembra che l’educazione nella fede sia l’umanizzazione più sicura anche per risolvere poi, man mano, questi problemi molto concreti.
Domanda: Santità, arriviamo nel continente del Vescovo Oscar Romero. Si è molto parlato del suo processo di santificazione. Ci vuol dire Santità gentilmente a che punto siamo, se sta per essere santificato e come Lei vede questa figura?
Papa: Dopo le ultime informazioni sul lavoro della Congregazione competente, ci sono tanti casi in corso, so che vanno avanti. Sua Eccellenza Mons. Paglia mi ha inviato una biografia importante, che chiarisce molti punti della questione. Mons. Romero è stato certamente un grande testimone della fede, un uomo di grande virtù cristiana, che si è impegnato per la pace e contro la dittatura e che è stato ucciso durante la celebrazione della Messa. Quindi una morte veramente “credibile”, di testimonianza della fede. C’era il problema che una parte politica voleva prenderlo per sé come bandiera, come figura emblematica, ingiustamente. Come mettere in luce nel modo giusto la sua figura, riparandola da questi tentativi di strumentalizzazione? Questo è il problema. Lo si sta esaminando ed io aspetto con fiducia quanto dirà al riguardo la Congregazione delle Cause dei Santi.
Domanda: Come vede la questione dell’impatto che i regimi politici della sinistra in America Latina hanno nel progetto della Chiesa per il continente e quanto la cultura brasiliana ha fatto parte della sua formazione personale?
Papa: Allora: su questi aspetti dell’azione politica della sinistra adesso non posso parlare, non sono sufficientemente informato. Oltretutto, com’è ovvio, non vorrei entrare in questioni attinenti direttamente la politica. Quanto alla mia formazione – diciamo al mio personale impegno per il Brasile, si deve tener presente che si tratta del più grande paese dell’America Latina, un paese che va dall’Amazzonia fino all’Argentina. Il Brasile ha in sé diverse culture indigene. Mi è stato detto che ci sono più di 80 lingue. D’altra parte, vi è anche il grande passato in cui si registra la presenza di afro-americani e di afro-brasiliani. Interessante è come si è formato questo popolo e come si è sviluppata in esso la fede cattolica: la fede si è difesa in tutti i tempi e con tante difficoltà. Sappiamo che nell’800 la Chiesa era perseguitata da forze neo-liberali. Quindi nella mia formazione, un aspetto importante è stato il seguire questi popoli cattolici dell’America Latina nel loro sviluppo. Non sono uno specialista, ma sono convinto che qui si decide almeno in parte ed è una parte fondamentale il futuro della Chiesa cattolica: questo per me è stato sempre evidente. Ovviamente, sento il bisogno di approfondire ancora di più la mia conoscenza di questo mondo.
Domanda: I portoghesi seguono e pregano per questo viaggio che coincide con il 13 maggio. Lei sarà ad Aparecida. Questa data è molto importante per noi, perché si compiono i 90 anni delle apparizioni a Fatima. Quindi, vuole dirci qualcosa riguardo a questa coincidenza per il popolo portoghese?
Papa: Per me è realmente un dono della Provvidenza che la mia Messa in Aparecida, il grande Santuario mariano del Brasile, coincida con i 90 anni dell’apparizione della Madonna a Fatima. Così vediamo che la stessa Madre di Dio, Madre della Chiesa, Madre nostra, è presente in diversi continenti e, nei diversi continenti, si dimostra Madre sempre nello stesso modo, rivelando una speciale vicinanza nei confronti di ogni popolo. Questo per me è molto bello. È sempre la Madre di Dio, è sempre Maria, tuttavia è per così dire “inculturata”: ha la sua faccia, il suo volto specifico, in Guadalupe, ad Aparecida, a Fatima, a Loudes, in tutti i Paesi della terra. Quindi, proprio così si mostra Madre: nell’essere vicina a tutti. In questo modo tutti si avvicinano tra di loro tramite quest’amore alla Madonna. Questo collegamento che la Madonna crea tra i continenti, tra le culture, essendo vicina ad ogni specifica cultura e nello stesso tempo unificandole tutte tra loro, proprio questo mi sembra importante: l’insieme di specificità delle culture – che hanno la loro ricchezza propria – e l’unità nella comunione della stessa famiglia di Dio.
Domanda: Domanda in portoghese (in Brasile c’è chi non vuole ascoltare il messaggio della Chiesa)
Papa: Questa non è una specificità del Brasile. In ogni parte della terra sono moltissimi coloro che non vogliono ascoltare quanto dice la Chiesa. Speriamo che almeno sentano; poi possono anche dissentire, ma è importante che almeno sentano per poter rispondere. Cerchiamo di convincere anche quelli che dissentono e non vogliono sentire. Non possiamo peraltro dimenticare che anche nostro Signore non è riuscito a farsi ascoltare da tutti. Non ci aspettiamo di convincere tutti in un momento. Ma io cerco, con l’aiuto dei miei collaboratori, di parlare al Brasile in questo momento, nella speranza che moltissimi vogliano sentire e che moltissimi anche possano convincersi che questa è la strada da prendere, una strada peraltro che sempre è aperta anche a molte opzioni e opinioni diverse.
All’arrivo all’aeroporto internazionale di São Paulo-Guarulhos alle 16.30 (21.30, ora italiana) del 9 maggio, Benedetto XVI è stato accolto dal Presidente Luiz Inácio Lula da Silva, da numerose Autorità politiche e civili, dall’arcivescovo di São Paulo mons. Odilo Pedro Scherer con i vescovi ausiliari, dal Presidente del Consiglio episcopale Latinoamericano (CELAM), Presidente della V Conferenza generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, e arcivescovo di Santiago del Cile, card. Javier Errázuriz Ossa, con il Segretario generale del CELAM e della V Conferenza generale, mons. Andrés Stanovnik, O.F.M. Cap., vescovo di Reconquista (Argentina), dal Presidente della V Conferenza generale e arcivescovo di São Salvador da Bahia, card. Geraldo Majella Agnelo, e dal vescovo di Guarulhos, mons. Luiz Gonzaga Bergonzini. Dopo il saluto del Presidente del Brasile il Papa ha pronunciatoin portoghese questo discorso che riportiamo nella traduzione italiana:
1. È per me motivo di particolare soddisfazione iniziare la mia Visita Pastorale in Brasile e presentare a Vostra Eccellenza, nella sua funzione di Capo e supremo rappresentante della grande Nazione brasiliana, i miei ringraziamenti per l’amabile accoglienza che mi è stata riservata. Un grazie che estendo, con molto piacere, ai membri del Governo che accompagnano Vostra Eccellenza, alle personalità civili e militari qui riunite e alle autorità dello Stato di San Paolo. Nelle parole di benvenuto a me rivolte, sento echeggiare, Signor Presidente, i sentimenti di affetto e di amore di tutto il popolo brasiliano verso il Successore dell’Apostolo Pietro.
Saluto fraternamente nel Signore i miei amati Fratelli nell’Episcopato, che sono venuti qui a ricevermi a nome della Chiesa che è in Brasile. Saluto anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi ed i laici impegnati nell’opera di evangelizzazione della Chiesa e nella testimonianza di una vita autenticamente cristiana. Infine, rivolgo il mio saluto affettuoso a tutti i brasiliani senza distinzione, uomini e donne, famiglie, anziani, infermi, giovani e bambini. A tutti dico di cuore: Molte grazie per la vostra generosa ospitalità!
2. Il Brasile occupa un posto molto speciale nel cuore del Papa non solo perché è nato cristiano e possiede oggi il numero più elevato di cattolici, ma principalmente perché é una Nazione ricca di potenzialità con una presenza ecclesiale che è motivo di gioia e speranza per tutta la Chiesa. La mia visita, Signor Presidente, ha un obiettivo che va oltre le frontiere nazionali: vengo a presiedere, in Aparecida, la sezione di apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. Per provvidenziale manifestazione della bontà del Creatore, questo Paese dovrà servire di culla per le proposte ecclesiali che, se Dio vorrà, potranno dare un rinnovato vigore e slancio missionario a questo Continente.
3. In quest’area geografica i cattolici sono la maggioranza: questo significa che devono contribuire in maniera particolare al servizio del bene comune della Nazione. La solidarietà sarà, senza dubbio, una parola piena di contenuto quando le forze vive della società, ognuna nel proprio ambito, si impegneranno seriamente a costruire un futuro di pace e di speranza per tutti.
La Chiesa Cattolica – come ho messo in risalto nell’Enciclica Deus caritas est “trasformata dalla forza dello Spirito Santo è chiamata ad essere, nel mondo, testimone dell’amore del Padre, che vuol fare dell’umanità un’unica famiglia, nel suo Figlio” (cfr n. 19). Da qui il suo profondo impegno nella missione evangelizzatrice, al servizio della causa della pace e della giustizia. La decisione, quindi, di realizzare una Conferenza essenzialmente missionaria riflette bene la preoccupazione dell’Episcopato, così come la mia, di cercare cammini appropriati per far sì che, in Gesù Cristo, i “nostri popoli abbiano la vita”, come ricorda il tema della Conferenza. Con questi sentimenti, desidero guardare oltre le frontiere di questo Paese e salutare tutti i popoli dell’America Latina e dei Caraibi augurando, con le parole dell’Apostolo, “che la pace sia con tutti voi che siete in Cristo” (1 Pt 5, 14).
4. Signor Presidente, sono grato alla Divina Provvidenza che mi concede la grazia di visitare il Brasile, una Nazione di grande tradizione cattolica. Ho già avuto l’occasione di ricordare il motivo principale del mio viaggio, che ha una portata latinoamericana ed un carattere fondamentalmente religioso.
Mi sento molto felice di poter trascorrere alcuni giorni con i brasiliani. So che l’anima di questo Popolo, così come di tutta l’America Latina, custodisce valori radicalmente cristiani che mai saranno cancellati. E ho la certezza che in Aparecida, durante la Conferenza Generale dell’Episcopato, questa identità sarà rinforzata, promuovendo il rispetto della vita, dal momento del suo concepimento fino al suo declino naturale, come esigenza propria della natura umana; farà anche della promozione della persona umana l’asse della solidarietà, soprattutto con i poveri e gli abbandonati.
La Chiesa vuole soltanto indicare i valori morali di ogni situazione e formare i cittadini perché possano decidere coscientemente e liberamente; in questo senso, non mancherà di insistere sull’impegno che dovrà essere preso per assicurare il consolidamento della famiglia, come cellula base della società; della gioventù, la cui formazione costituisce un fattore decisivo per il futuro di una Nazione e, infine, ma non da ultimo, difendendo e promuovendo i valori soggiacenti in tutti gli strati sociali, soprattutto nelle popolazioni indigene.
5. Con questi auspici, rinnovando i miei ringraziamenti per la calorosa accoglienza di cui, come Successore di Pietro, sono oggetto, invoco la protezione materna di Nossa Senhora da Conceição Aparecida, ricordata anche come Nuestra Señora de Guadalupe, Protettrice delle Americhe, perché protegga ed ispiri i governanti nel difficile compito di essere promotori del bene comune, rafforzando i vincoli di fraternità cristiana per il bene di tutti gli abitanti. Dio benedica l’America Latina! Dio benedica il Brasile! Molte grazie.
Cari amici!
Questa calorosa accoglienza commuove il Papa! Grazie per aver voluto aspettarmi.
Questi giorni, per voi tutti e per la Chiesa, saranno pieni di emozioni e di gioia.
È una Chiesa in festa! Da tutti gli angoli del mondo stanno pregando per i frutti di questo Viaggio, il primo Viaggio Pastorale in Brasile e in America Latina che la Provvidenza mi concede di realizzare come Successore di Pietro!
La Canonizzazione di Fra Galvão e l’inaugurazione della Quinta Conferenza dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi saranno pietre miliari nella storia della Chiesa. Conto su di voi e sulle vostre preghiere! Molte grazie.
3. INCONTRO CON I GIOVANI ALLO STADIO DI PACAEMBU (SAN PAOLO)
Nella serata di giovedì 10 maggio Benedetto XVI ha incontrato i giovani allo Stadio municipale “Paulo Machado de Carvalho” di Pacaembu, a San Paolo (Brasile). Ecco la traduzione italiana del discorso pronunciato in portoghese dal Papa.
1. Ho voluto ardentemente incontrarmi con voi in questo mio primo viaggio in America Latina. Sono venuto ad aprire la V Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano che, per mio desiderio, si svolgerà ad Aparecida, qui in Brasile, nel Santuario di Nostra Signora. Ella ci conduce ai piedi di Gesù, perché impariamo le sue lezioni sul Regno e ci stimola ad essere suoi missionari, affinché i popoli di questo «Continente della speranza» abbiano in Lui vita piena.
I vostri Vescovi del Brasile, nella loro Assemblea Generale dell’anno scorso, hanno riflettuto sul tema dell’evangelizzazione della gioventù e hanno messo nelle vostre mani un documento. Hanno chiesto che fosse accolto e perfezionato da voi lungo tutto l’anno. In questa ultima Assemblea hanno ripreso il tema, arricchito con la vostra collaborazione, e desiderano che le riflessioni fatte e gli orientamenti proposti servano come incentivo e faro per il vostro cammino. Le parole dell’Arcivescovo di San Paolo e dell’incaricato della Pastorale della Gioventù, che ringrazio, confermano lo spirito che muove il cuore di tutti voi.
Ieri sera, sorvolando il territorio brasiliano, già pensavo a questo nostro incontro nello Stadio di Pacaembu, con il desiderio di stringere in un grande abbraccio molto brasiliano tutti voi, e manifestare i sentimenti che porto nell’intimo del cuore e che, molto a proposito, il Vangelo di oggi ci ha voluto indicare.
Ho sempre sperimentato una gioia molto speciale in questi incontri. Ricordo particolarmente la XX Giornata Mondiale della Gioventù, che ho avuto l’occasione di presiedere due anni fa in Germania. Anche alcuni di voi qui presenti sono stati là! È un ricordo emozionante, per i frutti abbondanti di grazia concessi dal Signore. E non rimane alcun dubbio che il primo frutto, tra tanti, che ho potuto verificare è stato quello della fraternità esemplare tra tutti, come dimostrazione evidente della perenne vitalità della Chiesa per tutto il mondo.
2. Per cui, cari amici, sono certo che oggi si rinnoveranno le stesse impressioni di quel mio incontro in Germania. Nel 1991 il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria, diceva, nella sua visita nel Mato Grosso, che i «giovani sono i primi protagonisti del terzo millennio […] sono loro che tracceranno il destino di questa nuova tappa dell’umanità» (Discorso, 16/10/1991). Oggi, mi sento spinto a fare con voi la stessa osservazione.
Il Signore apprezza, senza dubbio, la vostra vita cristiana nelle numerose comunità parrocchiali e nelle piccole comunità ecclesiali, nelle Università, nei Collegi e nelle Scuole e, soprattutto, nelle strade e negli ambienti di lavoro delle città e della campagna. Ma bisogna andare avanti. Non possiamo mai dire basta, perché la carità di Dio è infinita e il Signore ci chiede, o meglio, esige che dilatiamo i nostri cuori, affinché in essi ci sia sempre più amore, bontà, comprensione per i nostri simili e per i problemi che coinvolgono non solo la convivenza umana, ma anche l’effettiva preservazione e la custodia dell’ambiente naturale, di cui tutti facciamo parte. «I nostri boschi hanno più vita»: non lasciate che si spenga questa fiamma di speranza che il vostro Inno Nazionale pone sulle vostre labbra. La devastazione ambientale dell’Amazzonia e le minacce alla dignità umana delle sue popolazioni esigono un maggior impegno nei più diversi ambiti di azione che la società vien sollecitando.
3. Oggi desidero riflettere con voi sul testo di San Matteo (cfr 19, 16-22), che abbiamo appena ascoltato. Parla di un giovane, il quale corse incontro a Gesù. Merita di essere sottolineata la sua impazienza. In questo giovane vedo tutti voi, giovani del Brasile e dell’America Latina. Siete accorsi dalle varie regioni di questo Continente per il nostro incontro. Volete ascoltare, dalla voce del Papa, le parole di Gesù stesso.
Avete una domanda cruciale, riferita nel Vangelo, da sottoporgli. È la stessa del giovane che corse incontro a Gesù: Cosa fare per raggiungere la vita eterna? Vorrei approfondire con voi questa domanda. Si tratta della vita. La vita che, in voi, è esuberante e bella. Cosa fare di essa? Come viverla pienamente?
Comprendiamo immediatamente, nella formulazione della domanda stessa, che non è sufficiente il “qui” e l'”adesso”; detto altrimenti, noi non riusciamo a ridurre la nostra vita entro lo spazio e il tempo, per quanto pretendiamo allargare i suoi orizzonti. La vita li trascende. Con altre parole: noi vogliamo vivere e non morire. Sentiamo che qualcosa ci rivela che la vita è eterna e che è necessario impegnarsi perchè ciò avvenga. Insomma, essa è nelle nostre mani e dipende, in certo qual modo, dalla nostra decisione.
La domanda del Vangelo non riguarda soltanto il futuro. Non riguarda solo la questione del che cosa accadrà dopo la morte. Al contrario, esiste un impegno con il presente, qui e adesso, che deve garantire autenticità e di conseguenza il futuro. In sintesi, la domanda pone in questione il senso della vita. Perciò può essere formulata così: cosa devo fare affinché la mia vita abbia senso? Cioè: come devo vivere per cogliere pienamente i frutti della vita? O ancora: che cosa devo fare perché la mia vita non trascorra inutilmente? Gesù è l’unico che ci può dare una risposta, perchè è l’unico che ci può garantire la vita eterna. Perciò è anche l’unico che riesce a mostrare il senso della vita presente e a conferirle un contenuto di pienezza.
4. Ma prima di dare la sua risposta, Gesù pone in questione la domanda del giovane sotto un aspetto molto importante: perchè mi interroghi su ciò che è buono? In questa domanda si trova la chiave della risposta. Quel giovane percepisce che Gesù è buono e che è maestro. Un maestro che non inganna. Noi siamo qui perché abbiamo questa stessa convinzione: Gesù è buono. Può essere che non sappiamo spiegare appieno la ragione di questa percezione, ma è certo che essa ci avvicina a Lui e ci apre al suo insegnamento: un maestro buono. Chi riconosce il bene vuol dire che ama. E chi ama, nella felice espressione di San Giovanni, conosce Dio (cfr 1 Gv 4, 7). Il giovane del Vangelo ha avuto una percezione di Dio in Gesù Cristo.
Non basta, però, conoscerli. La testimonianza è più valida della scienza, ovvero, è la scienza stessa applicata. Non vengono imposti dal di fuori, non diminuiscono la nostra libertà. Al contrario: costituiscono vigorosi stimoli interni, che ci portano ad agire in una certa direzione. Alla loro base si trovano la grazia e la natura, che non ci lasciano fermi. Dobbiamo camminare. Siamo stimolati a fare qualcosa per realizzarci. Realizzarsi per mezzo dell’azione, in realtà, è rendersi reali. Noi siamo, in gran parte, a partir dalla nostra giovinezza, ciò che noi vogliamo essere. Siamo, per così dire, opera delle nostre mani.
5. A questo punto mi rivolgo di nuovo a voi, giovani, poiché voglio sentire anche da voi la risposta del giovane del Vangelo: tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza. Il giovane del Vangelo era buono. Osservava i comandamenti. Camminava sulla via di Dio. Perciò, Gesù fissatolo, lo amò. Riconoscendo che Gesù era buono, diede prova che anche lui era buono. Aveva un’esperienza della bontà e, pertanto, di Dio. E voi, giovani del Brasile e dell’America Latina, avete già scoperto che cosa è buono? Seguite i comandamenti del Signore? Avete scoperto che questa è la vera e unica strada verso la felicità?
Gli anni che state vivendo sono gli anni che preparano il vostro futuro. Il «domani» dipende molto dal come state vivendo l’«oggi» della giovinezza. Davanti ai vostri occhi, miei carissimi giovani, avete una vita che desideriamo sia lunga; essa però è una sola, è unica: non permettete che passi invano, non la sperperate. Vivete con entusiasmo, con gioia, ma soprattutto con senso di responsabilità.
Molte volte sentiamo trepidare i nostri cuori di pastori, mentre constatiamo la situazione del nostro tempo. Sentiamo parlare delle paure della gioventù di oggi. Esse ci svelano un enorme deficit di speranza: paura di morire, nel momento in cui la vita sta sbocciando e cerca di trovare la propria via di realizzazione; paura di fallire, per non aver scoperto il senso della vita; e paura di rimanere staccato, di fronte alla sconcertante rapidità degli eventi e delle comunicazioni. Registriamo l’alta percentuale di morti tra i giovani, la minaccia della violenza, la deplorevole proliferazione delle droghe che scuote fino alla radice più profonda la gioventù di oggi. Si parla per questo, in conseguenza, di una gioventù sbandata.
Ma mentre guardo a voi, giovani qui presenti, che irradiate gioia e entusiasmo, assumo lo sguardo di Gesù: uno sguardo di amore e fiducia, nella certezza che voi avete trovato la via vera. Voi siete i giovani della Chiesa. Vi invio perciò verso la grande missione di evangelizzare i ragazzi e le ragazze che vanno errando in questo mondo, come pecore senza pastore. Siate gli apostoli dei giovani. Invitateli a camminare con voi, a fare la vostra stessa esperienza di fede, di speranza e di amore; a incontrare Gesù per sentirsi realmente amati, accolti, con la piena possibilità di realizzarsi. Che anche loro scoprano le vie sicure dei Comandamenti e, percorrendole, arrivino a Dio.
Potete essere protagonisti di una società nuova, se cercherete di mettere in pratica una condotta concreta ispirata ai valori morali universali, ma anche un impegno personale di formazione umana e spirituale di importanza vitale. Un uomo o una donna non preparati alle sfide reali poste da un’interpretazione corretta della vita cristiana del proprio ambiente saranno facile preda di tutti gli assalti del materialismo e del laicismo, sempre più attivi a tutti i livelli.
Siate uomini e donne liberi e responsabili; fate della famiglia un centro irradiante pace e gioia; siate promotori della vita, dall’inizio fino al suo declino naturale; tutelate gli anziani, poiché essi meritano rispetto e ammirazione per il bene che vi hanno fatto. Il Papa s’aspetta anche che i giovani cerchino di santificare il loro lavoro, compiendolo con competenza tecnica e con diligenza, per contribuire al progresso di tutti i loro fratelli e per illuminare con la luce del Verbo tutte le attività umane (cfr Lumen gentium, 36). Ma, soprattutto, il Papa si augura che essi sappiano essere protagonisti di una società più giusta e più fraterna, adempiendo i doveri nei confronti dello Stato: rispettando le sue leggi; non lasciandosi trasportare dall’odio e dalla violenza; cercando di essere esempio di condotta cristiana nell’ambiente professionale e sociale, distinguendosi per l’onestà nei rapporti sociali e professionali.
Si ricordino che la smisurata ambizione di ricchezza e di potere porta alla corruzione personale e altrui; non vi sono motivi validi che giustifichino il tentativo di far prevalere le proprie aspirazioni umane, sia economiche che politiche, mediante la frode e l’inganno. Esiste, in ultima analisi, un immenso panorama di azione nel quale le questioni di ordine sociale, economico e politico acquisiscono un rilievo particolare, sempre che la loro fonte d’ispirazione siano il Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa. La costruzione di una società più giusta e solidale, riconciliata e pacifica; l’impegno a frenare la violenza; le iniziative di promozione della vita piena, dell’ordine democratico e del bene comune e, specialmente, quelle che mirano ad eliminare certe discriminazioni esistenti nelle società latinoamericane e non sono motivo di esclusione, bensì di arricchimento reciproco.
Abbiate soprattutto grande rispetto per l’istituzione del Sacramento del Matrimonio. Non potrà aversi vera felicità nei focolari se, al tempo stesso, non ci sarà fedeltà tra i coniugi. Il matrimonio è un’istituzione di diritto naturale, che è stata elevata da Cristo alla dignità di Sacramento; è un grande dono che Dio ha fatto all’umanità. Rispettatelo, veneratelo. Al tempo stesso, Dio vi chiama a rispettarvi gli uni gli altri anche nell’innamoramento e nel fidanzamento, poiché la vita coniugale, che per disposizione divina è riservata alle coppie sposate, sarà fonte di felicità e di pace solo nella misura in cui saprete fare della castità, dentro e fuori del matrimonio, un baluardo delle vostre speranze future. Ripeto qui a tutti voi che «l’eros vuole sollevarci […] verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni» (Lettera Enciclica Deus caritas est [25/12/2005], n. 5). In poche parole, richiede uno spirito di sacrificio e di rinuncia per un bene maggiore, che è precisamente l’amore di Dio su tutte le cose. Cercate di resistere con fortezza alle insidie del male esistente in molti ambienti, che vi spinge ad una vita dissoluta, paradossalmente vuota, facendovi smarrire il dono prezioso della vostra libertà e della vostra vera felicità. Il vero amore «cercherà sempre di più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà “esserci per” l’altro» (Ibid., n. 7) e, perciò, sarà sempre più fedele, indissolubile e fecondo.
Contate per questo sull’aiuto di Gesù Cristo che, con la sua grazia, renderà questo possibile (cfr Mt 19, 26). La vita di fede e di preghiera vi condurrà per le vie dell’intimità con Dio e della comprensione della grandezza dei piani che Lui ha per ogni persona. «Per il regno dei cieli» (Ibid., v. 12), alcuni sono chiamati ad una donazione totale e definitiva, per consacrarsi a Dio nella vita religiosa, «insigne dono della grazia», come è stato dichiarato dal Concilio Vaticano II (cfr Decr. Perfectae caritatis, 12). I consacrati che si donano totalmente a Dio, sotto la mozione dello Spirito Santo, partecipano alla missione della Chiesa, testimoniando la speranza nel Regno celeste tra tutti gli uomini. Perciò, benedico e invoco la protezione divina su tutti i religiosi che all’interno della vigna del Signore si dedicano a Cristo ed ai fratelli. Le persone consacrate meritano veramente la gratitudine della comunità ecclesiale: monaci e monache, contemplativi e contemplative, religiosi e religiose dedicati alle opere di apostolato, membri degli Istituti secolari e delle Società di vita apostolica, eremiti e vergini consacrate. «La loro esistenza rende testimonianza di amore a Cristo quando s’incamminano alla sua sequela come viene proposta nel Vangelo e, con intima gioia, assumono lo stesso stile di vita che Egli scelse per Sé» (Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruz. Ripartire da Cristo, n. 5). Auguro che in questo momento di grazia e di profonda comunione in Cristo, lo Spirito Santo risvegli nel cuore di tanti giovani un amore appassionato, nel seguire e imitare Gesù Cristo casto, povero e ubbidiente, totalmente rivolto alla gloria del Padre e all’amore dei fratelli e delle sorelle.
6. Il Vangelo ci assicura che quel giovane che corse incontro a Gesù era molto ricco. Intendiamo questa ricchezza non soltanto sul piano materiale. La stessa giovinezza è una ricchezza singolare. Bisogna scoprirla e valorizzarla. Gesù l’ha talmente apprezzata che finì per invitare quel giovane a partecipare alla sua missione di salvezza. Egli aveva in sé tutte le condizioni per una grande realizzazione ed una grande opera. Ma il Vangelo ci riferisce che questo giovane, udito l’invito, si rattristò. Se ne andò abbattuto e triste. Questo episodio ci fa riflettere ancora una volta sulla ricchezza della gioventù. Non si tratta, in primo luogo, di beni materiali, bensì della propria vita, con i valori inerenti alla giovinezza. Proviene da una duplice eredità: la vita, trasmessa di generazione in generazione, nella cui origine primaria si trova Dio, pieno di sapienza e di amore; e l’educazione che ci inserisce nella cultura, a un punto tale da poter quasi dire che siamo più figli della cultura e, pertanto, della fede, che non della natura. Dalla vita germoglia la libertà che, soprattutto in questa fase, si manifesta come responsabilità. E il grande momento della decisione, in una duplice opzione: la prima, riguardo allo stato di vita, e la seconda riguardo alla professione. Risponde alla domanda: cosa fare della propria vita?
In altre parole, la gioventù si presenta come una ricchezza perché conduce alla riscoperta della vita come dono e come compito. Il giovane del Vangelo comprese la ricchezza della propria giovinezza. Andò da Gesù, il Maestro buono, per cercare un orientamento. Nell’ora della grande opzione, tuttavia, non ebbe il coraggio di scommettere tutto su Gesù Cristo. Di conseguenza, se ne andò triste e abbattuto. È ciò che succede ogni volta che le nostre decisioni vacillano e diventano meschine e interessate. Capì che gli mancava la generosità, e ciò non gli permise una realizzazione piena. Si ripiegò sulla sua ricchezza, facendola diventare egoista.
A Gesù dispiacque la tristezza e la meschinità del giovane che era venuto a cercarlo. Gli Apostoli, così come tutti e tutte voi oggi, riempirono il vuoto lasciato da quel giovane che se ne era andato triste e abbattuto. Loro e noi siamo felici, perché sappiamo a chi crediamo (cfr 2 Tm 1, 12). Sappiamo e testimoniamo con la nostra vita che soltanto Lui ha parole di vita eterna (cfr Gv 6, 68). Perciò, con San Paolo possiamo esclamare: Rallegratevi sempre nel Signore! (cfr Fil 4, 4).
7. Il mio appello odierno a voi, giovani che siete venuti a questo incontro, è di non sperperare la vostra gioventù. Non cercate di fuggire da essa. Vivetela intensamente. Consacratela agli alti ideali della fede e della solidarietà umana. Voi, giovani, non siete soltanto il futuro della Chiesa e dell’umanità, quasi si trattasse di una specie di fuga dal presente. Al contrario: voi siete il presente giovane della Chiesa e dell’umanità. Siete il suo volto giovane. La Chiesa ha bisogno di voi, come giovani, per manifestare al mondo il volto di Gesù Cristo, che si delinea nella comunità cristiana. Senza questo volto giovane, la Chiesa si presenterebbe sfigurata.
Carissimi giovani, fra poco inaugurerò la Quinta Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano. Vi chiedo di seguire con attenzione i suoi lavori; di partecipare ai suoi dibattiti; di accogliere i suoi frutti. Come è accaduto in occasione delle precedenti Conferenze, anche la presente segnerà in modo significativo i prossimi dieci anni di evangelizzazione in America Latina e nei Caraibi. Nessuno deve restare ai margini o rimanere indifferente davanti a questo sforzo della Chiesa, e ancor. meno i giovani. Voi fate a pieno titolo parte della Chiesa, la quale rappresenta il volto di Gesù Cristo per l’America Latina ed i Carabi.
Saluto i francofoni che vivono nel Continente latinoamericano, e li invito a essere testimoni del Vangelo e protagonisti della vita ecclesiale. La mia preghiera raggiunge in modo del tutto particolare voi giovani: voi siete chiamati a costruire la vostra vita su Cristo e sui valori umani fondamentali. Tutti si sentano invitati a collaborare per edificare un mondo di giustizia e di pace. Carissimi giovani amici, come il giovane del Vangelo che domandò a Gesù: «Che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?», tutti voi state cercando le vie per rispondere generosamente alla chiamata di Dio. Prego perché ascoltiate le sue parole salvifiche e perché diventiate suoi testimoni per le popolazioni contemporanee. Dio effonda su tutti voi le sue benedizioni di pace e di gioia.
Carissimi giovani, Cristo vi chiama a essere santi. Lui stesso vi invita e vuole camminare con voi, per animare con il suo Spirito i passi del Brasile in questo inizio del terzo millennio dell’era cristiana. Chiedo alla Senhora Aparecida che vi guidi con il suo aiuto materno e vi accompagni lungo la vita.
Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!
Nella mattina di venerdì 11 maggio Benedetto XVI ha presieduto al “Campo de Marte”, a San Paulo, la Messa e il Rito di Canonizzazione del Beato fra Antônio de Sant’Ana Galvão, O.F.M., presbitero, fondatore del Monastero delle Concezioniste “Recolhimento da Luz” (1739-1822), primo Santo nativo del Brasile. Ecco la traduzione italiana dell’omelia, pronunciata dal Papa in portoghese.
1. Rallegriamoci nel Signore, in questo giorno in cui contempliamo un’altra meraviglia di Dio che, per la sua ammirevole provvidenza, ci permette di gustare un vestigio della sua presenza in questo atto di donazione d’Amore costituito dal Santo Sacrificio dell’Altare. Sì, non possiamo non lodare il nostro Dio. Lodiamolo tutti quanti, popoli del Brasile e dell’America, cantiamo al Signore le sue meraviglie, perché grandi cose ha fatto per noi. Oggi, la Divina Sapienza ci consente di incontrarci intorno al suo altare, in atteggiamento di lode e di ringraziamento per averci concesso la grazia della Canonizzazione di Fra Antonio di Sant’Anna Galvão.
Voglio ringraziare per le affettuose parole dell’Arcivescovo di San Paolo, Mons. Odilo Scherer, che s’è fatto voce di voi tutti e del suo predecessore, Mons. Claudio Hummes, che in modo tanto meticoloso si è impegnato nella Causa di Fra Galvão. Ringrazio per la presenza di ognuno e di ognuna di voi, sia degli abitanti di questa grande città sia di coloro che sono venuti da altre città e nazioni. Mi rallegro perché, attraverso i mezzi di comunicazione, le mie parole e le espressioni del mio affetto possono entrare in ogni casa e in ogni cuore. Siatene certi: il Papa vi ama, e vi ama perché Gesù Cristo vi ama.
In questa solenne Celebrazione eucaristica è stato proclamato il Vangelo nel quale Gesù, in atteggiamento di interiore trasporto, proclama: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Mi sento perciò felice perché l’elevazione di Fra Galvão agli altari rimarrà per sempre incorniciata nella liturgia che quest’oggi la Chiesa ci offre. Saluto con affetto tutta la comunità francescana e, in modo speciale, le monache concezioniste che, dal Monastero della Luce, dalla Capitale dello Stato di San Paolo, irradiano la spiritualità ed il carisma del primo brasiliano elevato alla gloria degli altari.
2. Rendiamo grazie a Dio per i continui benefici ottenuti mediante il forte influsso evangelizzatore che lo Spirito Santo ha impresso in tante anime attraverso Fra Galvão. Il carisma francescano, evangelicamente vissuto, ha dato frutti significativi attraverso la sua testimonianza di ardente adoratore dell’Eucaristia, di prudente e sapiente guida delle anime che lo cercavano e di grande devoto dell’Immacolata Concezione di Maria, della quale si considerava “figlio e schiavo perpetuo”. Dio ci viene incontro, “cerca di conquistarci – fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente” (Lettera Enc. Deus caritas est, 17). Egli si rivela attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia. La vita della Chiesa, perciò, è essenzialmente eucaristica. Il Signore, nella sua amorevole provvidenza, ci ha lasciato un segno visibile della sua presenza.
Quando contempliamo nella Santa Messa il Signore, innalzato dal sacerdote, dopo la Consacrazione del pane e del vino, oppure quando lo adoriamo con devozione esposto nell’Ostensorio, rinnoviamo la nostra fede con profonda umiltà, come faceva Fra Galvão in “laus perennis“, in costante atteggiamento di adorazione. Nella Sacra Eucaristia è contenuto tutto il bene spirituale della Chiesa, ossia, lo stesso Cristo nostra Pasqua, il Pane vivo che è disceso dal Cielo vivificato dallo Spirito Santo e vivificante perché dà la Vita agli uomini. Questa misteriosa e ineffabile manifestazione dell’amore di Dio per l’umanità occupa un luogo privilegiato nel cuore dei cristiani. Essi devono poter conoscere la fede della Chiesa, attraverso i suoi ministri ordinati, per l’esemplarità con cui compiono i riti prescritti, che indicano sempre nella liturgia eucaristica il centro di tutta l’opera di evangelizzazione. I fedeli, a loro volta, devono cercare di ricevere e venerare il Santissimo Sacramento con pietà e devozione, desiderando accogliere il Signore Gesù con fede, e sapendo ricorrere, ogni volta che sarà necessario, al Sacramento della riconciliazione per purificare l’anima da ogni peccato grave.
3. Significativo è l’esempio di Fra Galvão per la sua disponibilità al servizio del popolo, ogni qualvolta veniva interpellato. Consigliere di fama, pacificatore delle anime e delle famiglie, dispensatore della carità specialmente verso i poveri e gli infermi. Era molto ricercato per le confessioni, perché zelante, saggio e prudente. Una caratteristica di colui che ama veramente è il non voler che l’Amato venga offeso; la conversione dei peccatori era, perciò, la grande passione del nostro Santo. Suor Helena Maria, che è stata la prima “religiosa” destinata a dar inizio al “Recolhimento de Nossa Senhora da Conceição“, ha testimoniato quello che Fra Galvão aveva detto: “Pregate perché Dio nostro Signore sollevi i peccatori con il suo braccio forte dal miserabile abisso delle colpe in cui si trovano“. Possa questo delicato ammonimento servirci di stimolo per riconoscere nella Divina Misericordia il cammino verso la riconciliazione con Dio e con il prossimo e per la pace delle nostre coscienze.
4. Uniti con il Signore nella suprema comunione dell’Eucaristia e riconciliati con Lui e con il nostro prossimo, saremo così portatori di quella pace che il mondo non riesce a dare. Potranno gli uomini e le donne di questo mondo trovare la pace, se non saranno coscienti della necessità di riconciliarsi con Dio, con il prossimo e con sé stessi? Di alto significato è stato, in questo senso, quello che l’Assemblea del Senato di San Paolo scrisse al Ministro Provinciale dei Francescani alla fine del secolo XVIII, definendo Fra Galvão un “uomo di pace e di carità”. Che cosa ci chiede il Signore? “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati“. Ma subito dopo aggiunge: “Portate frutto, e che il vostro frutto rimanga” (cfr Gv 15,12.16). E quale frutto ci chiede, se non quello di sapere amare, ispirandoci all’esempio del Santo di Guaratinguetá?
La fama della sua immensa carità non conosceva limiti. Persone di tutta la geografia nazionale andavano da Fra Galvão, che tutti accoglieva paternamente. Vi erano poveri, infermi nel corpo e nello spirito, che imploravano il suo aiuto. Gesù apre il suo cuore e ci rivela il centro di tutto il suo messaggio redentore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Ibid., v. 13). Lui stesso amò fino a dare la propria vita per noi sulla Croce. Anche l’azione della Chiesa e dei cristiani nella società deve possedere questa stessa ispirazione. Le iniziative di pastorale sociale, se sono orientate verso il bene dei poveri e degli infermi, portano in sé stesse questo sigillo divino. Il Signore conta su di noi e ci chiama amici, perché soltanto a coloro che amiamo in questo modo siamo capaci di dare la vita offerta da Gesù mediante la sua grazia. Come sappiamo, la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano avrà come tema fondamentale: “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i nostri popoli abbiano la vita“. Come non vedere, allora, la necessità di ascoltare con fervore rinnovato la chiamata, per poter rispondere generosamente alle sfide che la Chiesa in Brasile e nell’America Latina è chiamata ad affrontare?
5. “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò“, dice il Signore nel Vangelo (Mt 11, 28). Questa è la raccomandazione finale che Egli ci rivolge. Come non vedere qui il sentimento paterno e insieme materno di Dio per tutti i suoi figli? Maria, la Madre di Dio e Madre nostra, si trova particolarmente legata a noi in questo momento. Fra Galvão affermò con voce profetica la verità dell’Immacolata Concezione. Ella, la Tota Pulchra, la Vergine Purissima, che ha concepito nel suo seno il Redentore degli uomini ed è stata preservata da ogni macchia originale, vuole essere il sigillo definitivo del nostro incontro con Dio, nostro Salvatore. Non c’è frutto della grazia nella storia della salvezza che non abbia come strumento necessario la mediazione di Nostra Signora.
Di fatto, questo nostro Santo si è donato in modo irrevocabile alla Madre di Gesù fin dalla sua giovinezza, desiderando appartenerle per sempre e scegliendo la Vergine Maria come Madre e Protettrice delle sue figlie spirituali. Carissimi amici e amiche, che bell’esempio da seguire ci ha lasciato Fra Galvão! Come suonano attuali per noi, che viviamo in un’epoca così piena di edonismo, le parole scritte nella formula della sua consacrazione: “Toglimi piuttosto la vita, prima che io offenda il tuo benedetto Figliuolo, mio Signore!“. Sono parole forti, di un’anima appassionata, parole che dovrebbero far parte della normale vita di ogni cristiano, sia esso consacrato o meno, e risvegliano desideri di fedeltà a Dio sia dentro che fuori del matrimonio. Il mondo ha bisogno di vite limpide, di anime chiare, di intelligenze semplici, che rifiutino di essere considerate creature oggetto di piacere. È necessario dire no a quei mezzi di comunicazione sociale che mettono in ridicolo la santità del matrimonio e la verginità prima del matrimonio.
È proprio ora che ci è data nella Madonna la miglior difesa contro i mali che affliggono la vita moderna; la devozione mariana è la sicura garanzia di protezione materna e di tutela nell’ora della tentazione. E quale non sarà questa misteriosa presenza della Vergine Purissima, quando invocheremo la protezione e l’aiuto della Senhora Aparecida? Deponiamo nelle sue mani santissime la vita dei sacerdoti e dei laici consacrati, dei seminaristi e di tutti coloro che sono chiamati alla vita religiosa.
6. Cari amici, consentitemi di finire ripensando alla Veglia di Preghiera di Marienfeld, in Germania: dinanzi ad una moltitudine di giovani, ho voluto qualificare i santi della nostra epoca come veri riformatori. E ho aggiunto: “Soltanto dai Santi, soltanto da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo” (Omelia, 25/08/2005). Questo è l’invito che rivolgo oggi a tutti voi, dal primo all’ultimo, in questa Eucaristia senza confini. Dio disse: “Siate santi, come io sono santo” (Lv 11,44). Rendiamo grazie a Dio Padre, a Dio Figlio, a Dio Spirito Santo, dai quali ci vengono, per intercessione della Vergine Maria, tutte le benedizioni del cielo; dai quali ci viene questo dono che, insieme alla fede, è la più grande grazia che possa essere concessa ad una creatura: il fermo desiderio di raggiungere la pienezza della carità, nella convinzione che la santità non solo è possibile ma anche necessaria ad ognuno nel proprio stato di vita, per svelare al mondo il vero volto di Cristo, nostro amico! Amen!
Sabato 12 maggio Benedetto XVI ha visitato la “Fazenda da Esperança” di Guaratinguetá, centro di recupero per giovani tossicodipendenti e alcolisti. Questo il saluto alle Clarisse:
Nella serata di sabato 12 maggio Benedetto XVI si è incontrato, presso il Santuario “Nossa Senhora da Conceição Aparecida”, con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e i diaconi del Brasile assieme ai delegati della V Conferenza dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi. Ecco il testo dell’omelia del Papa.
1. Come gli Apostoli, insieme a Maria, «salirono alla stanza superiore» e lì, «uniti dallo stesso sentimento, si dedicavano assiduamente alla preghiera» (cfr At 1,13-14), così anche noi quest’oggi ci siamo radunati qui nel Santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che in questa ora è per noi «la stanza superiore» dove Maria, Madre del Signore, si trova in mezzo a noi. Oggi è Lei che guida la nostra meditazione; è Lei che ci insegna a pregare. È Lei che ci addita il modo di aprire le nostre menti ed i nostri cuori alla potenza dello Spirito Santo, che viene per essere trasmesso al mondo intero.
Abbiamo appena recitato il Rosario. Attraverso i suoi cicli meditativi, il divino Consolatore vuole introdurci nella conoscenza del Cristo che sgorga dalla fonte limpida del testo evangelico. Dal canto suo, la Chiesa del terzo millennio si propone di offrire ai cristiani la capacità di «conoscere secondo le parole di San Paolo il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,2-3). Maria Santissima, la Vergine pura e senza macchia, è per noi scuola di fede destinata a guidarci e a darci forza sul sentiero che porta incontro al Creatore del Cielo e della Terra. Il Papa è venuto ad Aparecida con viva gioia per dirvi innanzitutto: «Rimanete alla scuola di Maria». Ispiratevi ai suoi insegnamenti, cercate di accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei, per mandato divino, vi invia dall’alto.
Com’è bello stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e «nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù» (At 1,14). Come è bello, carissimi Presbiteri, Diaconi, Consacrati e Consacrate, Seminaristi e Famiglie cristiane, essere qui nel Santuario Nazionale di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è Dimora di Dio, Casa di Maria e Casa dei Fratelli, e che in questi giorni si trasforma anche in Sede della V Conferenza Episcopale Latinoamericana e dei Caraibi. Come è bello essere qui in questa Basilica Mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!
2. Sono felice di essere qui con voi, in mezzo a voi! Il Papa vi ama! Il Papa vi saluta affettuosamente! Prega per voi! E implora dal Signore le più preziose benedizioni sui Movimenti, sulle Associazioni e sulle nuove realtà ecclesiali, espressione viva della perenne giovinezza della Chiesa! Siate veramente benedetti! Da qui rivolgo il mio saluto veramente affettuoso a voi, Famiglie, qui radunate in rappresentanza di tutte le carissime Famiglie cristiane presenti nel mondo intero. Mi rallegro in modo specialissimo con voi e vi do il mio abbraccio di pace.
Ringrazio per l’accoglienza e per l’ospitalità del Popolo brasiliano. Da quanto sono arrivato sono stato ricevuto con molto affetto! Le varie manifestazioni di apprezzamento ed i saluti dimostrano quanto voi vogliate bene, stimiate e rispettiate il Successore dell’apostolo Pietro. Il mio Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha menzionato diverse volte la vostra simpatia e lo spirito di accoglienza fraterna. Egli aveva pienamente ragione!
3. Saluto i cari sacerdoti qui presenti, mentre penso e prego per tutti i sacerdoti sparsi in tutto il mondo, in modo particolare in America Latina e nei Caraibi, tra questi anche i sacerdoti Fidei donum. Quante sfide, quante situazioni difficili affrontate, quanta generosità, quanta abnegazione, sacrifici e rinunce! La fedeltà nell’esercizio del ministero e nella vita di preghiera, la ricerca della santità, la donazione totale a Dio nel servizio ai fratelli e alle sorelle, spendendo le vostre vite ed energie, promuovendo la giustizia, la fraternità, la solidarietà e la condivisione tutto ciò parla fortemente al mio cuore di Pastore. La testimonianza di un sacerdozio vissuto bene nobilita la Chiesa, suscita ammirazione nei fedeli, è fonte di benedizioni per la Comunità, è la migliore promozione vocazionale, il più autentico invito perché anche altri giovani rispondano positivamente agli appelli del Signore. È la vera collaborazione in vista della costruzione del Regno di Dio!
Vi ringrazio sinceramente e vi esorto a continuare a vivere in maniera degna la vocazione che avete ricevuto. Che il fervore missionario, la passione per un’evangelizzazione sempre più aggiornata, lo spirito apostolico autentico e lo zelo per le anime siano sempre presenti nelle vostre vite! Il mio affetto, le mie preghiere e i miei ringraziamenti vanno anche ai sacerdoti anziani ed infermi. La vostra conformazione al Cristo Sofferente e Risorto costituisce l’apostolato più fecondo! Molte grazie!
4. Carissimi Diaconi e Seminaristi, anche a voi che occupate un luogo speciale nel cuore del Papa, un saluto molto fraterno e cordiale. La giovialità, l’entusiasmo, l’idealismo, l’incoraggiamento per affrontare con audacia le nuove sfide rinnovano la disponibilità del Popolo di Dio, rendono i fedeli più dinamici e portano la Comunità a crescere, a progredire, ad essere più fiduciosa, gioiosa ed ottimista. Ringrazio per la testimonianza che offrite, collaborando con i vostri Vescovi nelle attività pastorali delle diocesi. Abbiate sempre di fronte agli occhi la figura di Gesù, il Buon Pastore, che «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti» (Mt 20,28). Siate come i primi diaconi della Chiesa: uomini di buona reputazione, colmi dello Spirito Santo, di saggezza e di fede (cfr At 6,3-5). E voi, Seminaristi, rendete grazie a Dio per la chiamata che Lui vi rivolge. Ricordatevi che il Seminario è la «culla della vostra vocazione e la palestra della prima esperienza di comunione» (Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 32). Prego perché siate, con l’aiuto di Dio, sacerdoti santi, fedeli e felici di servire la Chiesa!
5. Rivolgo ora il mio sguardo e la mia attenzione a voi, amatissimi Consacrati e Consacrate, qui riuniti nel Santuario della Madre, Regina e Patrona del Popolo Brasiliano, ed anche sparsi in tutte le parti del mondo. Voi, religiosi e religiose, siete un’offerta, un regalo, un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore. Rendo grazie a Dio per la vostra vita e per la testimonianza che date al mondo di un amore fedele a Dio ed ai fratelli. Questo amore senza riserve, totale, definitivo, incondizionato ed appassionato si manifesta nel silenzio, nella contemplazione, nella preghiera e nelle attività più diversificate che svolgete, nelle vostre famiglie religiose, a favore dell’umanità e principalmente dei più poveri ed abbandonati. Tutto questo suscita nel cuore dei giovani il desiderio di seguire più da vicino e radicalmente Cristo Signore ed offrire la vita per rendere testimonianza agli uomini e donne del nostro tempo del fatto che Dio è Amore e che vale la pena lasciarsi conquistare e affascinare per dedicarsi esclusivamente a Lui (cfr Esort. ap. Vita consecrata, 15).
La vita religiosa in Brasile è stata sempre significativa ed ha avuto un ruolo importante nell’opera dell’evangelizzazione, sin dagli inizi della colonizzazione. Soltanto ieri, ho avuto il grande piacere di presiedere la Concelebrazione Eucaristica nella quale è stato canonizzato Sant’Antonio di Sant’Anna Galvão, presbitero e religioso francescano, primo Santo nato in Brasile. Accanto a lui, un’altra ammirevole testimonianza di persona consacrata è Santa Paulina, fondatrice delle Piccole Suore dell’Immacolata Concezione. Avrei molti altri esempi da citare. Che essi, tutti insieme, vi servano di stimolo per vivere una consacrazione totale. Dio vi benedica!
6.Oggi, alla vigilia dell’apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, che avrò il piacere di presiedere, sento il desiderio di dire a tutti voi com’è importante il senso della nostra appartenenza alla Chiesa, che porta i cristiani a crescere ed a maturare come fratelli, figli dello stesso Dio e Padre. Carissimi uomini e donne dell’America Latina, so che avete una grande sete di Dio. So che seguite quel Gesù, che disse: «Nessuno viene al Padre, se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Il Papa vuole perciò dire a tutti voi: La Chiesa è la nostra Casa! Questa è la nostra Casa! Nella Chiesa cattolica troviamo tutto ciò che è buono, tutto ciò che è motivo di sicurezza e di sollievo! Colui che accetta Cristo, «Cammino, Verità e Vita» nella sua totalità, si assicura la pace e la felicità, in questa vita e nell’altra! Per questo, il Papa è venuto qui per pregare e confessare con voi tutti: Vale la pena essere fedeli, vale la pena perseverare nella propria fede! La coerenza nella fede richiede, però, anche una solida formazione dottrinale e spirituale, contribuendo così alla costruzione di una società più giusta, più umana e cristiana. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche nella sua versione più ridotta, pubblicata sotto il titolo di Compendio, sarà di aiuto per avere chiare nozioni circa la nostra fede. Chiediamo fin d’ora che la venuta dello Spirito Santo sia per tutti quanti come una nuova Pentecoste, affinché illumini con la luce che scende dall’Alto i nostri cuori e la nostra fede.
7. È con grande speranza che mi rivolgo a voi tutti che vi trovate all’interno di questa maestosa Basilica, o che hanno partecipato al Santo Rosario stando all’esterno, per invitarvi a diventare profondamente missionari e a portare la Buona Novella del Vangelo a tutti i punti cardinali dell’America Latina e del mondo. Chiediamo alla Madre di Dio, Nostra Signora della Concezione Aparecida, che protegga la vita di tutti i cristiani. Lei, che è la Stella dell’Evangelizzazione, guidi i nostri passi sul cammino verso il Regno celeste:
8. MESSA DI INAUGURAZIONE DELLA V CONFERENZA DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO ALL’APARECIDA (13 maggio)
Domenica 13 maggio Benedetto XVI ha presieduto, presso il Santuario “Nossa Senhora da Conceição Aparecida”, la Santa Messa di inaugurazione della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Ecco il testo italiano dell’omelia pronunciata in portoghese.
Non ci sono parole per esprimere la gioia di trovarmi con voi per celebrare questa solenne Eucaristia, in occasione dell’apertura della Quinta Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto più cordiale, in particolare all’Arcivescovo Raymundo Damasceno Assis, che ringrazio per le parole indirizzatemi a nome dell’intera assemblea, e ai Cardinali Presidenti di questa Conferenza Generale. Saluto con deferenza le Autorità civili e militari che ci onorano della loro presenza. Da questo Santuario estendo il mio pensiero, colmo di affetto e di preghiera, a tutti coloro che sono spiritualmente uniti a noi, in modo speciale alle comunità di vita consacrata, ai giovani impegnati nelle associazioni e nei movimenti, alle famiglie, come pure ai malati e agli anziani. A tutti dico: “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo (1 Cor 1,3).
Considero un dono speciale della Provvidenza che questa Santa Messa venga celebrata in questo tempo e in questo luogo. Il tempo è quello liturgico di Pasqua, giunto alla sesta Domenica: è ormai vicina la Pentecoste, e la Chiesa è invitata ad intensificare l’invocazione allo Spirito Santo. Il luogo è il Santuario nazionale di Nostra Signora Aparecida, cuore mariano del Brasile: Maria ci accoglie in questo Cenacolo e, quale Madre e Maestra, ci aiuta ad elevare a Dio una preghiera unanime e fiduciosa. Questa celebrazione liturgica costituisce il fondamento più solido della V Conferenza, perché pone alla sua base la preghiera e l’Eucaristia, Sacramentum caritatis. In effetti, solo la carità di Cristo, effusa dallo Spirito Santo, può fare di questa riunione un autentico evento ecclesiale, un momento di grazia per questo Continente e per il mondo intero. Oggi pomeriggio avrò la possibilità di entrare nel merito dei contenuti suggeriti dal tema della vostra Conferenza. Ora lasciamo spazio alla Parola di Dio, che abbiamo la gioia di accogliere insieme sul modello di Maria, Nostra Signora della Concezione, con cuore aperto e docile affinché, per la potenza dello Spirito Santo, Cristo possa nuovamente “prendere carne” nell’oggi della nostra storia.
La prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, fa riferimento al cosiddetto “concilio di Gerusalemme”, che affrontò la questione se ai pagani diventati cristiani si dovesse imporre l’osservanza della legge mosaica. Il testo, saltando la discussione tra “gli apostoli e gli anziani” (vv. 4-21), riporta la decisione finale, che viene messa per iscritto in una lettera e affidata a due delegati, perché la rechino alla comunità di Antiochia (vv. 22-29). Questa pagina degli Atti è molto appropriata per noi, che pure siamo qui convenuti per una riunione ecclesiale. Ci richiama il senso del discernimento comunitario intorno alle grandi problematiche che la Chiesa incontra lungo il suo cammino e che vengono chiarite dagli “apostoli” e dagli “anziani” con la luce dello Spirito Santo, il quale, come dice il Vangelo odierno, ricorda l’insegnamento di Gesù Cristo (cfr Gv 14,26) e così aiuta la comunità cristiana a camminare nella carità verso la piena verità (cfr Gv 16,13). I capi della Chiesa discutono e si confrontano, ma sempre in atteggiamento di religioso ascolto della Parola di Cristo nello Spirito Santo. Perciò alla fine possono affermare: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi ” (At 15,28).
Questo è il “metodo” con cui operiamo nella Chiesa, nelle piccole come nelle grandi assemblee. Non è solo una questione di procedura; è il riflesso della natura stessa della Chiesa, mistero di comunione con Cristo nello Spirito Santo. Nel caso delle Conferenze Generali dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, la prima, quella del 1955 a Rio de Janeiro, si avvalse di una speciale Lettera inviata dal Papa Pio XII, di venerata memoria; nelle successive, fino all’attuale, è stato il Vescovo di Roma a raggiungere la sede della riunione continentale per presiederne le fasi iniziali. Con devota riconoscenza rivolgiamo il nostro pensiero ai Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II, che alle Conferenze di Medellín, Puebla e Santo Domingo hanno portato la testimonianza della vicinanza della Chiesa universale alle Chiese che sono in America Latina e che costituiscono, in proporzione, la maggior parte della Comunità cattolica.
“Lo Spirito Santo e noi“. Questo è la Chiesa: noi, la comunità credente, il Popolo di Dio, con i suoi Pastori chiamati a guidarne il cammino; insieme con lo Spirito Santo, Spirito del Padre mandato nel nome del Figlio Gesù, Spirito di Colui che è “più grande” di tutti e che ci è dato mediante Cristo, fattosi “piccolo” per noi. Spirito Paraclito, Ad-vocatus, Difensore e Consolatore. Egli ci fa vivere alla presenza di Dio, nell’ascolto della sua Parola, liberi dal turbamento e dal timore, con nel cuore la pace che Gesù ci ha lasciato e che il mondo non può dare (cfr Gv 14,26-27). Lo Spirito accompagna la Chiesa nel lungo cammino che si distende tra la prima e la seconda venuta di Cristo: “Vado e tornerò a voi” (Gv 14,28), disse Gesù agli Apostoli. Tra l'”andata” e il “ritorno” di Cristo c’è il tempo della Chiesa, che è il suo Corpo; ci sono i duemila anni finora trascorsi; ci sono anche questi cinque secoli e più in cui la Chiesa si è fatta pellegrina nelle Americhe, diffondendo nei credenti la vita di Cristo attraverso i Sacramenti e spargendo in queste terre il buon seme del Vangelo, che ha reso dove il trenta, dove il sessanta e dove il cento per uno. Tempo della Chiesa, tempo dello Spirito: è Lui il Maestro che forma i discepoli: li fa innamorare di Gesù; li educa all’ascolto della sua Parola, alla contemplazione del suo Volto; li conforma alla sua Umanità beata, povera in spirito, afflitta, mite, affamata di giustizia, misericordiosa, pura di cuore, operatrice di pace, perseguitata per la giustizia (cfr Mt 5,3-10). Così, grazie all’azione dello Spirito Santo, Gesù diventa la “Via” sulla quale il discepolo cammina. “Se uno mi ama osserverà la mia parola”, dice Gesù all’inizio del brano evangelico odierno. “La parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,23-24). Come Gesù trasmette le parole del Padre, così lo Spirito ricorda alla Chiesa le parole di Cristo (cfr Gv 14,26). E come l’amore per il Padre portava Gesù a cibarsi della sua volontà, così il nostro amore per Gesù si dimostra nell’obbedienza alle sue parole. La fedeltà di Gesù alla volontà del Padre può comunicarsi ai discepoli grazie allo Spirito Santo, che riversa l’amore di Dio nei loro cuori (cfr Rm 5,5).
Il Nuovo Testamento ci presenta Cristo come missionario del Padre. Specialmente nel Vangelo di Giovanni, tante volte Gesù parla di sé in relazione al Padre che lo ha inviato nel mondo. Così, anche nel testo di oggi, Gesù dice: “la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,24). In questo momento, cari amici, siamo invitati a fissare lo sguardo su di Lui, perché la missione della Chiesa sussiste solo in quanto prolungamento di quella di Cristo: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21). E l’evangelista mette in risalto, anche plasticamente, che questo passaggio di consegne avviene nello Spirito Santo: “Alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo »” (Gv 20,22). La missione di Cristo si è compiuta nell’amore. Egli ha acceso nel mondo il fuoco della carità di Dio (cfr Lc 12,49). E’ l’Amore che dà la vita: per questo la Chiesa è inviata a diffondere nel mondo la carità di Cristo, perché gli uomini e i popoli “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Anche a voi, che rappresentate la Chiesa in America Latina, ho la gioia di riconsegnare oggi idealmente la mia Enciclica Deus caritas est, con la quale ho voluto indicare a tutti ciò che è essenziale nel messaggio cristiano. La Chiesa si sente discepola e missionaria di questo Amore: missionaria solo in quanto discepola, cioè capace di lasciarsi sempre attrarre con rinnovato stupore da Dio, che ci ha amati e ci ama per primo (cfr 1 Gv 4,10). La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per “attrazione”: come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore.
Cari fratelli! Ecco il tesoro inestimabile di cui è ricco il Continente latinoamericano, ecco il suo patrimonio più prezioso: la fede in Dio Amore, che in Cristo Gesù ha rivelato il suo volto. Voi credete in Dio Amore: questa è la vostra forza, che vince il mondo, la gioia che nulla e nessuno potrà togliervi, la pace che Cristo vi ha conquistato con la sua Croce! E’ questa fede che ha fatto dell’America il “Continente della speranza”. Non un’ideologia politica, non un movimento sociale, non un sistema economico; è la fede in Dio Amore, incarnato, morto e risorto in Gesù Cristo, l’autentico fondamento di questa speranza che tanti frutti magnifici ha portato, dall’epoca della prima evangelizzazione fino ad oggi, come attesta la schiera di Santi e Beati che lo Spirito ha suscitato in ogni parte del Continente. Il Papa Giovanni Paolo II vi ha chiamato ad una nuova evangelizzazione, e voi avete accolto il suo mandato con la generosità e l’impegno che vi sono tipici. Io ve lo confermo e, con le parole di questa Quinta Conferenza, vi dico: siate fedeli discepoli, per essere coraggiosi ed efficaci missionari.
La seconda Lettura ci ha presentato la stupenda visione della Gerusalemme celeste. E’ un’immagine di splendida bellezza, in cui nulla è decorativo, ma tutto concorre alla perfetta armonia della Città santa. Scrive il veggente Giovanni che questa “scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio” (Ap 20,10). Ma la gloria di Dio è l’Amore; pertanto la Gerusalemme celeste è icona della Chiesa tutta santa e gloriosa, senza macchia né ruga (cfr Ef 5,27), irradiata al suo centro e in ogni sua parte dalla presenza di Dio Carità. E’ chiamata “sposa”, “la sposa dell’Agnello” (Ap 20,9), perché in essa trova compimento la figura nuziale che attraversa dal principio alla fine la rivelazione biblica. La Città-Sposa è patria della piena comunione di Dio con gli uomini; in essa non c’è bisogno di alcun tempio né di alcuna fonte esterna di luce, perché la presenza di Dio e dell’Agnello è immanente e la illumina dall’interno.
Questa stupenda icona ha valore escatologico: esprime il mistero di bellezza che già costituisce la forma della Chiesa, anche se non è ancora giunto alla sua pienezza. E’ la meta del nostro pellegrinaggio, la patria che ci attende e alla quale aneliamo. Vederla con gli occhi della fede, contemplarla e desiderarla, non deve costituire motivo di evasione dalla realtà storica in cui la Chiesa vive condividendo le gioie e le speranze, i dolori e le angosce dell’umanità contemporanea, specialmente dei più poveri e sofferenti (cfr Cost. Gaudium et spes, 1). Se la bellezza della Gerusalemme celeste è la gloria di Dio, cioè il suo amore, è proprio e solo nella carità che possiamo avvicinarci ad essa e in qualche misura già abitarvi. Chi ama il Signore Gesù e osserva la sua parola sperimenta già in questo mondo la misteriosa presenza di Dio Uno e Trino, come abbiamo sentito nel Vangelo: “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Ogni cristiano, perciò, è chiamato a diventare pietra viva di questa stupenda “dimora di Dio con gli uomini”. Che magnifica vocazione!
Una Chiesa tutta animata e mobilitata dalla carità di Cristo, Agnello immolato per amore, è l’immagine storica della Gerusalemme celeste, l’anticipo della Città santa, splendente della gloria di Dio. Essa sprigiona una forza missionaria irresistibile, che è la forza della santità. La Vergine Maria ottenga alla Chiesa in America Latina e nei Caraibi di essere abbondantemente rivestita di potenza dall’alto (cfr Lc 24,49) per irradiare nel Continente e in tutto il mondo la santità di Cristo. A Lui sia gloria, con il Padre e lo Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.
Al termine della Celebrazione Eucaristica nel piazzale antistante il Santuario dell’Aparecida, Benedetto XVI ha guidato la recita del Regina Caeli con i fedeli convenuti per la Messa di inaugurazione della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale:
Carissimi fratelli e sorelle!
Saluto con molto affetto tutti voi che siete venuti dai quattro angoli del Brasile, dell’America Latina e dei Caraibi, così come coloro che mi ascoltano attraverso la Radio o la Televisione. Durante la celebrazione della Santa Messa, ho invocato lo Spirito Santo, chiedendogli di rendere feconda la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, che fra poco avrò l’occasione di inaugurare. Chiedo a tutti di pregare per i frutti di questa grande assemblea, che apre alla speranza il futuro della famiglia latinoamericana. Voi siete i protagonisti del destino delle vostre Nazioni. Dio vi benedica e vi accompagni!
Saluto con affetto i Gruppi e le Comunità di lingua spagnola qui presenti, così come tutti coloro che in Spagna e nell’America Latina si unisco spiritualmente a questa celebrazione. Che la Vergine Maria vi aiuti a mantenere viva la fiamma della fede, dell’amore e della concordia, perché mediante la testimonianza della vostra vita e la fedeltà alla vostra vocazione di battezzati siate luce e speranza dell’umanità. Preghiamo anche perché la celebrazione di questa V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi dia molti frutti di autentico rinnovamento spirituale e di instancabile evangelizzazione. Dio vi benedica!
Saluto calorosamente tutti i gruppi di espressione inglese oggi qui presenti. Le famiglie stanno al centro della missione di evangelizzazione della Chiesa, poiché è nel focolare che la nostra vita di fede è in primo luogo manifestata e nutrita. Cari genitori, per i vostri figli voi siete i primi testimoni delle verità e dei valori della fede: pregate con e per i vostri figli; insegnate loro mediante il vostro esempio di fedeltà e di letizia! In verità, ogni discepolo, stimolato dalla parola e rinvigorito dai sacramenti, è chiamato alla missione. Si tratta di un compito al quale nessuno dovrebbe rinunciare, poiché niente è più bello di conoscere Cristo e far sì che anche gli altri lo conoscano! Nostra Signora di Guadalupe sia il vostro modello e la vostra guida. Dio vi benedica tutti!
Care famiglie e gruppi di lingua francese, vi saluto con tutto il cuore, voi che vivete nel Continente sudamericano, specialmente ad Haiti, nella Guyana francese e nelle Antille. Possiate edificare, insieme con tutti gli altri, una società più solidale e più fraterna, con la cura di far scoprire ai giovani la grandezza dei valori familiari.
Ricorre oggi il 90º anniversario delle Apparizioni di Nostra Signora di Fatima. Con il suo forte appello alla conversione ed alla penitenza essa è, senza dubbio, la più profetica delle apparizioni moderne. Chiediamo alla Madre della Chiesa, a Colei che conosce le sofferenze e le speranze dell’umanità, di proteggere i nostri focolari e le nostre comunità. Saluto specialmente le madri che oggi festeggiano il loro giorno. Dio le benedica con i loro cari.
In modo speciale affidiamo a Maria quei popoli e nazioni che hanno particolari bisogni, e lo facciamo nella certezza che non lascerà inascoltate le suppliche che, con devozione filiale, le rivolgiamo. Penso in modo particolare a quei fratelli e sorelle che soffrono la fame e, perciò, desidero ricordare la «Marcia contro la fame», promossa dal Programma Alimentare Mondiale, organismo delle Nazioni Unite incaricato dell’aiuto alimentare. Questa iniziativa ricorre oggi in numerose città del mondo, tra le quali qui in Brasile a Ribeirão Preto.
Le nostre preghiere sono rivolte anche per la Comunità afro-brasiliana, che commemora in questa domenica l’abolizione della schiavitù in Brasile. Possa questo ricordo stimolare la coscienza evangelizzatrice di questa realtà socioculturale di grande importanza nella Terra della Santa Croce.
Rivolgo ugualmente il mio cordiale saluto, insieme ai miei sinceri ringraziamenti, a tutti i Gruppi e Associazioni che si sono qui raccolti. Che Dio vi ricompensi e vi conservi saldi nella fede.
Proclamiamo con gioia l’inizio della nostra salvezza.
Nel pomeriggio di domenica 13 maggio Benedetto XVI ha inaugurato con un discorso i lavori della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, nella sala delle conferenze del Santuario di Nostra Signora Aparecida. Ecco la traduzione italiana del discorso pronunciato in portoghese.
Cari Fratelli nell’Episcopato, amati sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Cari osservatori di altre confessioni religiose.
È motivo di grande gioia trovarmi oggi qui con voi per inaugurare la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, che si celebra vicino al Santuario di Nostra Signora Aparecida, Patrona del Brasile. Voglio che le mie prime parole siano di rendimento di grazie e di lode a Dio per il gran dono della fede cristiana alle genti di questo Continente.
Ma, che cosa ha significato l’accettazione della fede cristiana per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi? Per essi ha significato conoscere ed accogliere Cristo, il Dio sconosciuto che i loro antenati, senza saperlo, cercavano nelle loro ricche tradizioni religiose. Cristo era il Salvatore a cui anelavano silenziosamente. Ha significato anche avere ricevuto, con le acque del Battesimo, la vita divina che li ha fatti figli di Dio per adozione; avere ricevuto, inoltre, lo Spirito Santo che è venuto a fecondare le loro culture, purificandole e sviluppando i numerosi germi e semi che il Verbo incarnato aveva messo in esse, orientandole così verso le strade del Vangelo. In effetti, l’annuncio di Gesù e del suo Vangelo non comportò, in nessun momento, un’alienazione delle culture precolombiane, né fu un’imposizione di una cultura straniera. Le autentiche culture non sono chiuse in se stesse né pietrificate in un determinato momento della storia, ma sono aperte, più ancora, cercano l’incontro con altre culture, sperano di raggiungere l’universalità nell’incontro e nel dialogo con altre forme di vita e con gli elementi che possono portare ad una nuova sintesi nella quale si rispetti sempre la diversità delle espressioni e della loro realizzazione culturale concreta.
In ultima istanza, solo la verità unifica e la sua prova è l’amore. Per questo motivo Cristo, essendo realmente il Logos incarnato, “l’amore fino alla fine”, non è estraneo ad alcuna cultura né ad alcuna persona; al contrario, la risposta desiderata nel cuore delle culture è quella che dà ad esse la loro identità ultima, unendo l’umanità e rispettando contemporaneamente la ricchezza delle diversità, aprendo tutti alla crescita nella vera umanizzazione, nell’autentico progresso. Il Verbo di Dio, facendosi carne in Gesù Cristo, si fece anche storia e cultura.
Questa religiosità si esprime anche nella devozione ai santi con le loro feste patronali, nell’amore al Papa e agli altri Pastori, nell’amore alla Chiesa universale come grande famiglia di Dio che non può né deve mai lasciare soli o nella miseria i suoi propri figli. Tutto ciò forma il grande mosaico della religiosità popolare che è il prezioso tesoro della Chiesa cattolica in America Latina, e che essa deve proteggere, promuovere e, quando fosse necessario, anche purificare.
Dopo la IV Conferenza Generale, in Santo Domingo, molte cose sono cambiate nella società. La Chiesa che partecipa alle realizzazioni e alle speranze, alle pene e alle gioie dei suoi figli, vuole camminare al loro fianco in questo periodo di tante sfide, per infondere loro sempre speranza e conforto (cfr Gaudium et spes, 1). Nel mondo di oggi c’è il fenomeno della globalizzazione come un intreccio di relazioni a livello planetario. Benché sotto certi aspetti sia un guadagno per la grande famiglia umana e un segnale della sua profonda aspirazione all’unità, tuttavia comporta anche senza dubbio il rischio dei grandi monopoli e di trasformare il lucro in valore supremo. Come in tutti i campi dell’attività umana, anche la globalizzazione deve essere guidata dall’etica, mettendo tutto al servizio della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio.
In America Latina e nei Caraibi, come anche in altre regioni, si sono registrati avanzamenti verso la democrazia, benché ci siano motivi di preoccupazione davanti a forme di governo autoritarie o soggette a certe ideologie che si credevano superate, e che non corrispondono con la visione cristiana dell’uomo e della società, come c’insegna la Dottrina sociale della Chiesa. Per altro verso, l’economia liberale di alcuni Paesi latinoamericani deve tenere presente l’equità, perché continuano ad aumentare i settori sociali che si vedono oppressi sempre di più da un’enorme povertà o perfino depredati dei propri beni naturali.
Nelle Comunità ecclesiali dell’America Latina è notevole la maturità nella fede di molti laici e laiche attivi e dediti al Signore, insieme con la presenza di molti generosi catechisti, di tanti giovani, di nuovi movimenti ecclesiali e di recenti Istituti di vita consacrata. Si dimostrano fondamentali molte opere cattoliche educative, di assistenza e di accoglienza. Si percepisce, è vero, un certo indebolimento della vita cristiana nell’insieme della società e della partecipazione alla vita della Chiesa cattolica, dovuto al secolarismo, all’edonismo, all’indifferentismo e al proselitismo di numerose sette, di religioni animiste e di nuove espressioni pseudoreligiose.
Tutto ciò configura una situazione nuova che sarà analizzata qui, in Aparecida. Davanti alle nuove difficili scelte, i fedeli sperano da questa V Conferenza un rinnovamento e una rivitalizzazione della loro fede in Cristo, nostro unico Maestro e Salvatore, che ci ha rivelato l’esperienza unica dell’Amore infinito di Dio Padre per gli uomini. De questa fonte potranno sorgere nuove strade e progetti pastorali creativi, capaci di infondere una ferma speranza per vivere in maniera responsabile e gioiosa la fede ed irradiarla così nel proprio ambiente.
Che cosa ci dà realmente Cristo? Perché vogliamo essere discepoli di Cristo? La risposta è: perché speriamo di trovare nella comunione con Lui la vita, la vera vita degna di questo nome, e per questo vogliamo farlo conoscere agli altri, comunicare loro il dono che abbiamo trovato in Lui. Ma questo è veramente così? Siamo realmente convinti che Cristo è la via, la verità e la vita? Davanti alla priorità della fede in Cristo e della vita “in Lui”, formulata nel titolo di questa V Conferenza, potrebbe sorgere anche un’altra questione: Questa priorità, non potrebbe essere per caso una fuga verso l’intimismo, verso l’individualismo religioso, un abbandono della realtà urgente dei grandi problemi economici, sociali e politici dell’America Latina e del mondo, ed una fuga dalla realtà verso un mondo spirituale? Come primo passo, possiamo rispondere a questa domanda con un’altra: Che cosa è questa “realtà?”. Che cosa è il reale? Sono “realtà” solo i beni materiali, i problemi sociali, economici e politici? Qui sta precisamente il grande errore delle tendenze dominanti nell’ultimo secolo, errore distruttivo, come dimostrano i risultati tanto dei sistemi marxisti quanto di quelli capitalisti. Falsificano il concetto di realtà con l’amputazione della realtà fondante e per questo decisiva che è Dio. Chi esclude Dio dal suo orizzonte falsifica il concetto di “realtà” e, in conseguenza, può finire solo in strade sbagliate e con ricette distruttive.
La prima affermazione fondamentale è, dunque, la seguente: Solo chi riconosce Dio, conosce la realtà e può rispondere ad essa in modo adeguato e realmente umano. La verità di questa tesi risulta evidente davanti al fallimento di tutti i sistemi che mettono Dio tra parentesi. Ma sorge immediatamente un’altra domanda: Chi conosce Dio? Come possiamo conoscerlo? Non possiamo entrare qui in un complesso dibattito su questa questione fondamentale. Per il cristiano il nucleo della risposta è semplice: Solo Dio conosce Dio, solo suo Figlio che è Dio da Dio, Dio vero, lo conosce. Ed Egli, “che è nel seno del Padre, lo ‘ha rivelato” (Gv 1,18). Di qui l’importanza unica ed insostituibile di Cristo per noi, per l’umanità. Se non conosciamo Dio in Cristo e con Cristo, tutta la realtà si trasforma in un enigma indecifrabile; non c’è via e, non essendoci via, non ci sono né vita né verità.
Dio è la realtà fondante, non un Dio solo pensato o ipotetico, bensì il Dio dal volto umano; è il Dio-con-noi, il Dio dell’amore fino alla croce. Quando il discepolo arriva alla comprensione di questo amore di Cristo “fino alla fine”, non può mancare di rispondere a questo amore se non con un amore simile: “Ti seguirò dovunque tu vada” (Lc 9,57). Possiamo ancora farci un’altra domanda: Che cosa ci dà la fede in questo Dio? La prima risposta è: ci dà una famiglia, la famiglia universale di Dio nella Chiesa cattolica. La fede ci libera dell’isolamento dell’io, perché ci porta alla comunione: l’incontro con Dio è, in sé stesso e come tale, incontro con i fratelli, un atto di convocazione, di unificazione, di responsabilità verso l’altro e verso gli altri. In questo senso, l’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9).
Ma prima di affrontare quello che comporta il realismo della fede nel Dio fatto uomo, dobbiamo approfondire la domanda: come conoscere realmente Cristo per poter seguirlo e vivere con Lui, per trovare la vita in Lui e per comunicare questa vita agli altri, alla società e al mondo? Innanzitutto, Cristo ci si dà a conoscere nella sua persona, nella sua vita e nella sua dottrina per mezzo della Parola di Dio. All’inizio della nuova tappa che la Chiesa missionaria dell’America Latina e dei Caraibi si dispone ad intraprendere, a partire da questa V Conferenza Generale in Aparecida, è condizione indispensabile la conoscenza profonda della Parola di Dio.
Per questo, bisogna educare il popolo alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio: che essa divenga il suo alimento affinché, per propria esperienza, i fedeli vedano che le parole di Gesù sono spirito e vita (cfr Gv 6,63). Altrimenti, come annuncerebbero un messaggio il cui contenuto e spirito non conoscono a fondo? Dobbiamo basare il nostro impegno missionario e tutta la nostra vita sulla roccia della Parola di Dio. Per questo, incoraggio i Pastori a sforzarsi di farla conoscere.
Un grande mezzo per introdurre il Popolo di Dio nel mistero di Cristo è la catechesi. In essa si trasmette in forma semplice e sostanziosa il messaggio di Cristo. Converrà pertanto intensificare la catechesi e la formazione nella fede, tanto dei bambini quanto dei giovani e degli adulti. La riflessione matura sulla fede è luce per il cammino della vita e forza per essere testimoni di Cristo. Per ciò si dispone di strumenti molto preziosi come sono il Catechismo della Chiesa Cattolica e la sua versione più breve, il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.
In questo campo non bisogna limitarsi solo alle omelie, conferenze, corsi di Bibbia o teologia, ma si deve ricorrere anche ai mezzi di comunicazione: stampa, radio e televisione, siti di internet, fori e tanti altri sistemi per comunicare efficacemente il messaggio di Cristo ad un gran numero di persone. In questo sforzo per conoscere il messaggio di Cristo e renderlo guida della propria vita, bisogna ricordare che l’evangelizzazione si è sviluppata sempre insieme con la promozione umana e l’autentica liberazione cristiana. “Amore a Dio ed amore al prossimo si fondono tra loro: nel più umile troviamo Gesù stesso ed in Gesù troviamo Dio” (Lett. enc. Deus caritas est, 15). Per lo stesso motivo, sarà anche necessaria una catechesi sociale ed un’adeguata formazione nella dottrina sociale della Chiesa, essendo molto utile per ciò il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. La vita cristiana non si esprime solamente nelle virtù personali, ma anche nelle virtù sociali e politiche.
Il discepolo, fondato così sulla roccia della Parola di Dio, si sente spinto a portare la Buona Notizia della salvezza ai suoi fratelli. Discepolato e missione sono come le due facce di una stessa medaglia: quando il discepolo è innamorato di Cristo, non può smettere di annunciare al mondo che solo Lui ci salva (cfr Hch 4,12). In effetti, il discepolo sa che senza Cristo non c’è luce, non c’è speranza, non c’è amore, non c’è futuro.
In questo contesto mi è gradito ricordare l’Enciclica Populorum progressio, il cui 40.mo anniversario ricordiamo quest’anno. Questo documento pontificio mette in evidenza che lo sviluppo autentico deve essere integrale, cioè, orientato alla promozione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini (cfr n. 14), ed invita tutti a sopprimere le gravi disuguaglianze sociali e le enormi differenze nell’accesso ai beni. Questi popoli anelano, soprattutto, alla pienezza di vita che Cristo ci ha portato: “Io sono venuto affinché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Con questa vita divina si sviluppa anche in pienezza l’esistenza umana, nella sua dimensione personale, familiare, sociale e culturale.
Per formare il discepolo e sostenere il missionario nel suo grande compito, la Chiesa offre loro, oltre al Pane della Parola, il Pane dell’Eucaristia. A questo riguardo ci ispira ed illumina la pagina del Vangelo sui discepoli di Emmaus. Quando questi si siedono al tavolo e ricevono da Gesù Cristo il pane benedetto e spezzato, si aprono loro gli occhi, scoprono il viso del Risuscitato, sentono nel loro cuore che è verità tutto quello che Egli ha detto e fatto, e che è già iniziata la redenzione del mondo. Ogni domenica ed ogni Eucaristia è un incontro personale con Cristo. Ascoltando la Parola divina, il cuore arde perché è Lui che la spiega e proclama. Quando nell’Eucaristia si spezza il pane, è Lui che si riceve personalmente. L’Eucaristia è l’alimento indispensabile per la vita del discepolo e del missionario di Cristo.
Le strutture giuste sono, come ho detto, una condizione indispensabile per una società giusta, ma non nascono né funzionano senza un consenso morale della società sui valori fondamentali e sulla necessità di vivere questi valori con le necessarie rinunce, perfino contro l’interesse personale. Dove Dio è assente Dio dal volto umano di Gesù Cristo – questi valori non si mostrano con tutta la loro forza, né si produce un consenso su di essi. Non voglio dire che i non credenti non possano vivere una moralità elevata ed esemplare; dico solamente che una società nella quale Dio è assente non trova il consenso necessario sui valori morali e la forza per vivere secondo il modello di questi valori, anche contro i propri interessi.
D’altra parte, le strutture giuste devono cercarsi ed elaborarsi alla luce dei valori fondamentali, con tutto l’impegno della ragione politica, economica e sociale. Sono una questione della recta ratio e non provengono da ideologie né dalle loro promesse. Certamente esiste un tesoro di esperienze politiche e di conoscenze sui problemi sociali ed economici che evidenziano elementi fondamentali di un stato giusto e le strade che si devono evitare. Ma in situazioni culturali e politiche diverse, e nel cambiamento progressivo delle tecnologie e della realtà storica mondiale, si devono cercare in maniera razionale le risposte adeguate e deve crearsi con gli indispensabili impegni – il consenso sulle strutture che si devono stabilire. Questo lavoro politico non è competenza immediata della Chiesa. Il rispetto di una sana laicità – compresa la pluralità delle posizioni politiche – è essenziale nella tradizione cristiana autentica. Se la Chiesa cominciasse a trasformarsi direttamente in soggetto politico, non farebbe di più per i poveri e per la giustizia, ma farebbe di meno, perché perderebbe la sua indipendenza e la sua autorità morale, identificandosi con un’unica via politica e con posizioni parziali opinabili.
La Chiesa è avvocata della giustizia e dei poveri, precisamente perché non si identifica coi politici né con gli interessi di partito. Solo essendo indipendente può insegnare i grandi criteri ed i valori inderogabili, orientare le coscienze ed offrire un’opzione di vita che va oltre l’ambito politico. Formare le coscienze, essere avvocata della giustizia e della verità, educare alle virtù individuali e politiche, è la vocazione fondamentale della Chiesa in questo settore. Ed i laici cattolici devono essere coscienti delle loro responsabilità nella vita pubblica; devono essere presenti nella formazione dei consensi necessari e nell’opposizione contro le ingiustizie. Le strutture giuste non saranno mai complete in modo definitivo; per la costante evoluzione della storia, devono essere sempre rinnovate ed aggiornate; devono essere sempre animate da un”ethos” politico ed umano, per la cui presenza ed efficienza si deve lavorare sempre. In altre parole, la presenza di Dio, l’amicizia col Figlio di Dio incarnato, la luce della sua Parola, sono sempre condizioni fondamentali per la presenza ed efficacia della giustizia e dell’amore nelle nostre società.
Trattandosi di un Continente di battezzati, converrà colmare la notevole assenza, nell’ambito politico, della comunicazione e della università, di voci e di iniziative di leader cattolici di forte personalità e di dedizione generosa, che siano coerenti con le loro convinzioni etiche e religiose. I movimenti ecclesiali hanno qui un ampio campo per ricordare ai laici la loro responsabilità e la loro missione di portare la luce del Vangelo nella vita pubblica, culturale, economica e politica.
In alcune famiglie dell’America Latina persiste ancora sfortunatamente una mentalità maschilista, che ignora la novità del cristianesimo nel quale è riconosciuta e proclamata l’uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all’uomo. La famiglia è insostituibile per la serenità personale e per l’educazione dei figli. Le madri che vogliono dedicarsi pienamente all’educazione dei loro figli ed al servizio della famiglia devono godere delle condizioni necessarie per poterlo fare, e per ciò hanno diritto di contare sull’appoggio dello Stato. In effetti, il ruolo della madre è fondamentale per il futuro della società. Il padre, da parte sua, ha il dovere di essere veramente padre che esercita la sua indispensabile responsabilità e collaborazione nell’educazione dei loro figli. I figli, per la loro crescita integrale, hanno il diritto di potere contare sul padre e la madre, che badino a loro e li accompagnino verso la pienezza della loro vita. È necessaria, dunque, una pastorale familiare intensa e vigorosa. È indispensabile anche promuovere politiche familiari autenticazioni che rispondano ai diritti della famiglia come soggetto sociale imprescindibile. La famiglia fa parte del bene dei popoli e dell’umanità intera.
Il sacerdote deve essere innanzitutto un “uomo di Dio” (1 Tm 6,11) che conosce Dio direttamente, che ha una profonda amicizia personale con Gesù che condivide con gli altri gli stessi sentimenti di Cristo (cfr Fil 2,5). Solo così il sacerdote sarà capace di condurre a Dio, incarnato in Gesù Cristo, gli uomini, ed essere rappresentante del suo amore. Per compiere il suo alto compito, il sacerdote deve avere una solida struttura spirituale e vivere tutta la sua vita animato dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Deve essere, come Gesù, un uomo che cerchi, attraverso la preghiera, il volto e la volontà di Dio, e che curi anche la sua preparazione culturale ed intellettuale. Cari sacerdoti di questo Continente e voi che come missionari siete venuti qui a lavorare, il Papa vi accompagna nel vostro lavoro pastorale e desidera che siate pieni di gioia e di speranza e soprattutto prega per voi.
La Chiesa dell’America Latina vi ringrazia per il grande lavoro che avete realizzato nel corso dei secoli per il Vangelo di Cristo in favore dei vostri fratelli, soprattutto dei più poveri e svantaggiati. Vi invito a collaborare sempre con i Vescovi e a lavorare uniti a loro, che sono i responsabili dell’azione pastorale. Vi esorto anche all’obbedienza sincera all’autorità della Chiesa. Non abbiate altro obiettivo che la santità, come avete imparato dei vostri fondatori.
Resta con noi, Signore, quando intorno alla nostra fede cattolica sorgono le nebbie del dubbio, della stanchezza o delle difficoltà: tu che sei la Verità stessa come rivelatore del Padre, illumina le nostre mentii con la tua Parola; aiutaci a sentire la bellezza di credere in te.
Resta nelle nostre famiglie, illuminale nei loro dubbi, sostienile nelle loro difficoltà, consolale nelle loro sofferenze e nella fatica di ogni giorno, quando intorno a loro si accumulano ombre che minacciano la loro unità e la loro identità naturale. Tu che sei la Vita, resta nei nostri focolari, affinché continuino ad essere nidi dove la vita umana nasca generosamente, dove si accolga, si ami e si rispetti la vita dal concepimento fino al suo termine naturale.
Resta, Signore, con quelli che nelle nostre società sono più vulnerabili; resta con i poveri e gli umili, con gli indigeni e gli afroamericani, che non sempre hanno trovato spazio e appoggio per esprimere la ricchezza della loro cultura e la saggezza della loro identità. Resta, Signore, con i nostri bambini e con i nostri giovani, che sono la speranza e la ricchezza del nostro Continente, proteggili dalle tante insidie che attentano alla loro innocenza ed alle loro legittime speranze. Oh buon Pastore, resta con i nostri anziani e con i nostri malati. Fortifica tutti nella fede affinché siano i tuoi discepoli e missionari!
Alle 19.40 (ora locale) di domenica 13 maggio Benedetto XVI ha salutato all’aeroporto di São Paulo-Guarulhos le Autorità politiche e civili; il Presidente della Conferenza Episcopale del Brasile (CNBB), mons. Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana, l’arcivescovo di São Paulo, mons. Odilo Pedro Scherer con i Vescovi Ausiliari; e il Vescovo di Guarulhos, mons. Luiz Gonzaga Bergonzini. Dopo il saluto del Vice Presidente della Repubblica, José Alencar Gomes da Silva, il Papa ha pronunciato questo discorso:
Signor Vicepresidente,
Al momento di lasciare questa terra benedetta del Brasile, si innalza nella mia anima un inno di ringraziamento all’Altissimo, che mi ha consentito di vivere qui ore intense e indimenticabili, con lo sguardo rivolto verso la Signora Aparecida che, dal suo Santuario, ha presieduto l’inizio della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi.
Nella mia memoria rimarranno per sempre incise le manifestazioni di entusiasmo e di profonda pietà di questo popolo della Terra della Santa Croce che, insieme alla moltitudine di pellegrini venuti dall’intero Continente della Speranza, ha saputo dare una calorosa dimostrazione di fede in Cristo e d’amore verso il Successore di Pietro. Chiedo a Dio che aiuti i responsabili sia nell’ambito religioso che in quello civile ad imprimere un passo deciso a quelle iniziative che tutti si attendono per il bene comune della grande Famiglia latinoamericana.
Il mio saluto finale, colmo di gratitudine, va al Signore Presidente della Repubblica, al Governo di questa Nazione e dello Stato di San Paolo, così come alle altre Autorità brasiliane che tante dimostrazioni di delicatezza mi hanno voluto riservare durante questi giorni.
Sono grato anche alle Autorità consolari, il cui lavoro diligente ha facilitato immensamente la partecipazione delle rispettive Nazioni a questi giorni di riflessione, preghiera e impegno per il bene comune dei partecipanti a questo grande evento.
Un particolare pensiero di stima fraterna rivolgo, con profonda riconoscenza, ai Signori Cardinali, ai miei Fratelli nell’Episcopato, ai Sacerdoti e Diaconi, Religiosi e Religiose, e agli Organizzatori della Conferenza. Tutti hanno contribuito a rendere splendide queste giornate, lasciando quanti hanno preso parte ad esse ricolmi di gioia e di speranza gaudium et spes! nella famiglia cristiana e nella sua missione in seno alla società.
Abbiate la certezza che porto tutti nel mio cuore, dal quale sgorga la Benedizione che vi dono e che estendo a tutti i Popoli dell’America Latina e del Mondo.
Molte grazie!
© Copyright 2007 – Libreria Editrice Vaticana; le traduzione dall’originale in portoghese sono quelle distribuite dalla Santa Sede