Senza la presenza di Cristo non avremo mai un mondo veramente giusto e rinnovato. Lo ha detto il Papa, che ha concluso la catechesi dell’udienza generale di oggi dedicata al tema della parusia (ritorno del Signore, ndr) nella predicazione paolina con una speciale preghiera, sulla scorta di quella riportata da san Paolo stesso in chiusura della prima Lettera ai Corinzi: Maranà, tha!, che letteralmente significa Signore nostro vieni!, ha ricordato Benedetto XVI, parlando a braccio (come in quasi tutto il resto della catechesi) di fronte a circa 15 mila fedeli. Vieni, Signore Gesù, nei modi che tu conosci. Vieni dove c’è ingiustizia e violenza, nel Darfur,nel Kivu e in molti altri luoghi del mondo. Vieni dove domina la droga, vieni anche dai ricchi che ti hanno dimenticato, dove tu sei misconosciuto. Vieni nel mondo di oggi, nel nostro cuore, perché noi stessi possiamo divenire presenza tua nel mondo. Con san Paolo, dunque, possiamo dire secondo il Santo Padre Vieni, Signore Gesù, che sei realmente presente nel nostro mondo e lo rinnovi. Oggi, ha ammesso il Papa, è difficile sinceramente pregare che venga il giudice Cristo: non osiamo pregare questo per molti motivi, tuttavia in modo giusto e corretto possiamo dire, con le prime comunità cristiane: Vieni, Signore Gesù. Non vogliamo la fine del mondo ha puntualizzato il Papa ma vogliamo che finisca un mondo ingiusto, che questo mondo cambi profondamente, che cominci la civilizzazione dell’amore, per un mondo di giustizia, di pace, senza violenza, senza paure. Come potrebbe succedere tutto questo si è chiesto Benedetto XVI senza Cristo?.L’attesa della parusia non dispensa dall’impegno in questo mondo, ma al contrario crea, nei confronti del ritorno del Giudice, una responsabilità circa l’agire in questo mondo. A puntualizzarlo è stato il Papa,sottolineando che san Paolo riassume la dottrina della parusia al centro dell’udienza di oggi – con un messaggio semplice e profondo: alla fine saremo sempre con il Signore. Per il Papa, è questo il messaggio essenziale: il nostro futuro è essere nel Signore. In quanto siamo già, come credenti, nel Signore, la vita eterna è già cominciata, anche se non bisogna lasciarsi ingannare, come se il giorno del Signore fosse imminente: prima della venuta del Signore vi sarà l’apostasia, la presenza di un uomo maligno’ che la tradizione poi chiamerà l’Anticristo. L’attesa del ritorno del Signore implica la responsabilità per questo mondo, ha ripetuto il Papa, ricordando che Paolo non ha paura della morte; al contrario, per lui indicherebbe il completo esser con Cristo. Ma Paolo partecipa anche dei sentimenti di Cristo, che non ha vissuto per sé ma per noi, per gli altri. In san Paolo, dunque, vivere per gli altri diventa un programma di vita, che crea una grande libertà interiore, dalla minaccia della morte e dagli impegni e dalle sofferenze della vita.Affrontare il tema della parusia negli scritti paolini ci permette di identificare quali siano gli atteggiamenti del cristiano di fronte alle cose ultime. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza generale di oggi ha sintetizzato il primo gi essi nella certezza che Gesù è risorto, ed è con noi sempre, e nessuno è più forte di Cristo. In questo modo, per Benedetto XVI, siamo sicuri e liberati dalla paura: è questo un aspetto essenziale della predicazione cristiana. Il secondo atteggiamento del cristiano nasce dalla certezza che Cristo è con me, perché con Cristo il mondo futuro è già cominciato. E’ questa la certezza della speranza, grazie alla quale il futuro non è un buio nel quale nessuno si orienta. In un momento in ci c’è tanta paura del futuro ha commentato il Papa il cristiano sa che la luce di Cristo è più forte, e perciò vive in una speranza non vaga, ma che dà certezza per affrontare il futuro. Il terzo atteggiamento è per il cristiano la Responsabilità per il mondo, per i fratelli davanti a Cristo, e nello stesso tempo la certezza della sua misericordia.Noi cristiani ha spiegato il Papa – non viviamo come se bene e male fossero uguali: viviamo con una grande responsabilità, perché questo mondo sia rinnovato. Sapendo che Dio è il giudice vero ha proseguito il Pontefice – sappiamo anche ce questo giudice è buono, perché conosciamo il suo volto, che è il volto di Cristo morto e risorto per noi. Perciò siamo sicuri della sua bontà, possiamo andare avanti con coraggio. Un ulteriore dato dell’insegnamento paolino sull’escatologia, ha concluso il Santo Padre, è quello dell’universalità della chiamata alla fede, per cui posiamo dire che noi sediamo già nei cieli con Gesù Cristo, ma per mostrare nei secoli futuri la ricchezza della grazia: il dopo diventa un prima per rendere evidente lo stato di incipiente realizzazione in cui viviamo.Un grande dono per l’intera comunità ambrosiana. Così il Papa ha definito oggi i primi due esemplari del nuovo Lezionario Ambrosiano, consegnatigli dal card. Dionigi Tettamanzi al termine dell’udienza generale di oggi. E’ quanto un modo concreto ha detto Benedetto XVI per esprimere i profondi vincoli di comunione che legano la vostra arcidiocesi al successore di Pietro. Vi ringrazio per questo gesto così carico di significato ha detto il Papa ai fedeli milanesi e vi esorto ad accogliere il nuovo Lezionario come un grande dono per l’intera comunità ambrosiana. Sia per voi strumento prezioso per un rinnovato impegno missionario nell’annunciare il Vangelo in ogni ambito della società.