Vita Chiesa

Benedetto XVI, Udienza: rinnovare la certezza che Dio è presente

L’«atto di fede» è «la risposta dell’uomo alla rivelazione di Dio, che si fa conoscere, che manifesta il suo disegno di benevolenza sull’umanità». A ricordarlo è stato oggi il Papa, che per sintetizzare il senso della fede ha usato un’espressione agostiniana: «Lasciarsi afferrare dalla verità che è Dio, una verità che è amore». Nella catechesi dell’udienza odierna, dedicata a come «vivere il tempo dell’Avvento, nel contesto dell’Anno della fede», Benedetto XVI si è soffermato sul «Progetto di Dio nei confronto dell’uomo», che san Paolo nella Lettera agli Efesini definisce «con termini pieni di gioia, di stupore e di ringraziamento, come un disegno di benevolenza, dci misericordia e di amore». La fede, ha spiegato il Papa, è «un accogliere nella vita la visione di Dio sulla realtà, lasciare che sia Dio a guidarci con la sua Parola e i sacramenti nel capire cosa dobbiamo fare, qual è il cammino che dobbiamo percorrere». «È il comprendere secondo Dio, secondo la sua volontà, il vedere con i suoi occhi – ha assicurato il Santo Padre – che rende salda la vita», che «ci permette di stare in piedi, di non cadere». Di qui la necessità, in questo periodo di Avvento, di «rinnovare la certezza che Dio è presente»; pur «in mezzo a tante difficoltà», che «è entrato nel mondo, facendosi uomo come noi», per chiederci che «anche noi diventiamo il segno della sua azione nel mondo».

L’uomo e la donna, ha precisato oggi il Papa durante la catechesi, nell’Aula Paolo VI, davanti a circa 4 mila fedeli, non sono «frutti del caso», ma rispondono ad «un disegno di benevolenza della ragione eterna di Dio che con la potenza creatrice e redentrice della sua Parola dà origine al mondo». «La nostra vocazione – ha ammonito Benedetto XVI – non è semplicemente stare nel mondo, è qualcosa di più grande: è l’essere scelti da Dio, ancora prima della creazione del mondo, nel Figlio, in Gesù Cristo», perché «l’iniziativa divina precede ogni risposta umana». Il «disegno di benevolenza» di Dio, in altre parole, «non è rimasto nel silenzio di Dio, nell’altezza del suo cielo»: è Dio, come si legge nella Dei Verbum, che «ha aperto il suo cielo e si è abbassato per guidare l’uomo nell’abisso del suo amore». Tutto ciò, ha puntualizzato il Papa, «non è qualcosa che viene a sovrapporsi alla nostra umanità, ma è il compimento delle aspirazioni più profonde, di quel desiderio di infinito e di pienezza che alberga nell’intimo dell’essere umano, e lo apre ad una felicità non momentanea e limitata, ma eterna». Aprirsi al «disegno di benevolenza» di Dio, rivelato in Cristo – ha concluso Benedetto XVI – «porta ad un cambiamento fondamentale e totalizzante del modo di rapportarsi con l’intera realtà», ad una vera «conversione», ad un «cambiamento di mentalità», perché tale disegno «diventa il senso che sostiene la vita, la roccia su cui essa può trovare stabilità».

«L’obbedienza non è un atto di costrizione, ma un abbandonarsi all’oceano della volontà di Dio». A precisarlo, a braccio, è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha citato a più riprese la «Dei Verbum» per sottolineare che con l’incarnazione di Gesù «Dio non ha comunicato qualcosa, ma se stesso». «Così – ha commentato fuori testo – noi siamo coinvolti nella natura divina, siamo divinizzati». L’uomo, dunque, come principale collaboratore dell’azione salvifica di Dio, «presente nella storia» perché «entrato nel mondo», dove «vuole far risplendere la sua luce nella nostra notte».

Subito prima dei saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, il Papa ha rivolto un appello per «dialogo e riconciliazione» in Congo. «Continuano ad arrivare preoccupanti notizie sulla grave crisi umanitaria nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, che da mesi è diventata teatro di scontri armati e violenze», ha esordito Benedetto XVI. «A gran parte della popolazione – ha proseguito – mancano i mezzi di primaria sussistenza e migliaia di abitanti sono costretti ad abbandonare le proprie case, per cercare rifugio altrove». «Rinnovo dunque il mio appello – le parole finali del Pontefice – al dialogo e alla riconciliazione e chiedo alla comunità internazionale di adoperarsi per sovvenire ai bisogni delle popolazioni».