Non offendere la materia: essa non è spregevole, perché niente di ciò che Dio ha fatto è spregevole. E’ una delle frasi più attuali di san Giovanni Damasceno, personaggio di prima grandezza nella storia della teologia bizantina, ma soprattutto testimone oculare del trapasso dalla cultura cristiana greca e siriaca, condivisa dalla parte orientale dell’Impero bizantino, alla novità dell’Islam, che si fa spazio con le sue conquiste militari nel territorio riconosciuto abitualmente come Medio o Vicino Oriente. La figura del santo, proclamato dottore della Chiesa universale nel 1890 da papa Leone XIII, è stata al centro della catechesi dell’udienza generale di oggi, cui hanno partecipato circa 20 mila fedeli. Nonostante alcune imprecisioni di linguaggio le parole del Papa, che ha pronunciato gran parte della catechesi a braccio -le sollecitazioni del dottore orientale sono ancora oggi di estrema attualità,considerata la grandissima dignità che la materia ha ricevuto nell’Incarnazione, potendo divenire, nella fede, segno e sacramento efficace dell’incontro dell’uomo con Dio. Per Benedetto XVI, in particolare, Giovanni Damasceno resta un testimone privilegiato del culto delle icone, che è uno degli aspetti più distintivi della spiritualità orientale fino ad oggi, ma che appartiene semplicemente alla fede cristiana.Giovanni Damasceno fu inoltre tra i primi a distinguere, nel culto pubblico e privato dei cristiani, fra adorazione e venerazione: la prima si può rivolgere soltanto a Dio, la seconda invece può utilizzare un’immagine per rivolgersi a colui che viene rappresentato nell’immagine stessa, ma il Santo non può in nessun caso essere identificato con la materia di cui l’icona è composta. Una distinzione, questa, molto importante per rispondere in modo cristiano a coloro che pretendevano come universale e perenne l’osservanza del divieto severo dell’Antico Testamento sull’utilizzazione cultuale delle immagini. Questo tema, ha sottolineato Benedetto XVI ancora una volta fuori testo, ha suscitato una grande discussione nel mondo islamico, che accetta la tradizione ebraica di esclusione totale delle immagini nel culto. Invece i cristiani hanno discusso il problema e trovato una giustificazione per la venerazione delle immagini. Di S. Giovanni Damasceno si ricordano soprattutto i tre Discorsi contro coloro che calunniano le sante immagini: condannati, dopo la sua morte, dal Concilio iconoclasta di Hieria del 754, furono anche il motivo fondamentale della sua riabilitazione e canonizzazione da parte dei Padri ortodossi, nel II Concilio di Nicea del 787.L’ottimismo cristiano non è un ottimismo ingenuo, ma nasce dalla disarmonia introdotta dal peccato e dall’esigenza che la natura,ferita dalla nostra colpa, sia rinforzata e rinnovata dalla discesa del Figlio di Dio nella carne. Lo ha detto il Papa, a braccio, al termine della catechesi dell’udienza generale di oggi. Dio le parole finali di Benedetto XVI vuole rinnovare la natura anche tramite la nostra conversione, vuole farci partecipi della sua divinità: che il Signore ci aiuti a fare sostanza di queste parole nella nostra vita. Punto di partenza della riflessione del Santo Padre, l’ottimismo della contemplazione naturale di san Giovani Damasceno, che non è un ottimismo ingenuo, ma tiene conto della ferita inferta alla natura umana da una libertà di scelta voluta da Dio e utilizzata impropriamente dall’uomo, con tutte le conseguenze di disarmonia diffusa che ne sono derivate. Di qui l’esigenza, percepita chiaramente dal teologo di Damasco, che la natura fosse rinforzata e rinnovata dalla discesa del Figlio di Dio nella carne, dopo che in molti modi e in diverse occasioni Dio stesso aveva cercato di dimostrare che aveva creato l’uomo perché fosse non solo nell”essere’, ma nel bene-essere’.Da una parte ha spiegato il Papa sempre a braccio vediamo la bellezza della creazione, vediamo la distruzione fatta dalla colpa umana, ma vediamo anche nel Figlio di Dio che scende per rinnovare la natura il mare dell’amore di Dio per l’uomo. Il Figlio di Dio, pur sussistendo nella forma di Dio, abbassò i cieli e discese presso i suoi servi ha detto Benedetto XVI citando san Giovanni Damasceno – compiendo la cosa più nuova di tutte, l’unica cosa davvero nuova sotto il sole, attraverso cui si manifestò di Fatto l’infinita potenza di Dio. Per questo, come esorta il santo, bisogna Lasciarsi riempire di stupore da tutte le opere della provvidenza. Tutta la filosofia, ci dice Platone ha commentato a questo proposito il Santo Padre fuori testo nasce dallo stupore. Anche la nostra fede comincia dallo stupore, per la creazione, per la bellezza di Dio che si fa visibile attraverso Cristo. Di qui la necessità, ha ammonito il Pontefice, di superare la tentazione di individuare aspetti che a molti sembrano ingiusti o iniqui, e di ammettere invece che il progetto di Dio va al di là della capacità conoscitiva e comprensiva dell’uomo,perché solo Dio conosce i nostri pensieri, le nostre azioni, e perfino il nostro futuro.Salutando dopo l’udienza generale i pellegrini di lingua italiana, Benedetto XVI ha rivolto un particolare pensiero ai numerosi medici cattolici presenti. Cari amici – ha detto il Papa -, la vostra opera, che si pone al servizio dell’essere umano dal suo concepimento fino al suo termine naturale, sia sempre eloquente testimonianza di solidarietà umana e cristiana. Proseguite pertanto con generosità nel vostro prezioso servizio alla vita, valore fondamentale nel quale si rispecchiano la sapienza e l’amore di Dio. Il vostro lavoro è l’auspicio conclusivo del Pontefice – sia arricchito ogni giorno di profondo spirito di fede e animato da fedeltà e coerenza con i principi che debbono ispirare l’attività di ogni medico.Sir