Vita Chiesa

Benedetto XVI, udienza: L’onnipotenza di Dio non è quella del potere del mondo

«Le famiglie disgregate, gli impegni di lavoro sempre più assorbenti, le preoccupazioni e spesso la fatica di far quadrare i bilanci familiari, l’invasione distraente dei mass media all’interno del vivere quotidiano»: sono questi, per Benedetto XVI, «alcuni tra i molti fattori che possono impedire un sereno e costruttivo rapporto tra padri e figli». Così, «la comunicazione si fa a volte difficile, la fiducia viene meno e il rapporto con la figura paterna può diventare problematico; e problematico diventa anche immaginare Dio come un padre, non avendo modelli adeguati di riferimento». «Per chi ha fatto esperienza di un padre troppo autoritario e inflessibile, o indifferente e poco affettuoso, o addirittura assente – ha ammesso il Papa – non è facile pensare con serenità a Dio come Padre e abbandonarsi a Lui con fiducia». Ma la rivelazione biblica «aiuta a superare queste difficoltà», e «soprattutto il Vangelo» ci rivela il volto di Dio «come Padre che ama fino al dono del proprio Figlio per la salvezza dell’umanità».

«L’amore di Dio Padre non viene mai meno, non si stanca di noi; è amore che dona fino all’estremo, fino al sacrificio del Figlio, ha ribadito il Papa. «La fede – ha spiegato – ci dona questa certezza, che diventa una roccia sicura nella costruzione della nostra vita: noi possiamo affrontare tutti i momenti di difficoltà e di pericolo, l’esperienza del buio della crisi e del tempo del dolore, sorretti dalla fiducia che Dio non ci lascia soli ed è sempre vicino, per salvarci e portarci alla vita». Dio, infatti, «è un Padre che non abbandona mai i suoi figli, un Padre amorevole che sorregge, aiuta, accoglie, perdona, salva, con una fedeltà che sorpassa immensamente quella degli uomini, per aprirsi a dimensioni di eternità». La fede in Dio Padre «chiede di credere nel Figlio, sotto l’azione dello Spirito, riconoscendo nella Croce che salva lo svelarsi definitivo dell’amore divino». La paternità di Dio, allora, è «amore infinito, tenerezza che si china su di noi, figli deboli, bisognosi di tutto». Per il Papa, «è proprio la nostra piccolezza, la nostra debole natura umana, la nostra fragilità che diventa appello alla misericordia del Signore perché manifesti la sua grandezza e tenerezza di Padre aiutandoci, perdonandoci e salvandoci. E Dio risponde al nostro appello, inviando il suo Figlio».

«L’onnipotenza dell’amore non è quella del potere del mondo, ma è quella del dono totale, e Gesù, il Figlio di Dio, rivela al mondo l’onnipotenza del Padre dando la vita per noi peccatori». Con queste parole il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, ha spiegato il senso dell’onnipotenza divina», che si rispecchia nella «pazienza» e «mitezza» dell’amore di Cristo: «Questa la potenza di Dio, e questo vincerà», ha aggiunto Benedetto XVI a braccio. «Solo chi è davvero potente può sopportare il male e mostrarsi compassionevole, solo chi è davvero potente può esercitare pienamente la forza dell’amore», ha spiegato il Papa, e Dio «rivela la sua forza amando tutto e tutti, in una paziente attesa della conversione di noi uomini, che desidera avere come figli». «L’amore onnipotente di Dio non conosce limiti», tanto che «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi», come si legge nella Lettera ai Romani. La «vera, autentica e perfetta potenza divina», per il Papa, consiste nel «rispondere al male con il bene, agli insulti con il perdono, all’odio omicida con l’amore che fa vivere. Allora il male è davvero vinto, allora la morte è definitivamente sconfitta».

«Come è possibile pensare a un Dio onnipotente guardando alla Croce di Cristo?», la domanda da cui è partito Benedetto XVI per spiegare il senso dell’espressione «Dio onnipotente». Al contrario, «noi vorremmo un’onnipotenza divina secondo i nostri schemi mentali e i nostri desideri: un Dio onnipotente che risolva i problemi, che intervenga per evitarci ogni difficoltà, che vinca tutte le potenze avverse, cambi il corso degli eventi e annulli il dolore». Così, «davanti al male e alla sofferenza, per molti diventa problematico credere in un Dio Padre e crederlo onnipotente; alcuni cercano rifugio in idoli, cedendo alla tentazione di trovare risposta in una presunta onnipotenza magica e nelle sue illusorie promesse». «Ma la fede in Dio onnipotente ci spinge a percorrere sentieri ben differenti», ha ammonito il Papa, ricordando che «le vie e i pensieri di Dio sono diversi dai nostri e anche la sua onnipotenza è diversa: non si esprime come forza automatica o arbitraria, ma è segnata da una libertà amorosa e paterna». Come Padre, Dio desidera, infatti, «che noi diventiamo suoi figli e viviamo come tali nel suo Figlio». La sua onnipotenza si esprime dunque «nell’amore, nella misericordia, nel perdono, nell’instancabile appello alla conversione del cuore, in un atteggiamento solo apparentemente debole, fatto di pazienza, di mitezza e di amore».

http://youtu.be/1XzSnrvQKOw

«Guardate a lui come a un autentico maestro di vita». A indicare ai giovani l’esempio di san Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, è stato oggi il Papa, nel triplice saluto – ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli – che come di consueto conclude l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, a cui oggi hanno partecipato in aula Paolo VI circa 5.000 persone. Dopo aver salutato, in lingua italiana, i vescovi amici del Movimento dei Focolari e i fedeli dell’arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, accompagnati dal loro vescovo Agostino Superbo, ha raccomandato di «dedicare ogni sforzo perché sia curata, ugualmente nelle città come nei centri minori, una solida istruzione religiosa, perché tutti siano preparati a ricevere con frutto i sacramenti, indispensabile nutrimento della crescita della fede». La presenza delle autorità civili della Basilicata ha offerto, infine, l’occasione a Benedetto XVI di esprimere la sua «viva riconoscenza a quanti si sono prodigati per l’allestimento del suggestivo presepe, collocato in questa piazza, che è stato ammirato dai numerosi pellegrini, quale espressione dell’arte lucana».