Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: LE OPERE DI CRISTO NON VANNO INDIETRO, MA PROGREDISCONO

“Le opere di Cristo non vanno indietro, ma progrediscono”: è un’affermazione di San Bonaventura che “vale anche oggi”, perché “l’annuncio di Cristo costituisce novità e rinnovamento in tutti i periodi della storia”. Lo ha detto il Papa, che ha dedicato anche l’udienza generale di oggi – svoltasi in due momenti, prima nella Basilica di S. Pietro e poi nell’Aula Paolo VI, alla presenza di circa 9.500 persone – alla figura di san Bonaventura, già al centro dell’udienza di mercoledì scorso. Citando la “concezione spiritualistica” di Gioacchino da Fiore, in base alla quale “l’ordine francescano non era governabile, ma andava verso l’anarchia”, il Papa – che ha parlato per gran parte dell’udienza a braccio – ha ricordato che san Bonaventura “respinge l’idea di un ritmo trinitario della storia”, portata avanti da Gioacchino e dalla sua dottrina dell’avvento di una “terza età dello spirito”. Per san Bonaventura, “Dio è uno per tutta la storia e non si divide in tre divinità. La storia è una, ed è un cammino di progresso”. In secondo luogo, “Gesù Cristo è l’ultima Parola di Dio, che ha detto tutto donando e dicendo se stesso”. “Più di se stesso Dio non può dire nè dare”, come affermava san Francesco: ciò comporta che “non c’è un altro Vangelo più alto, un’altra Chiesa da aspettare”, e che anche l’ordine francescano “deve inserirsi in questa Chiesa nel suo ordine gerarchico”.Questo non significa, ha spiegato il Papa, “che la Chiesa si immobile, fissa nel passato, che non ci possa essere novità in essa”. “Le opere di Cristo progrediscono”, è una delle affermazioni centrali di san Bonaventura, che “per la prima volta formula l’idea di progresso, e ciò costituisce una novità nei confronti dei padri della Chiesa e dei suoi contemporanei”, ha sottolineato il Santo Padre. In San Bonaventura, dunque, “Gesù Cristo non è più la fine, come per i padri, ma il centro della storia: con Cristo la storia non finisce, ma comincia un nuovo periodo storico”.Con le sue opere, san Bonaventura ha voluto inoltre contrastare sia uno “spiritualismo utopico”, attraverso la “volontà di dare ordine al francescanesimo” e nello stesso tempo di dare una di “restituire alla Chiesa un dinamismo missionario”, sia l’idea di un “declino permanente” della comunità ecclesiale, “per alcuni già iniziato subito dopo il Nuovo Testamento”. Per san Bonaventura, ma anche oggi, è necessario dunque un “discernimento” che coniughi “realismo sobrio e apertura ai nuovi carismi donato da Cristo, nello Spirito Santo, alla sua Chiesa”.“La Chiesa è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di grazia”. Lo ha detto il Papa, durante l’udienza di oggi, dedicata ancora una volta alla figura di san Bonaventura. Una deriva da evitare, secondo quest’ultimo, è “l’utopismo spiritualistico”, “anarchico”, presente anche oggi,ad esempio tra chi affermava che “dopo il Concilio tutto è nuovo”. Giovanni XXIII e Paolo VI, invece, “hanno difeso da una parte la novità del Concilio, e nello stesso tempo l’unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di grazia”. Quella indicata da san Bonaventura, per il Papa, è la strada indicata da S. Francesco, che coniuga “sano realismo e coraggio spirituale”: la “regola” è il Sermone della Montagna, “regola per ogni uomo, pur segnato dal peccato originale”. Per san Bonaventura, inoltre, “governare non era un fare, ma un pensare e un pregare. Tutte le sue decisioni derivavano dal pensiero illuminato dalla preghiera”. “Governare guidando e illuminando gli animi” era il suo intento, evidente nei suoi scritti teologici mistici. Come il suo “capolavoro”, l’Itinerarium mentis in Deum: “Un manuale di contemplazione mistica”, lo ha definito il Papa. “Dio purifichi i nostri pensieri e le nostre azioni – l’auspicio finale del Papa – affinché Egli abiti in noi e noi possiamo intendere la voce divina che ci attrae verso la felicità”.Sir