Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: LA LEGGE TROVA IL SUO ADEMPIMENTO NEL COMANDAMENTO DELL’AMORE

Solo “trasformati dall’amore di Cristo per Dio e per il prossimo possiamo essere realmente giusti agli occhi di Dio” perché “la Legge trova il suo adempimento nel comandamento dell’amore”. Benedetto XVI ha concluso così la catechesi dell’udienza generale di questa mattina, ancora una volta dedicata a san Paolo e incentrata sulla dottrina della giustificazione. “Quando Paolo incontrò il Risorto sulla strada di Damasco – ha spiegato il Papa – era un uomo realizzato: irreprensibile quanto alla giustizia derivante dalla Legge”, ma dopo quell’incontro “cominciò a considerare tutti i suoi meriti” come “‘spazzatura’ di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo” e passò “da una giustizia fondata sulla Legge e acquisita con l’osservanza delle opere prescritte, ad una giustizia basata sulla fede in Cristo”. Per Benedetto XVI “il rapporto tra Paolo e il Risorto diventò talmente profondo da indurlo a sostenere che Cristo” era “il suo vivere, al punto che per poterlo raggiungere persino il morire diventava un guadagno”. Proprio per questo, ha evidenziato il Pontefice, “Paolo colloca ormai al centro del suo Vangelo un’irriducibile opposizione tra due percorsi alternativi verso la giustizia: uno costruito sulle opere della Legge, l’altro fondato sulla grazia della fede in Cristo”. “La libertà cristiana non è libertinismo e la liberazione della quale parla san Paolo non è liberazione dal fare il bene” ha affermato ancora Benedetto XVI. “La legge dalla quale siamo liberati e che non salva” ha spiegato il Papa, per san Paolo è rappresentata dalla Torah in tutti i suoi cinque libri che nell’interpretazione farisaica” implica un complesso di comportamenti e “osservanze rituali e cultuali che determinano sostanzialmente l’identità dell’uomo giusto”, esprimendo “un’identità sociale, culturale e religiosa”. Queste osservanze, ha proseguito il Pontefice, erano divenute molto importanti “nel tempo della dominazione della cultura ellenistica” che, politeista e apparentemente razionale e tollerante, “esercitava una forte pressione all’uniformità culturale minacciando così l’identità di Israele e la preziosa eredità della fede dei Padri nell’unico Dio”. Contro questa pressione “era necessario uno scudo, e questo muro di opposizione che proteggeva la preziosa eredità della fede erano proprio queste osservanze”. In tale funzione le intendeva Paolo che, ha spiegato il Papa, vide “l’eredità della fede in un unico Dio minacciata dalla libertà dei cristiani” che per questo iniziò a perseguitare.“Nel momento del suo incontro con il Risorto”, ha detto ancora Benedetto XVI, Paolo ha compreso che “con Cristo il Dio d’Israele, l’unico vero Dio, diventa Dio di tutti i popoli e il muro tra Israele e i pagani non è più necessario. E’ Cristo che ci protegge contro il politeismo e tutte le sue deviazioni” e che “garantisce la nostra vera identità nella diversità delle culture”. “La nostra identità comune nella diversità delle culture – sono ancora parole del Papa – è Cristo ed è lui che ci fa giusti” perché “essere giusto vuol dire semplicemente essere in Cristo”. “La fede è guardare a Cristo, affidarsi a Lui” e questo diventa “conformarsi con Cristo” e con la sua vita “che è l’amore”. Per questo, ha spiegato Benedetto XVI, “Paolo parla di una fede che opera per mezzo della carità: nel duplice amore per Dio e per il prossimo è adempiuta tutta la legge”, e in tale prospettiva “la giustizia si decide nella carità” che è “realizzazione della comunione con Cristo”. “Possiamo solo pregare il Signore che ci aiuti a credere”, è l’esortazione conclusiva del Pontefice; credere “diventa così trasformazione della nostra vita”.Sir