Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: IL SILENZIO DI DIO E L’OGGI DELLA RISURREZIONE

“Anche noi ci troviamo sempre e nuovamente di fronte all’oggi della sofferenza, del silenzio di Dio”, tanto che “lo esprimiamo tante volte nella nostra preghiera”. Ma “ci troviamo anche di fronte all’oggi della Risurrezione, nella risposta di Dio che ha preso su di sé le nostre sofferenze, per portarle insieme con noi e darci la ferma speranza che saranno vinte”. Con queste parole il Papa ha attualizzato la preghiera di Gesù di fronte alla morte, al centro della catechesi dell’udienza generale di oggi. “Nella preghiera portiamo a Dio le nostre croci quotidiane, nella certezza che Lui è presente e ci ascolta”, ha detto Benedetto XVI, secondo il quale “il grido di Gesù ci ricorda come nella preghiera dobbiamo superare le barriere del nostro io e dei nostri problemi e aprirci alle necessità e alle sofferenze degli altri”. “La preghiera di Gesù morente sulla Croce – l’auspicio finale del Santo Padre – c’insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto, perché anch’essi possano sentire l’amore di Dio che non abbandona”. Ma che significato ha la preghiera di Gesù, quel grido che lancia al Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, si è chiesto il Papa. “Nel momento di angoscia la preghiera diventa un grido”, la risposta del Santo Padre, e ciò “avviene anche nel nostro rapporto con il Signore: davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui la nostra sofferenza”. Gesù, in altre parole, “prega nel momento dell’ultimo rifiuto degli uomini, nel momento dell’abbandono; prega, però, nella consapevolezza della presenza di Dio Padre anche in quest’ora in cui sente il dramma umano della morte”. La preghiera di Gesù, in questa prospettiva, “non è il grido di chi va incontro con disperazione alla morte, e neppure è il grido di chi sa di essere abbandonato”. Gesù in quel momento, ha spiegato Benedetto XVI, “fa suo il salmo 22, il salmo del popolo di Israele che soffre, e in questo modo prende su di sé non solo la pena del suo popolo, ma anche quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio stesso nella certezza che il suo grido sarà esaudito nella risurrezione”. (Sir)