Udienza dedicata a san Giuseppe Cafasso, in occasione del 150° anniversario della sua morte, quella di oggi di Benedetto XVI. L’esempio del sacerdote piemontese che dedicò la sua vita alla formazione, alla confessione, alla direzione spirituale e all’apostolato verso i poveri e i carcerati, è stato proposto dal Papa ai laici e soprattutto ai sacerdoti. Il messaggio di san Giuseppe Cafasso ha detto il Pontefice è vivo e attuale. Egli fu formatore di preti, tra cui san Giovanni Bosco, un vero pastore con una ricca vita interiore, profondo zelo nella cura pastorale, fedele nella preghiera, impegnato nella catechesi, nella Confessione e nella Eucaristia. Tre le doti del santo presbitero: calma, accortezza e prudenza. Il suo insegnamento non era astratto ma nasceva dall’esperienza viva di Dio ha spiegato Benedetto XVI che ha ribadito l’importanza della guida spirituale per sapere che cosa Dio vuole da noi. Altrettanto fecondo fu il suo apostolato verso gli umili in particolare i carcerati che nell’800 vivevano in luoghi disumani e disumanizzanti. I detenuti ha ricordato il Papa erano conquistati dal suo amore per Dio. Cafasso rasserenava e scuoteva le coscienze nei colloqui personali che avevano come punto di arrivo la Confessione. 57 furono i condannati a morte accompagnati al patibolo dal santo, con profondo amore fino all’ultimo respiro. Cafasso ha concluso Benedetto XVI rivolgendosi ai circa 9 mila fedeli presenti, tra i quali anche 33 tra seminaristi e preti palestinesi del seminario latino di Beit Jala è un richiamo per tutti ad intensificare il cammino di santità e ricorda ai sacerdoti di dedicare tempo alla confessione e alla direzione spirituale e attenzione agli umili.Sir