Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: DA SANT’AGOSTINO LA VERA LAICITÀ

“Nella consapevolezza che l’amore è stile di vita che contraddistingue il credente, non stancatevi di essere ovunque testimoni di carità”. Lo ha detto il Papa, nella prima parte dell’udienza generale di oggi, svoltasi nella Basilica Vaticana per i fedeli che non hanno trovato posto in Aula Paolo VI. “Il cammino quaresimale che stiamo percorrendo – ha esordito Benedetto XVI salutando i pellegrini provenienti da varie parti d’Italia – sia occasione favorevole di un deciso sforzo di conversione e di rinnovamento spirituale per un risveglio della fede autentica, per un recupero salutare del rapporto di Dio e per un impegno evangelico più generoso”.

“Anche oggi” la “Città di Dio”, una delle opere più famose di Sant’Agostino, resta “una fonte che definisce bene cosa sia la vera laicità e la competenza della Chiesa”, nel rapporto tra fede e politica. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza generale di oggi è tornato per la quarta volta sulla figura del vescovo di Ippona, dedicandosi in particolare ad una disamina delle sue oltre mille pubblicazioni giunte fino a noi. Composto tra il 413 ed il 426 ed articolato in 22 libri, il “De civitate Dei”, ha ricordato Benedetto XVI, fu scritto in occasione del sacco di Roma da parte dei Goti, nel 410. “Durante l’era degli Dei pagani, Roma era ‘caput mundi’ e non era pensabile che venisse espugnata dai nemici; adesso con il Dio cristiano non è più sicura questa grande città, per cui il Dio dei cristiani non può essere il Dio a cui affidarsi”:questa, ha sintetizzato il Papa, l’”obiezione” principale a cui Agostino “ha risposto con questa grandiosa opera, chiarendo cosa spettasse a Dio e cosa no, quale relazione dovesse esserci tra la sfera politica e la sfera della Chiesa”. Sullo sfondo dell’opera agostiniana, secondo il Santo Padre, “la grande rappresentazione della storia dell’umanità”, concepita come “la storia della lotta tra due amori: l’amore di sé fino all’indifferenza per Dio, e l’amore di Dio fino all’indifferenza di sé, alla piena libertà da sé per gli altri nella luce di Dio”.

Oltre 300 lettere, quasi 600 omelie, in totale 1.031 scritti,catalogati dall’amico Possidio subito dopo la sua morte. Sono i “numeri” di Sant’Agostino, “il padre della Chiesa che ha lasciato il maggior numero di opere”, ha ricordato oggi il Papa nella quarta udienza generale a lui dedicata. Secondo Benedetto XVI, Agostino ha scritto “alcuni importanti capitoli non solo per la storia cristiana, ma per la formazione di tutta la cultura occidentale”.L’”esempio più chiaro” sono le Confessiones, “uno dei libri dell’antichità tuttora più letti”, i cui tredici libri sono stati scritti tra il 347 e il 400. “Un’autobiografia sotto forma di dialogo con Dio”, attraverso cui “possiamo seguire passo passo il cammino interiore di un uomo appassionato di Dio”, la definizione del Papa,per il quale nelle Confessiones “si intrecciano due significati: la confessione delle proprie debolezze, della miseria del peccato, e la lode a Dio, il riconoscimento a Dio, il ringraziamento perché Dio ci ama, ci accetta e ci trasforma, ci eleva a se stesso”. Le Confessiones “ebbero grande successo già durante la vita di Agostino”, ha ricordato il Santo Padre, tanto che lui stesso scriveva: “Le mie Confessiones esercitavano su di me una tale azione, mentre le scrivevo, e ancora la esercitano quando le rileggo, e ci sono molti fratelli a cui piacciono”. “Io sono uno di questi fratelli”, ha rivelato il Papa.

L’importanza di “portare il messaggio cristiano ai semplici” è stata “l’intenzione più profonda che ha guidato tutta la sua vita”. A sottolinearlo, a proposito di Sant’Agostino, è stato oggi il Papa. Lo spunto: il “De doctrina christiana”, definita da Benedetto XVI “un’introduzione culturale all’interpretazione della Bibbia e allo stesso cristianesimo”, che ha avuto “un’importanza decisiva nella cultura occidentale”. Agostino, secondo il Papa, era convinto che fosse “più utile per lui comunicare la fede in modo comprensibile a tutti, piuttosto che scrivere grandi opere teologiche”. Oltre a sentire la “responsabilità della divulgazione del messaggio cristiano”, Agostino per il Pontefice “ha lottato tuta la sua vita” contro le tendenze scismatiche della chiesa africana, perché “solo nell’unità della Chiesa si realizza la nostra relazione con Dio e con tutti”. Un capitolo a parte meritano le omelie di Sant’Agostino: quasi 600 quelle giunte fino a noi, ma “forse tre o quattromila”quelle realmente pronunciate a braccio, e subito dopo trascritte. “Subito – le parole del Papa – le prediche del vescovo di Ippona diventavano testi molto ricercati e servivano come modelli adattati a sempre nuovi contesti”: di qui la “vitalità” delle omelie agostiniane, simbolo della “permanente vitalità della fede per la quale Agostino ha dato tutta la sua vita”.

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