(ASCA) – Papa Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, a Castel Gandolfo il primo ministro della Malaysia, Najib Bin Abdul Razak, che poi ha incontrato il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. Il premier, il cui colloquio personale col papa è durato circa 20 minuti, era accompagnato dalla consorte, dai ministri degli Esteri e dell’Industria, da rappresentanti religiosi musulmani come Tan Sri Dr Abdul Shukor Husin, presidente del Consiglio nazionale della Fatwa, e dall’arcivescovo di Kuala Lumpur. “Nei cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – sono stati evocati i positivi sviluppi nei rapporti bilaterali e si è concordato di stabilire le relazioni diplomatiche tra la Malaysia e la Santa Sede. Inoltre, si è passato in rassegna la situazione politica e sociale nel mondo e nel Continente asiatico, con particolare riferimento all’importanza del dialogo interculturale e interreligioso per la promozione della pace, della giustizia e della maggiore comprensione tra i popoli”. Il premier, musulmano, ha ricordato di essere stato alunno di una scuola cattolica retta dai Lasalliani. Papa Ratzinger gli ha regalato una ceramica con una veduta di Piazza San Pietro e ha ricevuto in cambio un pregiato ricamo floreale, caratteristico del Paese. Secondo il gesuita p. Lawrence Andrew, sacerdote di Kuala Lumpur e direttore dell’Herald, il settimanale cattolico dell’Arcidiocesi della capitale malese, quello che porta all’instaurazione delle relazioni diplomatiche “é un cammino che si sta percorrendo, ed è molto positivo”. “D’altronde – aggiunge – quello malaysiano è uno dei governi maggiormente democratici del Sudest asiatico e, nonostante alcuni problemi, vedo pochi ostacoli”. “Avere un Nunzio Apostolico stabile a Kuala Lumpur, potrebbe avere molte conseguenze positive sulla Chiesa e su tutta la comunità cristiana in Malaysia” spiega p. Andrew, interpellato dall’agenzia Fides: “Miglioreranno le comunicazioni fra il governo e la Chiesa. Inoltre è per noi cristiani l’opportunità di diventare visibilmente una grande ‘banca moralé, cioé un punto di riferimento per la moralità, per la diffusione e la tutela dei valori, per combattere corruzione, abusi e gli altri mali che affliggono la vita nazionale”. La Chiesa cattolica in questi giorni è stata anche criticata in Malaysia perché promuovere l’incontro, secondo alcuni, “contribuisce a restaurare l’immagine internazionale del governo dell’UMNO (United Malays National Organization), guidato da Najib Razak, oggi molto debole”. P. Andrew, a tale proposito, dice: “L’intento non è questo: la Chiesa continuerà ad essere se stessa, a proclamare la verità, a difendere i valori fondamentali come la dignità della persona e la libertà religiosa: in tal modo vogliamo contribuire allo sviluppo del paese”. “Le maggiori questioni che ci riguardano – prosegue – restano sul tavolo: l’uso del termine Allah per i non musulmani; la libera circolazione delle Bibbie; la battaglia per l’eliminazione della pena di morte; il rispetto delle libertà e dei diritti umani fondamentali, senza alcuna discriminazione. Su tali questioni, valuteremo i passi concreti dell’esecutivo” spiega il Direttore dell’Herald. Quanto alle recenti manifestazioni nel Paese, sul modello di quelle della ‘primavera arabà, per il gesuita, “il governo e la polizia continuano a intimidire le persone. Sei attivisti sono ancora in carcere e vi sono vari tentativi di limitare le libertà. Ma il messaggio al governo è giunto chiaro: trasparenza e legalità nelle prossime elezioni, che siano realmente libere e democratiche. Una istanza che unisce cristiani, musulmani e credenti delle altre religioni”. In Malaysia i musulmani rappresentano il 60% della popolazione, i buddisti sono circa il 20% i cristiani il 10% (fra i quali circa un milione di cattolici), gli induisti il 6,3%, e vi sono poi minoranze di taoisti, confuciani e seguaci di culti tradizionali.