Che cosa c’è dopo la morte? Una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa, ha esordito Benedetto XVI nel suo Messaggio Urbi et Orbi, pronunciato dalla loggia centrale della Basilica vaticana, dopo aver celebrato la Messa sul sagrato di San Pietro, davanti una folla di oltre centomila fedeli. Un’enigma che trova risposta proprio nella Pasqua, dove la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. Una certezza che non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: “Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna”.La Pasqua non segna semplicemente un momento della storia ha spiegato il Santo Padre ma l’avvio di una nuova condizione. La resurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo” “Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile, che giunge ad illuminare ha osservato Benedetto XVI le zone buie del mondo in cui viviamo. Mi riferisco particolarmente – ha spiegato il Papa – al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana”. Dunque se Cristo non fosse risorto, il vuoto’ sarebbe destinato ad avere il sopravvento.Una novità che cambia l’esistenza, come è accaduto ha ricordato il Papa in questo Anno Paolino – all’apostolo delle Genti, il cui insegnamento ed esempio debbono incoraggiarci a fidarci di Cristo, perché il senso del nulla che tende ad intossicare l’umanità è stato sopraffato dalla luce e dalla speranza della risurrezione.Ma se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora troppo segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male – ha proseguito Benedetto XVI – ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore”. Questo è stato il messaggio ha ricordato il Papa portato a tutto il continente africano nel recente viaggio apostolico in Camerun ed Angola. “L’Africa, infatti, soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti spesso dimenticati che lacerano e insanguinano diverse sue Nazioni e per il numero crescente di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia”.E lo stesso messaggio il Papa ripeterà fra qualche settimana con forza in Terrasanta, dove la difficile ma indispensabile riconciliazione, – ha osservato – che è premessa per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del conflitto israelo-palestinese. Dalla Terrasanta, lo sguardo del Papa si è allargato ai Paesi limitrofi, al Medio Oriente, e al mondo intero. E ha detto: In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti, di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti di fronte all’incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare speranza. Nessuno si tiri indietro in questa pacifica battaglia iniziata dalla Pasqua di Cristo.Il pensiero del Santo Padre è andato poi ai cristiani che soffrono persecuzioni a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace, invocando per tutti la speranza capace di suscitare il coraggio del bene e anche soprattutto quando costa.Nella Messa pasquale, aperta con l’antico Rito del Resurrexit, Benedetto XVI riferendosi all’antica tradizione pasquale ebraica, portata a compimento e trasformata da Cristo nella sua’ Pasqua, ha raccomandato che tutti noi possiamo e dobbiamo essere pasta nuova’ azzimi’, liberati da ogni residuo del vecchio fermento del peccato:niente più malizia e perversità nel nostro cuore.Negli auguri finali in ben 63 lingue, il primo indirizzo in italiano è andato a quanti soffrono a causa del terremoto che ha colpito l’Abruzzo. (Fonte: Radio Vaticana)