La Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà il 18 gennaio 2009, sia per tutti uno stimolo a vivere in pienezza l’amore fraterno senza distinzioni di sorta e senza discriminazioni, nella convinzione che è nostro prossimo chiunque ha bisogno di noi e noi possiamo aiutarlo: è questa l’esortazione di Benedetto XVI contenuta nel suo Messaggio per la 95ª Giornata mondiale, centrata sul tema San Paolo migrante, Apostolo delle genti’, in coincidenza con l’anno paolino. Citando episodi e frasi di San Paolo il Papa ricorda che, anche oggi, nell’era della globalizzazione, la missione della Chiesa e di ogni battezzato si dirige pure al variegato universo dei migranti – studenti fuori sede, immigrati, rifugiati, profughi, sfollati – includendo coloro che sono vittime delle schiavitù moderne, come ad esempio nella tratta degli esseri umani. Anche oggi sottolinea – va proposto il messaggio della salvezza con lo stesso atteggiamento dell’Apostolo delle genti, tenendo conto delle diverse situazioni sociali e culturali, e delle particolari difficoltà di ciascuno in conseguenza della condizione di migrante e di itinerante. Benedetto XVI auspica che ogni comunità cristiana possa nutrire il medesimo fervore apostolico di san Paolo. Il suo esempio auspica il Papa – sia anche per noi di stimolo a farci solidali con questi nostri fratelli e sorelle e a promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza fra etnie, culture e religioni diverse. Leggendo gli Atti degli Apostoli e le Lettere di San Paolo, precisa, si coglie un modello di Chiesa non esclusiva, bensì aperta a tutti, formata da credenti senza distinzioni di cultura e di razza. In quest’ottica la solidarietà fraterna, che si traduce in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipazione e di sollecitudine gioiosa verso gli altri, acquista un rilievo singolare. Per realizzare questa dimensione di fraterna accoglienza vicendevole è necessaria, secondo il Papa, la disponibilità all’ascolto e all’accoglienza della Parola predicata e praticata. Pertanto, più la comunità è unita a Cristo sottolinea -, più diviene sollecita nei confronti del prossimo, rifuggendo il giudizio, il disprezzo e lo scandalo, e aprendosi all’accoglienza reciproca. Se di questo siamo consapevoli afferma -, come non farci carico di quanti, in particolare fra rifugiati e profughi, si trovano in condizioni difficili e disagiate? Come non andare incontro alle necessità di chi è di fatto più debole e indifeso, segnato da precarietà e da insicurezza, emarginato, spesso escluso dalla società? Per loro Benedetto XVI chiede prioritaria attenzione.Sir