Benedetto XVI
Benedetto XVI, lettera ai cattolici cinesi
Pubblichiamo il testo integrale della Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi, resa nota il 30 giugno 2007.
INDICE
SECONDA PARTE: ORIENTAMENTI DI VITA PASTORALE
CONCLUSIONE
Saluto
1. Venerati confratelli Vescovi, carissimi presbiteri, persone consacrate e fedeli tutti della Chiesa cattolica in Cina, « noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. […] Non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la sua gloriosa potenza per poter essere forti e pazienti in tutto » (Col 1, 3-5.9-11).
Queste parole dell’Apostolo Paolo sono quanto mai appropriate per dare voce ai sentimenti che, come Successore di Pietro e Pastore universale della Chiesa, nutro nei vostri confronti. Voi sapete bene quanto siete presenti nel mio cuore e nella mia preghiera quotidiana e quanto è profondo il rapporto di comunione che ci unisce spiritualmente.
Scopo della Lettera
2. Desidero, pertanto, far giungere a tutti voi le espressioni della mia fraterna vicinanza. Intensa è la gioia per la vostra fedeltà a Cristo Signore e alla Chiesa, fedeltà che avete manifestato « a volte anche a prezzo di gravi sofferenze »,
Senza pretendere di trattare ogni particolare di complesse problematiche da voi ben conosciute, con questa Lettera vorrei offrire alcuni orientamenti in merito alla vita della Chiesa e all’opera di evangelizzazione in Cina, per aiutarvi a scoprire ciò che da voi vuole il Signore e Maestro, Gesù Cristo, « la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana ».
Globalizzazione, modernità e ateismo
3. Volgendo un attento sguardo al vostro Popolo, che si è distinto fra gli altri popoli dell’Asia per lo splendore della sua millenaria civiltà, con tutta la sua esperienza sapienziale, filosofica, scientifica e artistica, mi piace rilevare come, specialmente negli ultimi tempi, esso si sia anche proiettato verso il raggiungimento di significative mete di progresso economico-sociale, attirando l’interesse del mondo intero.
Come già sottolineava il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, anche « la Chiesa cattolica, da parte sua, guarda con rispetto a questo sorprendente slancio e a questa lungimirante progettazione di iniziative ed offre con discrezione il proprio contributo nella promozione e nella difesa della persona umana, dei suoi valori, della sua spiritualità e della sua vocazione trascendente. Alla Chiesa stanno particolarmente a cuore valori ed obiettivi che sono di primaria importanza anche per la Cina moderna: la solidarietà, la pace, la giustizia sociale, il governo intelligente del fenomeno della globalizzazione ».
La tensione verso il desiderato e necessario sviluppo economico e sociale, e la ricerca di modernità sono accompagnate da due fenomeni diversi e contrapposti ma da valutare ugualmente con prudenza e con positivo spirito apostolico. Da una parte, si nota, specie tra i giovani, un crescente interesse per la dimensione spirituale e trascendente della persona umana, con il conseguente interesse per la religione, particolarmente per il cristianesimo. Dall’altra parte, si avverte, anche in Cina, la tendenza al materialismo e all’edonismo, che dalle grandi città si stanno diffondendo all’interno del Paese.
In questo contesto, in cui siete chiamati ad operare, desidero ricordarvi quanto il Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato con voce forte e vigorosa: la nuova evangelizzazione esige l’annuncio del Vangelo
« Duc in altum (Lc 5, 4). Questa parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre! (Eb 13, 8) ».
La Parola di Dio ci aiuta, ancora una volta, a scoprire il senso misterioso e profondo del cammino della Chiesa nel mondo. Infatti, « una delle principali visioni dell’Apocalisse ha per oggetto [l’]Agnello nell’atto di aprire un libro, prima chiuso con sette sigilli che nessuno era in grado di sciogliere. Giovanni è addirittura presentato nell’atto di piangere, perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo (cfr Ap 5, 4). La storia rimane indecifrabile, incomprensibile. Nessuno può leggerla. Forse questo pianto di Giovanni davanti al mistero della storia così oscuro esprime lo sconcerto delle Chiese asiatiche per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni a cui erano esposte in quel momento. È uno sconcerto nel quale può ben riflettersi il nostro sbigottimento di fronte alle gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo. Sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita, così come Gesù stesso non meritò il suo supplizio. Esse però rivelano sia la malvagità dell’uomo, quando si abbandona alle suggestioni del male, sia la superiore conduzione degli avvenimenti da parte di Dio ».
Oggi, come ieri, annunciare il Vangelo significa annunciare e testimoniare Gesù Cristo crocifisso e risorto, l’Uomo nuovo, vincitore del peccato e della morte. Egli permette agli esseri umani di entrare in una nuova dimensione, dove la misericordia e l’amore rivolto anche al nemico testimoniano la vittoria della Croce su ogni debolezza e miseria umana. Anche nel vostro Paese, l’annuncio di Cristo crocifisso e risorto sarà possibile nella misura in cui con fedeltà al Vangelo, nella comunione con il Successore dell’Apostolo Pietro e con la Chiesa universale, saprete realizzare i segni dell’amore e dell’unità (« come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. […] Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato »: Gv 13, 34-35; 17, 21).
Disponibilità a un dialogo rispettoso e costruttivo
4. Come Pastore universale della Chiesa, desidero manifestare viva riconoscenza al Signore per la sofferta testimonianza di fedeltà, offerta dalla comunità cattolica cinese in circostanze veramente difficili. Nello stesso tempo sento, come mio intimo ed irrinunciabile dovere e come espressione del mio amore di padre, l’urgenza di confermare nella fede i cattolici cinesi e di favorire la loro unità con i mezzi che sono propri della Chiesa.
Seguo con particolare interesse anche le vicende di tutto il Popolo cinese, verso il quale nutro un vivo apprezzamento e sentimenti di amicizia, sino a formulare l’auspicio « di vedere presto instaurate vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese », poiché « l’amicizia si nutre di contatti, di condivisione di sentimenti nelle situazioni liete e tristi, di solidarietà, di scambio di aiuto ».
Sono consapevole che la normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Popolare Cinese richiede tempo e presuppone la buona volontà delle due Parti. Dal canto suo, la Santa Sede rimane sempre aperta alle trattative, necessarie per superare il difficile momento presente.
Questa pesante situazione di malintesi e di incomprensione, infatti, non giova né alle Autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina. Come ha dichiarato il Papa Giovanni Paolo II ricordando quanto padre Matteo Ricci scriveva da Pechino,
Per quanto concerne poi i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa in Cina, giova ricordare l’illuminante insegnamento del Concilio Vaticano II che dichiara: « La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, non si identifica in nessun modo con la comunità politica e non è legata a nessun sistema politico, è ad un tempo segno e tutela della trascendenza della persona umana ». E così continua: « Nel proprio campo, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra. Però tutte e due, sebbene a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe coltivano una sana collaborazione tra di loro, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo ».
Pertanto, anche la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non di cambiare la struttura o l’amministrazione dello Stato, bensì di annunziare agli uomini il Cristo, Salvatore del mondo, appoggiandosi nel compimento del proprio apostolato sulla potenza di Dio. Come ricordavo nella mia Enciclica Deus caritas est, « la Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente ».
Alla luce di questi irrinunciabili principi, la soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime Autorità civili; nello stesso tempo, però, non è accettabile un’arrendevolezza alle medesime quando esse interferiscano indebitamente in materie che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa. Le Autorità civili sono ben consapevoli che la Chiesa, nel suo insegnamento, invita i fedeli ad essere buoni cittadini, collaboratori rispettosi e attivi del bene comune nel loro Paese, ma è altresì chiaro che essa chiede allo Stato di garantire ai medesimi cittadini cattolici il pieno esercizio della loro fede, nel rispetto di un’autentica libertà religiosa.
Comunione tra le Chiese particolari nella Chiesa universale
5. Chiesa cattolica in Cina, piccolo gregge presente ed operante nella vastità di un immenso Popolo che cammina nella storia, come risuonano incoraggianti e provocanti per te le parole di Gesù: « Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno » (Lc 12, 32)! « Voi siete il sale della terra, […] la luce del mondo »: perciò « risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli » (Mt 5, 13.14.16).
Nella Chiesa cattolica che è in Cina si fa presente la Chiesa universale, la Chiesa di Cristo, che nel Simbolo confessiamo una, santa, cattolica ed apostolica, vale a dire l’universale comunità dei discepoli del Signore.
Come voi sapete, la profonda unità, che lega fra di loro le Chiese particolari esistenti in Cina e che le pone in intima comunione anche con tutte le altre Chiese particolari sparse per il mondo, è radicata, oltre che nella stessa fede e nel comune Battesimo, soprattutto nell’Eucaristia e nell’Episcopato.
La dottrina cattolica insegna che il Vescovo è principio e fondamento visibile dell’unità nella Chiesa particolare, affidata al suo ministero pastorale.
Nessuno nella Chiesa è straniero, ma tutti sono cittadini dello stesso Popolo, membri dello stesso Corpo Mistico di Cristo. Vincolo di comunione sacramentale è l’Eucaristia, garantita dal ministero dei Vescovi e dei presbiteri.
Tutta la Chiesa che è in Cina è chiamata a vivere e a manifestare questa unità in una più ricca spiritualità di comunione, che, tenendo conto delle complesse situazioni concrete in cui la comunità cattolica si trova, cresca anche in un’armonica comunione gerarchica. Pertanto, Pastori e fedeli sono chiamati a difendere e a salvaguardare ciò che appartiene alla dottrina e alla tradizione della Chiesa.
Tensioni e divisioni all’interno della Chiesa: perdono e riconciliazione
6. Rivolgendosi a tutta la Chiesa con la Lettera Apostolica Novo millennio ineunte, il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, affermava che un « grande ambito in cui occorrerà esprimere un deciso impegno programmatico, a livello di Chiesa universale e di Chiese particolari, [è] quello della comunione (koinonía) che incarna e manifesta l’essenza stessa del mistero della Chiesa. La comunione è il frutto e la manifestazione di quell’amore che, sgorgando dal cuore dell’eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cfr Rm 5, 5), per fare di tutti noi un cuore solo e un’anima sola (At 4, 32). È realizzando questa comunione di amore che la Chiesa si manifesta come sacramento, ossia segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano. Le parole del Signore, a questo proposito, sono troppo precise per poterne ridurre la portata. Tante cose, anche nel nuovo secolo, saranno necessarie per il cammino storico della Chiesa; ma se mancherà la carità (agape), tutto sarà inutile. È lo stesso apostolo Paolo a ricordarcelo nell’inno alla carità: se anche parlassimo le lingue degli uomini e degli angeli, e avessimo una fede da trasportare le montagne, ma poi mancassimo della carità, tutto sarebbe nulla (cfr 1 Cor 13, 2). La carità è davvero il cuore della Chiesa ».
Queste indicazioni, che riguardano la natura stessa della Chiesa universale, hanno un particolare significato per la Chiesa che è in Cina. A voi, infatti, non sfuggono i problemi, che essa sta affrontando per superare al suo interno e nei suoi rapporti con la società civile cinese tensioni, divisioni e recriminazioni.
A questo proposito, già l’anno scorso, parlando della Chiesa nascente, ebbi modo di ricordare che « la comunità dei discepoli conosce fin dagli inizi non solo la gioia dello Spirito Santo, la grazia della verità e dell’amore, ma anche la prova, costituita soprattutto dai contrasti circa le verità di fede, con le conseguenti lacerazioni della comunione. Come la comunione dell’amore esiste sin dall’inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1 Gv 1, 1ss), così purtroppo fin dall’inizio subentra anche la divisione. Non dobbiamo meravigliarci che essa esista anche oggi […]. Quindi c’è sempre il pericolo, nelle vicende del mondo e anche nelle debolezze della Chiesa, di perdere la fede, e così anche di perdere l’amore e la fraternità. È quindi un preciso dovere di chi crede alla Chiesa dell’amore e vuol vivere in essa, riconoscere anche questo pericolo ».
La storia della Chiesa ci insegna, poi, che non si esprime un’autentica comunione senza un travagliato sforzo di riconciliazione.
Perciò, già il mio venerato Predecessore vi aveva rivolto, a più riprese, un pressante invito al perdono e alla riconciliazione. Al riguardo, mi piace richiamare un passo del messaggio che egli vi inviò all’approssimarsi dell’Anno Santo del 2000: « Preparandovi alla celebrazione del Grande Giubileo, ricordate che nella tradizione biblica un tale momento ha sempre portato con sé l’obbligo di condonare i debiti gli uni agli altri, di riparare le ingiustizie commesse e di riconciliarsi con il vicino. Anche a voi è stata annunciata la grande gioia preparata per tutti i popoli: l’amore e la misericordia del Padre, la Redenzione operata in Cristo. Nella misura in cui voi stessi sarete disponibili ad accettare tale gioioso annuncio, potrete trasmetterlo, con la vostra vita, a tutti gli uomini e le donne che vi sono accanto. E il mio desiderio più ardente è che assecondiate gli interiori suggerimenti dello Spirito Santo perdonandovi gli uni gli altri tutto ciò che deve essere perdonato, avvicinandovi l’uno all’altro, accettandovi reciprocamente, superando le barriere per andare al di là di tutto ciò che può dividervi. Non dimenticate la parola di Gesù durante l’Ultima Cena: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35). Ho appreso con gioia che volete offrire, come dono più prezioso per la celebrazione del Grande Giubileo, l’unità tra di voi e con il Successore di Pietro. Un tale proposito non può che essere frutto dello Spirito, che conduce la Sua Chiesa sui non facili cammini della riconciliazione e dell’unità ».
Tutti siamo consapevoli del fatto che questo cammino non potrà compiersi dall’oggi al domani, ma siate certi che la Chiesa intera eleverà un’insistente preghiera per voi a tale scopo.
Tenete inoltre presente che il vostro cammino di riconciliazione è sostenuto dall’esempio e dalla preghiera di tanti « testimoni della fede » che hanno sofferto e hanno perdonato, offrendo la loro vita per l’avvenire della Chiesa cattolica in Cina. La loro stessa esistenza rappresenta una permanente benedizione per voi presso il Padre celeste e la loro memoria non mancherà di produrre frutti abbondanti.
7. Un’attenta analisi della già menzionata dolorosa situazione di forti contrasti (cfr n. 6), che vede coinvolti fedeli laici e Pastori, mette in evidenza, tra le varie cause, il ruolo significativo svolto da organismi, che sono stati imposti come principali responsabili della vita della comunità cattolica. Ancora oggi, infatti, il riconoscimento da parte di detti organismi è il criterio per dichiarare una comunità, una persona o un luogo religioso, legali e quindi « ufficiali ». Tutto questo ha causato divisioni sia tra il clero sia tra i fedeli. È una situazione, che dipende soprattutto da fattori esterni alla Chiesa, ma che ne ha condizionato seriamente il cammino, dando adito anche a sospetti, accuse reciproche e denunce, e che continua ad essere una sua preoccupante debolezza.
Per quanto riguarda la delicata questione dei rapporti da intrattenere con gli organismi dello Stato, è particolarmente illuminante l’invito del Concilio Vaticano II a seguire la parola e il modo di agire di Gesù Cristo. Egli infatti, « non volendo essere un messia politico e dominatore con la forza,
Verità e amore sono le due colonne portanti della vita della comunità cristiana. Per questo motivo ricordavo che « la Chiesa dell’amore è anche la Chiesa della verità, intesa anzitutto come fedeltà al Vangelo affidato dal Signore Gesù ai suoi. […] Ma la famiglia dei figli di Dio, per vivere nell’unità e nella pace, ha bisogno di chi la custodisca nella verità e la guidi con discernimento sapiente e autorevole: è ciò che è chiamato a fare il ministero degli Apostoli. E qui arriviamo ad un punto importante. La Chiesa è tutta dello Spirito, ma ha una struttura, la successione apostolica, cui spetta la responsabilità di garantire il permanere della Chiesa nella verità donata da Cristo, dalla quale viene anche la capacità dell’amore. […] Gli Apostoli e i loro successori sono pertanto i custodi e i testimoni autorevoli del deposito della verità consegnato alla Chiesa, come sono anche i ministri della carità: due aspetti che vanno insieme. […] La verità e l’amore sono due volti dello stesso dono, che viene da Dio e che grazie al ministero apostolico è custodito nella Chiesa e ci raggiunge fino al nostro presente! ».
Perciò il Concilio Vaticano II sottolinea che « il rispetto e l’amore devono estendersi anche a coloro che pensano o agiscono diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché quanto più con onestà e carità saremo intimamente comprensivi verso il loro modo di pensare, tanto più facilmente potremo instaurare il dialogo con loro ». Ma, ci ammonisce il medesimo Concilio, « questa carità e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene ».
Considerando « il disegno originario di Gesù »,
Anche la dichiarata finalità dei suddetti organismi di attuare « i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa »,
Alla luce dei principi suesposti, i Pastori e i fedeli laici ricorderanno che la predicazione del Vangelo, la catechesi e l’opera caritativa, l’azione liturgica e cultuale, nonché tutte le scelte pastorali, competono unicamente ai Vescovi insieme con i loro sacerdoti nella continuità permanente della fede, trasmessa dagli Apostoli nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, e perciò non possono essere soggette a nessuna interferenza esterna.
Attesa tale difficile situazione, non pochi membri della comunità cattolica si domandano se il riconoscimento da parte delle Autorità civili necessario per operare pubblicamente comprometta in qualche modo la comunione con la Chiesa universale. So bene che questa problematica inquieta dolorosamente il cuore dei Pastori e dei fedeli. Al riguardo ritengo, in primo luogo, che la doverosa e strenua salvaguardia del deposito della fede e della comunione sacramentale e gerarchica non si opponga, di per sé, al dialogo con le Autorità circa quegli aspetti della vita della comunità ecclesiale che ricadono nell’ambito civile. Non si vedono poi particolari difficoltà per l’accettazione del riconoscimento concesso dalle Autorità civili, a condizione che esso non comporti la negazione di principi irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiastica. In non pochi casi concreti, però, se non quasi sempre, nella procedura di riconoscimento intervengono organismi che obbligano le persone coinvolte ad assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro coscienza di cattolici. Comprendo, perciò, come in tali varie condizioni e circostanze sia difficile determinare la scelta corretta da fare. Per questo motivo la Santa Sede, dopo avere riaffermato i principi, lascia la decisione al singolo Vescovo che, sentito il suo presbiterio, è meglio in grado di conoscere la situazione locale, di soppesare le concrete possibilità di scelta e di valutare le eventuali conseguenze all’interno della comunità diocesana. Potrebbe darsi che la decisione finale non incontri il consenso di tutti i sacerdoti e i fedeli. Mi auguro, tuttavia, che essa venga accolta, anche se con sofferenza, e che si mantenga l’unità della comunità diocesana col proprio Pastore.
Sarà bene, infine, che Vescovi e presbiteri, con vero cuore di pastori, si adoperino in tutti i modi per non dare adito a situazioni di scandalo, cogliendo le occasioni per formare la coscienza dei fedeli, con particolare attenzione ai più deboli: il tutto sarà vissuto nella comunione e nella comprensione fraterna, evitando giudizi e condanne reciproche. Anche in questo caso si deve tener presente che, specialmente in assenza di un vero spazio di libertà, per valutare la moralità di un atto occorre conoscere con particolare cura le reali intenzioni della persona interessata, oltre alla mancanza oggettiva. Ogni caso dovrà essere, quindi, vagliato singolarmente, tenendo conto delle circostanze.
L’Episcopato cinese
8. Nella Chiesa, Popolo di Dio, solo ai sacri ministri, debitamente ordinati dopo un’adeguata istruzione e formazione, spetta l’esercizio dell’ufficio di « insegnare, santificare e governare ». Fedeli laici possono, con la missione canonica da parte del Vescovo, svolgere un utile ministero ecclesiale di trasmissione della fede.
Negli anni recenti, per varie cause, voi, Fratelli nell’episcopato, avete incontrato difficoltà, poiché persone non « ordinate », e a volte anche non battezzate, controllano e prendono decisioni circa importanti questioni ecclesiali, inclusa la nomina dei Vescovi, in nome di vari organismi statali. Di conseguenza, si è assistito a uno svilimento dei ministeri petrino ed episcopale in forza di una visione della Chiesa, secondo la quale il Sommo Pontefice, i Vescovi e i sacerdoti, rischiano di diventare di fatto persone senza ufficio e senza potere. Invece, come si diceva, i ministeri petrino ed episcopale sono elementi essenziali e integrali della dottrina cattolica sulla struttura sacramentale della Chiesa. Questa natura della Chiesa è un dono del Signore Gesù, perché « è lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (Ef 4, 11-13).
La comunione e l’unità mi sia consentito di ripeterlo (cfr n. 5) sono elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica: pertanto il progetto di una Chiesa « indipendente », in ambito religioso, dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina cattolica.
Sono consapevole delle gravi difficoltà, alle quali dovete far fronte nella suddetta situazione per mantenervi fedeli a Cristo, alla sua Chiesa e al Successore di Pietro. Ricordandovi che come già affermava san Paolo (cfr Rm 8, 35-39) nessuna difficoltà può separarci dall’amore di Cristo, nutro la fiducia che saprete fare tutto il possibile, confidando nella grazia del Signore, per salvaguardare l’unità e la comunione ecclesiale anche a costo di grandi sacrifici.
Molti membri dell’Episcopato cinese, che in questi ultimi decenni hanno guidato la Chiesa, hanno offerto, e offrono, alle proprie comunità e alla Chiesa universale una luminosa testimonianza. Ancora una volta, sgorga dal cuore un inno di lode e di ringraziamento al « Pastore supremo » del gregge (1 Pt 5, 4): non si può infatti dimenticare che molti di loro hanno subito la persecuzione e sono stati impediti nell’esercizio del loro ministero, e alcuni di loro hanno reso feconda la Chiesa con l’effusione del proprio sangue. I nuovi tempi e la conseguente sfida della nuova evangelizzazione pongono in risalto la funzione del ministero episcopale. Come diceva Giovanni Paolo II ai Pastori di ogni parte del mondo convenuti a Roma per la celebrazione del Giubileo, « il Pastore è il primo responsabile e animatore della comunità ecclesiale sia nell’esigenza di comunione che nella proiezione missionaria. Di fronte al relativismo e al soggettivismo che inquinano tanta parte della cultura contemporanea, i Vescovi sono chiamati a difendere e promuovere l’unità dottrinale dei loro fedeli. Solleciti per ogni situazione in cui la fede è smarrita o ignorata, essi si adoperano con tutte le forze in favore dell’evangelizzazione, preparando a tal fine sacerdoti, religiosi e laici e mettendo a disposizione le necessarie risorse ».
Nella medesima occasione il mio venerato Predecessore ricordava che « il Vescovo, successore degli Apostoli, è uno per il quale Cristo è tutto. Con Paolo egli può ripetere ogni giorno: Per me vivere è Cristo… (Fil 1, 21). Questo egli deve testimoniare con tutto il suo comportamento. Il Concilio Vaticano II insegna: I Vescovi devono compiere il loro dovere apostolico come testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini (Decr. Christus Dominus, 11) ».
Riguardo poi al servizio episcopale, colgo l’occasione per ricordare quanto dicevo recentemente: « I Vescovi hanno la prima responsabilità di edificare la Chiesa come famiglia di Dio e come luogo di aiuto vicendevole e di disponibilità. Per poter compiere questa missione, avete ricevuto, con la consacrazione episcopale, tre peculiari uffici: il munus docendi, il munus sanctificandi e il munus regendi, che nel loro insieme costituiscono il munus pascendi. In particolare, la finalità del munus regendi è la crescita nella comunione ecclesiale, cioè la costruzione di una comunità concorde nell’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, nella frazione del pane, nelle preghiere e nell’unione fraterna. Strettamente congiunto con gli uffici di insegnare e di santificare, quello di governare il munus regendi appunto costituisce per il Vescovo un autentico atto di amore verso Dio e verso il prossimo che si esprime nella carità pastorale ».
Come avviene nel resto del mondo, anche in Cina la Chiesa è governata da Vescovi che, mediante l’ordinazione episcopale a loro conferita da altri Vescovi validamente ordinati, hanno ricevuto, insieme con l’ufficio di santificare, pure gli uffici di insegnare e di governare il popolo loro affidato nelle rispettive Chiese particolari, con una potestà che viene conferita da Dio mediante la grazia del sacramento dell’Ordine. Gli uffici di insegnare e di governare, però, « per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio » dei Vescovi.
Attualmente, tutti i Vescovi della Chiesa cattolica in Cina sono figli del Popolo cinese. Nonostante molte e gravi difficoltà, la Chiesa cattolica in Cina, per una particolare grazia dello Spirito Santo, non è stata mai privata del ministero di legittimi Pastori che hanno conservato intatta la successione apostolica. Dobbiamo ringraziare il Signore per questa presenza costante e sofferta di Vescovi, che hanno ricevuto l’ordinazione episcopale in conformità con la tradizione cattolica, vale a dire in comunione con il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, e per mano di Vescovi, validamente e legittimamente ordinati, nell’osservanza del rito della Chiesa cattolica.
Alcuni di essi, non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente. La clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa, e la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede e di non accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l’intimo della vita della Chiesa. Per tale motivo la Santa Sede auspica che questi legittimi Pastori possano essere riconosciuti come tali dalle Autorità governative anche per gli effetti civili in quanto necessari e che i fedeli tutti possano esprimere liberamente la propria fede nel contesto sociale in cui si trovano a vivere.
Altri Pastori, invece, sotto la spinta di circostanze particolari hanno acconsentito a ricevere l’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio ma, in seguito, hanno chiesto di poter essere accolti nella comunione con il Successore di Pietro e con gli altri Fratelli nell’episcopato. Il Papa, considerando la sincerità dei loro sentimenti e la complessità della situazione, e tenendo presente il parere dei Vescovi viciniori, in virtù della propria responsabilità di Pastore universale della Chiesa ha concesso ad essi il pieno e legittimo esercizio della giurisdizione episcopale. Questa iniziativa del Papa nasceva dalla conoscenza delle particolari circostanze della loro ordinazione e dalla sua profonda preoccupazione pastorale di favorire il ristabilimento di una piena comunione. Purtroppo, il più delle volte, i sacerdoti e i fedeli non sono stati adeguatamente informati dell’avvenuta legittimazione del loro Vescovo, e ciò ha dato luogo a non pochi e gravi problemi di coscienza. Per di più, alcuni Vescovi legittimati non hanno posto gesti, che comprovassero chiaramente l’avvenuta legittimazione. Per questo motivo è indispensabile che, per il bene spirituale delle comunità diocesane interessate, l’avvenuta legittimazione possa essere resa di pubblico dominio a tempi brevi e che i Presuli legittimati pongano sempre di più gesti inequivocabili di piena comunione con il Successore di Pietro.
Non mancano infine alcuni Vescovi in un numero molto ridotto che sono stati ordinati senza il mandato pontificio e non hanno chiesto, o non hanno ancora ottenuto, la necessaria legittimazione. Secondo la dottrina della Chiesa cattolica essi sono da ritenere illegittimi, ma validamente ordinati, qualora ci sia la certezza che hanno ricevuto l’ordinazione da Vescovi validamente ordinati e che è stato rispettato il rito cattolico dell’ordinazione episcopale. Essi pertanto, pur non essendo in comunione con il Papa, esercitano validamente il loro ministero nell’amministrazione dei sacramenti, anche se in modo illegittimo. Quale grande ricchezza spirituale ne deriverebbe per la Chiesa in Cina se, in presenza delle necessarie condizioni, anche questi Pastori pervenissero alla comunione con il Successore di Pietro e con tutto l’Episcopato cattolico! Non solo sarebbe legittimato il loro ministero episcopale, ma anche risulterebbe più ricca la loro comunione con i sacerdoti e con i fedeli che considerano la Chiesa in Cina parte della Chiesa cattolica, unita con il Vescovo di Roma e con tutte le altre Chiese particolari sparse per il mondo.
Nelle singole nazioni tutti i Vescovi legittimi costituiscono una Conferenza Episcopale, retta secondo uno statuto proprio che, a norma del diritto canonico, deve essere approvato dalla Sede Apostolica. Tale Conferenza Episcopale esprime la comunione fraterna di tutti i Vescovi di una nazione e tratta le questioni dottrinali e pastorali, che sono rilevanti per l’intera comunità cattolica nel Paese, senza però interferire nell’esercizio della potestà ordinaria e immediata di ogni Vescovo nella sua diocesi propria. Inoltre, ogni Conferenza Episcopale mantiene opportuni e utili contatti con le Autorità civili del luogo, anche per favorire la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, ma è ovvio che una Conferenza Episcopale non può essere sottoposta a nessuna Autorità civile nelle questioni di fede e di vita secondo la fede (fides et mores, vita sacramentale), che sono esclusivamente di competenza della Chiesa.
Alla luce dei principi sopra esposti, l’attuale Collegio dei Vescovi Cattolici di Cina
Nomina dei Vescovi
9. Com’è noto a tutti voi, uno dei problemi più delicati nei rapporti della Santa Sede con le Autorità del vostro Paese è la questione delle nomine episcopali. Da un lato, si può comprendere che le Autorità governative siano attente alla scelta di coloro che svolgeranno l’importante ruolo di guide e di pastori delle comunità cattoliche locali, attesi i risvolti sociali che in Cina come nel resto del mondo tale funzione ha anche nel campo civile. Dall’altro lato, la Santa Sede segue con speciale cura la nomina dei Vescovi poiché questa tocca il cuore stesso della vita della Chiesa in quanto la nomina dei Vescovi da parte del Papa è garanzia dell’unità della Chiesa e della comunione gerarchica. Per questo motivo il Codice di Diritto Canonico (cfr can. 1382) stabilisce gravi sanzioni sia per il Vescovo che conferisce liberamente l’ordinazione episcopale senza mandato apostolico sia per colui che la riceve: tale ordinazione rappresenta infatti una dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina canonica.
Il Papa, quando concede il mandato apostolico per l’ordinazione di un Vescovo, esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed intervento, che rimangono nell’ambito strettamente religioso. Non si tratta quindi di un’autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni di uno Stato e ne lede la sovranità.
La nomina di Pastori per una determinata comunità religiosa è intesa, anche in documenti internazionali, come un elemento costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa.
Infine, quanto alla scelta dei candidati all’episcopato, pur conoscendo le vostre difficoltà al riguardo, desidero ricordare la necessità che essi siano sacerdoti degni, rispettati ed amati dai fedeli, e modelli di vita nella fede, e che posseggano una certa esperienza nel ministero pastorale e siano perciò più adeguati a far fronte alla pesante responsabilità di Pastore della Chiesa.
Sacramenti, governo delle diocesi, parrocchie
10. Negli ultimi tempi sono emerse difficoltà, legate ad iniziative individuali di Pastori, di sacerdoti e di fedeli laici, che, mossi da generoso zelo pastorale, non sempre hanno rispettato i compiti o la responsabilità altrui.
A questo proposito il Concilio Vaticano II ci ricorda che, se da un lato i singoli Vescovi « in quanto membri del Collegio episcopale e legittimi successori degli Apostoli, sono tenuti, per istituzione e precetto di Cristo, ad avere una sollecitudine per tutta la Chiesa », dall’altro lato essi « esercitano il loro governo pastorale sopra la porzione del Popolo di Dio che è stata loro affidata, non sopra le altre Chiese né sopra la Chiesa universale ».
Inoltre, di fronte a certe problematiche emerse in varie comunità diocesane durante gli ultimi anni, mi sembra doveroso ricordare la norma canonica secondo cui ogni chierico deve essere incardinato in una Chiesa particolare o in un Istituto di vita consacrata e deve esercitare il proprio ministero in comunione con il Vescovo Diocesano. Solo per giusti motivi un chierico può esercitare il ministero in un’altra diocesi, ma sempre con il previo accordo dei due Vescovi Diocesani, cioè di quello della Chiesa particolare in cui è incardinato e di quello della Chiesa particolare al cui servizio è destinato.
In non poche circostanze, poi, vi siete posti il problema della concelebrazione dell’Eucaristia. Al riguardo, ricordo che essa presuppone, come condizioni, la professione della stessa fede e la comunione gerarchica con il Papa e con la Chiesa universale. Pertanto è lecito concelebrare con Vescovi e con sacerdoti che sono in comunione con il Papa, anche se sono riconosciuti dalle Autorità civili e mantengono un rapporto con organismi, voluti dallo Stato ed estranei alla struttura della Chiesa, purché come si è detto sopra (cfr n. 7, capov. 8
Anche i fedeli laici, che sono animati da un sincero amore per Cristo e per la Chiesa, non devono esitare a partecipare all’Eucaristia, celebrata da Vescovi e da sacerdoti che sono in piena comunione con il Successore di Pietro e sono riconosciuti dalle Autorità civili. Lo stesso vale per tutti gli altri sacramenti.
Sempre alla luce dei principi della dottrina cattolica devono essere risolti i problemi che sorgono con quei Vescovi, che sono stati consacrati senza il mandato pontificio, sia pure nel rispetto del rito cattolico dell’ordinazione episcopale. La loro ordinazione come ho già detto (cfr n. 8, capov. 12
Reputo infine opportuno attirare la vostra attenzione su quanto la legislazione canonica prevede per aiutare i Vescovi Diocesani ad assolvere il proprio compito pastorale. Ogni Vescovo Diocesano è invitato a servirsi di indispensabili strumenti di comunione e di collaborazione all’interno della comunità cattolica diocesana: la curia diocesana, il consiglio presbiterale, il collegio dei consultori, il consiglio pastorale diocesano e il consiglio diocesano per gli affari economici. Questi organismi esprimono la comunione, favoriscono la condivisione delle responsabilità comuni e sono di grande aiuto ai Pastori, che possono così avvalersi della fraterna collaborazione di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici.
Lo stesso vale per i vari consigli, che il Diritto Canonico prevede per le parrocchie: il consiglio pastorale parrocchiale ed il consiglio parrocchiale per gli affari economici.
Tanto per le diocesi quanto per le parrocchie, particolare attenzione dovrà essere riservata ai beni temporali della Chiesa, mobili ed immobili, che dovranno essere registrati legalmente in campo civile a nome della diocesi o della parrocchia e mai a nome di singole persone (cioè Vescovo, parroco o gruppo di fedeli). Nel contempo mantiene tutta la sua validità il tradizionale orientamento pastorale e missionario, che si riassume nel principio: « nihil sine Episcopo ».
Dall’analisi delle suesposte problematiche emerge con chiarezza che una vera soluzione di esse ha la sua radice nella promozione della comunione, che attinge vigore e slancio, come da fonte, da Cristo, icona dell’amore del Padre. La carità, che è sempre al di sopra di tutto (cfr 1 Cor 13, 1-12), sarà la forza ed il criterio nel lavoro pastorale per la costruzione di una comunità ecclesiale, che renda presente il Cristo Risorto all’uomo di oggi.
Le province ecclesiastiche
11. Numerosi cambiamenti amministrativi sono avvenuti, in campo civile, durante gli ultimi cinquant’anni. Ciò ha coinvolto anche diverse circoscrizioni ecclesiastiche, che sono state eliminate o raggruppate oppure sono state modificate nella loro configurazione territoriale in base alle circoscrizioni amministrative civili. A questo proposito desidero confermare che la Santa Sede è disponibile ad affrontare l’intera questione delle circoscrizioni e delle province ecclesiastiche in un dialogo aperto e costruttivo con l’Episcopato cinese e in quanto opportuno e utile con le Autorità governative.
Le comunità cattoliche
12. Mi è ben noto che le comunità diocesane e parrocchiali, disseminate nel vasto territorio cinese, mostrano una particolare vivacità di vita cristiana, di testimonianza della fede e di iniziative pastorali. È per me consolante costatare che, malgrado le difficoltà passate e presenti, i Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate ed i fedeli laici hanno mantenuto una profonda consapevolezza di essere membra vive della Chiesa universale, in comunione di fede e di vita con tutte le comunità cattoliche sparse per il mondo. Essi sanno, nel loro cuore, che cosa vuol dire essere cattolici. Ed è proprio da questo cuore cattolico che deve nascere anche l’impegno per rendere manifesto ed operoso, sia all’interno delle singole comunità sia nei rapporti tra le varie comunità, quello spirito di comunione, di comprensione e di perdono che com’è detto sopra (cfr n. 5, capov. 4
Come già facevo presente (cfr n. 2, capov. 1
I presbiteri
13. Vorrei poi rivolgere un pensiero speciale e un invito ai sacerdoti in modo particolare a quelli ordinati negli ultimi anni , che con tanta generosità hanno intrapreso il cammino del ministero pastorale. Mi sembra che l’attuale situazione ecclesiale e socio-politica renda sempre più pressante l’esigenza di attingere luce e forza alle sorgenti della spiritualità sacerdotale, che sono l’amore di Dio, l’incondizionata sequela di Cristo, la passione per l’annuncio del Vangelo, la fedeltà alla Chiesa e il servizio generoso al prossimo.
Sacerdoti carissimi! Voi che sopportate « il peso della giornata e il caldo » (Mt 20, 12), che avete messo mano all’aratro e non vi volgete indietro (cfr Lc 9, 62), pensate a quei luoghi, dove i fedeli attendono con ansia un sacerdote e dove da molti anni, sentendo la sua mancanza, non cessano di auspicarne la presenza. So bene che in mezzo a voi ci sono confratelli che hanno dovuto far fronte a tempi e a situazioni difficili, assumendo posizioni non sempre condivisibili da un punto di vista ecclesiale, e che, malgrado tutto, desiderano tornare nella piena comunione della Chiesa. Nello spirito di quella profonda riconciliazione, alla quale il mio venerato Predecessore ha invitato ripetutamente la Chiesa in Cina,
Sono consapevole poi che anche in Cina, come nel resto della Chiesa, emerge la necessità di un’adeguata formazione permanente del clero. Di qui nasce l’invito, rivolto a voi Vescovi come responsabili delle comunità ecclesiali, a pensare specialmente al giovane clero che è sempre più sottoposto a nuove sfide pastorali, connesse con le esigenze del compito di evangelizzare una società così complessa com’è la società cinese attuale. Ce lo ricordava il Papa Giovanni Paolo II: la formazione permanente dei sacerdoti « è un’esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto e si rivela necessaria in ogni tempo. Oggi però risulta essere particolarmente urgente, non solo per il rapido mutarsi delle condizioni sociali e culturali degli uomini e dei popoli entro cui si svolge il ministero presbiterale, ma anche per quella nuova evangelizzazione che costituisce il compito essenziale e indilazionabile della Chiesa alla fine del secondo millennio ».
Le vocazioni e la formazione religiosa
14. Durante gli ultimi cinquant’anni non è mai mancata nella Chiesa in Cina un’abbondante fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Di questo si deve rendere grazie al Signore perché si tratta di un segno di vitalità e di un motivo di speranza. Nel corso degli anni poi sono sorte molte congregazioni religiose autoctone: i Vescovi e i sacerdoti sanno per esperienza quanto sia insostituibile il contributo delle religiose nella catechesi e nella vita parrocchiale in tutte le sue forme; inoltre, l’attenzione ai più bisognosi, prestata in collaborazione anche con le Autorità civili locali, è espressione di quella carità e di quel servizio al prossimo che sono la testimonianza più credibile della forza e della vitalità del Vangelo di Gesù.
Sono però consapevole che tale fioritura è accompagnata, oggi, da non poche difficoltà. Emerge pertanto l’esigenza sia di un più attento discernimento vocazionale da parte dei responsabili ecclesiali sia di una più approfondita educazione e istruzione degli aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa. Nonostante la precarietà dei mezzi a disposizione, per l’avvenire della Chiesa in Cina bisognerà adoperarsi per assicurare, da un lato, una particolare attenzione nella cura delle vocazioni e, dall’altro lato, una formazione più solida sotto gli aspetti umano, spirituale, filosofico-teologico e pastorale, da realizzare nei seminari e negli istituti religiosi.
A questo riguardo, merita una menzione particolare la formazione al celibato dei candidati al sacerdozio. È importante che essi imparino a vivere e a stimare il celibato come dono prezioso di Dio e come segno eminentemente escatologico, che testimonia un amore indiviso a Dio ed al suo popolo e configura il sacerdote a Gesù Cristo, Capo e Sposo della Chiesa. Tale dono, infatti, in modo precipuo « esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore »
Quanto poi alla vocazione religiosa, nel contesto attuale della Chiesa in Cina è necessario che appaiano sempre più luminose le sue due dimensioni: e cioè, da un lato, la testimonianza del carisma della totale consacrazione a Cristo attraverso i voti di castità, povertà e obbedienza e, dall’altro, la risposta all’esigenza di annunciare il Vangelo nelle odierne condizioni storico-sociali del Paese.
I fedeli laici e la famiglia
15. Nei tempi più difficili della storia recente della Chiesa cattolica in Cina i fedeli laici, sia a livello individuale e familiare sia come membri di movimenti spirituali ed apostolici, hanno mostrato una piena fedeltà al Vangelo, pagando anche di persona la propria fedeltà a Cristo. Voi, laici, siete chiamati, pure oggi, a incarnare il Vangelo nella vostra vita e a dare una testimonianza per mezzo di un generoso e fattivo servizio per il bene del popolo e per lo sviluppo del Paese: e adempirete tale missione vivendo come cittadini onesti e operando come collaboratori attivi e corresponsabili nella diffusione della Parola di Dio nel vostro ambiente, rurale o cittadino. Voi, che in tempi recenti siete stati coraggiosi testimoni della fede, restate la speranza della Chiesa per l’avvenire! Ciò esige una vostra sempre più motivata partecipazione in tutte le istanze della vita della Chiesa, in comunione con i vostri rispettivi Pastori.
Poiché l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia, ritengo indispensabile ed urgente che i laici ne promuovano i valori e ne tutelino le esigenze. Essi, che nella fede conoscono pienamente il meraviglioso disegno di Dio sulla famiglia, hanno una ragione in più per assumere questa consegna concreta ed impegnativa: la famiglia infatti « è il luogo normale dove le giovani generazioni giungono alla maturità personale e sociale. La famiglia reca con sé l’eredità dell’umanità stessa, poiché la vita passa attraverso di essa di generazione in generazione. La famiglia occupa un posto molto importante nelle culture dell’Asia e, come hanno sottolineato i Padri sinodali, i valori familiari quali il rispetto filiale, l’amore e la cura per gli anziani e i malati, l’amore per i piccoli e l’armonia sono tenuti in grande stima in tutte le culture e le tradizioni religiose di quel Continente ».
I summenzionati valori fanno parte del rilevante contesto culturale cinese, ma anche nella vostra terra non mancano forze che influiscono negativamente sulla famiglia in vari modi. Pertanto la Chiesa che è in Cina, consapevole che il bene della società e di se stessa è profondamente legato al bene della famiglia,
L’iniziazione cristiana degli adulti
16. La storia recente della Chiesa cattolica in Cina ha visto un elevato numero di adulti, che si sono avvicinati alla fede grazie anche alla testimonianza della comunità cristiana locale. Voi, Pastori, siete chiamati a curare in modo particolare la loro iniziazione cristiana attraverso un appropriato e serio periodo di catecumenato che li aiuti e li prepari a condurre una vita da discepoli di Gesù.
A questo proposito ricordo che l’evangelizzazione non è mai pura comunicazione intellettuale, bensì anche esperienza di vita, purificazione e trasformazione dell’intera esistenza, e cammino in comunione. Solo così si instaura un giusto rapporto tra pensiero e vita.
Guardando poi al passato, si deve purtroppo rilevare che molti adulti non sempre sono stati sufficientemente iniziati alla completa verità della vita cristiana e nemmeno hanno conosciuto la ricchezza del rinnovamento apportato dal Concilio Vaticano II. Sembra pertanto necessario e urgente offrire ad essi una solida e approfondita formazione cristiana, sotto forma anche di un catecumenato post-battesimale.
La vocazione missionaria
17. La Chiesa, sempre e dovunque missionaria, è chiamata alla proclamazione e alla testimonianza del Vangelo. Anche la Chiesa in Cina deve sentire nel suo cuore l’ardore missionario del suo Fondatore e Maestro.
Rivolgendosi a giovani pellegrini sul Monte delle Beatitudini nell’Anno Santo 2000, Giovanni Paolo II diceva: « Al momento della sua Ascensione, Gesù affidò ai suoi discepoli una missione e questa rassicurazione: Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni… ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 18-20). Da duemila anni i seguaci di Cristo svolgono questa missione. Ora, all’alba del terzo millennio, tocca a voi. Tocca a voi andare nel mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini. Quando Dio parla, parla di cose che hanno la più grande importanza per ogni persona, per le persone del XXI secolo non meno che per quelle del primo secolo. I Dieci Comandamenti e le Beatitudini parlano di verità e di bontà, di grazia e di libertà, di quanto è necessario per entrare nel Regno di Cristo ».
Ora spetta a voi, discepoli cinesi del Signore, essere coraggiosi apostoli di quel Regno. Sono sicuro che grande e generosa sarà la vostra risposta.
CONCLUSIONE
Revoca delle facoltà e delle direttive pastorali
18. Considerando in primo luogo alcuni positivi sviluppi della situazione della Chiesa in Cina, in secondo luogo le maggiori opportunità e facilitazioni nelle comunicazioni e, da ultimo, le richieste che diversi Vescovi e sacerdoti hanno qui indirizzato, con la presente Lettera revoco tutte le facoltà che erano state concesse per far fronte a particolari esigenze pastorali, sorte in tempi veramente difficili.
Lo stesso dicasi per tutte le direttive di ordine pastorale, passate e recenti. I principi dottrinali, che le ispiravano, trovano ora nuova applicazione nelle direttive, contenute nella presente Lettera.
Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina
19. Carissimi Pastori e fedeli tutti, il giorno 24 maggio, che è dedicato alla memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani la quale è venerata con tanta devozione nel santuario mariano di Sheshan a Shanghai , in futuro potrebbe divenire occasione per i cattolici di tutto il mondo di unirsi in preghiera con la Chiesa che è in Cina.
Desidero che quella data sia per voi una giornata di preghiera per la Chiesa in Cina. Vi esorto a celebrarla rinnovando la vostra comunione di fede in Gesù Nostro Signore e di fedeltà al Papa, pregando affinché l’unità tra di voi sia sempre più profonda e visibile. Vi ricordo inoltre il comandamento d’amore che Gesù ci ha dato, di amare i nostri nemici e di pregare per coloro che ci perseguitano, nonché l’invito dell’Apostolo san Paolo: « Vi raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla, con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2, 1-4).
Nella medesima Giornata i cattolici nel mondo intero in particolare quelli che sono di origine cinese mostreranno la loro fraterna solidarietà e sollecitudine per voi, chiedendo al Signore della storia il dono della perseveranza nella testimonianza, certi che le vostre sofferenze passate e presenti per il santo Nome di Gesù e la vostra intrepida lealtà al Suo Vicario in terra saranno premiate, anche se talvolta tutto possa sembrare un triste fallimento.
Saluto finale
20. Al termine di questa Lettera auguro a voi, cari Pastori della Chiesa cattolica che è in Cina, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici, di essere « ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo » (1 Pt 1, 6- 7).
Maria Santissima, Madre della Chiesa e Regina della Cina, che nell’ora della Croce ha saputo, nel silenzio della speranza, attendere il mattino della Risurrezione, vi accompagni con materna premura e interceda per tutti voi insieme a san Giuseppe e ai numerosi santi Martiri cinesi.
Vi assicuro delle mie costanti preghiere e, con un pensiero affettuoso agli anziani, agli ammalati, ai bambini e ai giovani della vostra nobile Nazione, vi benedico di cuore.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 27 maggio, Solennità di Pentecoste, dell’anno 2007, terzo di Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
Note
A livello regionale poi si vedano, per esempio, i seguenti impegni, assunti nella Riunione di Vienna dai Rappresentanti degli Stati partecipanti alla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE): « Al fine di assicurare la libertà dell’individuo di professare e praticare una religione o una convinzione, gli Stati partecipanti, fra l’altro, (…) rispetteranno il diritto di tali comunità religiose di (…) organizzarsi secondo la propria struttura gerarchica e istituzionale, (…) scegliere, nominare e sostituire il proprio personale conformemente alle rispettive esigenze e alle proprie norme nonché a qualsiasi intesa liberamente accettata fra esse e il proprio Stato, (…) » (Documento Conclusivo del 1989, Principio n. 16 della sezione « Questioni relative alla sicurezza in Europa »).
Cfr anche Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, n. 4.
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