Vita Chiesa

BENEDETTO XVI IN ISRAELE, MESSA VALLE DI JOSAFAT: PACE MINACCIATA DA EGOISMO, CONFLITTO E DIVISIONE

“Spero che la mia presenza qui sia un segno che voi non siete dimenticati, che la vostra perseverante presenza e testimonianza sono di fatto preziose agli occhi di Dio e sono una componente del futuro di queste terre”. Con queste parole il Papa si è rivolto ai cristiani della Terra Santa, nell’omelia della Messa nella Valle di Josafat (testo integrale), culmine della tappa israeliana del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa. Dopo aver riconosciuto “le difficoltà, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e – Dio non lo permetta – possono ancora conoscere”, il Pontefice si è soffermato sul compito importante che devono assumersi coloro che sono “collegati in una ininterrotta linea con quei primi discepoli”. “Proprio a causa delle vostre profonde radici in questi luoghi, la vostra antica e forte cultura cristiana, e la vostra perdurante fiducia nelle promesse di Dio – le parole di Benedetto XVI – voi cristiani della Terra Santa, siete chiamati a servire non solo come un faro di fede per la Chiesa universale, ma anche come lievito di armonia, saggezza ed equilibrio nella vita di una società che tradizionalmente è stata, e continua ad essere, pluralistica, multietnica e multi religiosa”. Nella parte finale dell’omelia, Benedetto XVI ha fatto cenno alla “tragica realtà della partenza di così numerosi membri della comunità cristiana negli anni recenti”, definita “fonte di preoccupazione per tutti coloro che amano questa città e questa terra”. “Benché ragioni comprensibili portino molti, specialmente giovani, ad emigrare – ha detto il Santo Padre – questa decisione reca con sé come conseguenza un grande impoverimento culturale e spirituale della città”. “Nella Terra Santa c’è posto per tutti!”, ha ribadito il Papa, che ha rivolto un appello alle autorità “a rispettare e sostenere la presenza cristiana” e ha assicurato alla comunità cattolica locale “la solidarietà, l’amore e il sostegno di tutta la Chiesa e della Santa Sede”.A Gerusalemme, Città Santa “dove la vita ha sconfitto la morte”, “la speranza continua a combattere la disperazione, la frustrazione e il cinismo, mentre la pace, che è dono e chiamata di Dio, continua ad essere minacciata dall’egoismo, dal conflitto, dalla divisione e dal peso delle passate offese”. E’ l’analisi del Papa, che nell’omelia della Messa nella Valle di Josafat ha trattato il tema della speranza come “visione che spinge tutti coloro che amano questa Gerusalemme terrestre a vederla come una profezia e una promessa di quella universale riconciliazione e pace che Dio desidera per tutta l’umana famiglia”. “Purtroppo, sotto le mura di questa stessa Città – le parole di Benedetto XVI – noi siamo anche portati a considerare quanto lontano sia il nostro mondo dal compimento di quella profezia e promessa”. Per questa ragione, “la comunità cristiana in questa città che ha visto la risurrezione di Cristo e l’effusione dello Spirito deve fare tutto il possibile per conservare la speranza donata dal Vangelo, tenendo in gran conto il pegno della vittoria definitiva di Cristo sul peccato e sulla morte, testimoniando la forza del perdono e manifestando la natura più profonda della Chiesa quale segno e sacramento di una umanità riconciliata, rinnovata e resa una in Cristo, il nuovo Adamo”.Gli ebrei, i cristiani e i musulmani “devono essere i primi a promuovere” la “cultura della riconciliazione e della pace, per quanto lento possa essere il processo e gravoso il peso dei ricordi passati”. E’ il grande compito affidato oggi dal Papa ai “credenti in un Dio misericordia”, nella Messa nella Valle di Josafat, sotto il Monte degli Ulivi, luogo “dove nostro Signore pregò e soffrì, dove pianse per amore di questa città e per il desiderio che essa potesse conoscere la vita della pace”. Parlando della città “sacra ai seguaci delle tre grandi religioni”, Benedetto XVI si è soffermato sulla “universale vocazione di Gerusalemme”, definita “un fatto indiscutibile, una realtà irrevocabile fondata nella storia complessa di questa città e del suo popolo”. “Ebrei, musulmani e cristiani qualificano insieme questa città come loro patria spirituale”, ha ricordato il Pontefice, evidenziando “quanto bisogna ancora fare per renderla veramente una ‘città della pace’ per tutti i popoli, dove tutti possono venire in pellegrinaggio alla ricerca di Dio, e per ascoltarne la voce”.Gerusalemme, per il Papa, “è sempre stata una città nelle cui vie risuonano lingue diverse, le cui pietre sono calpestate da popoli di ogni razza e lingua, le cui mura sono un simbolo della cura provvidente di Dio per l’intera famiglia umana”. Di qui l’ammonimento di Benedetto XVI: “Come un microcosmo del nostro mondo globalizzato, questa città, se deve vivere la sua vocazione universale, deve essere un luogo che insegna l’universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione; un luogo dove il pregiudizio, l’ignoranza e la paura che li alimenta, siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace. Non dovrebbe esservi posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e l’ingiustizia”. Quanto ai “luoghi santificati dalla presenza di Cristo”, Benedetto XVI ha auspicato che siano per i cristiani in Terra Santa, ma anche per i “pellegrini di ogni parte del mondo”, un’opportunità per continuare, “giorno dopo giorno, a ‘vedere e credere’ nei segni della provvidenza di Dio e della sua inesauribile misericordia, ad ‘ascoltare’ con rinnovata fede e speranza le consolanti parole della predicazione apostolica e a ‘toccare’ le sorgenti della grazia” per testimoniare agli altri “la libertà nata dal perdono, la luce interiore e la pace che possono portare salvezza e speranza anche nelle più oscure realtà umane”.Sir