Benedetto XVI

Benedetto XVI in Brasile

Il viaggio apostolico di Benedetto XVI in Brasile, dal 9 al 14 maggio, in occasione della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, ha permesso alla Chiesa latinoamericana di vivere giorni di grazia e di giubilo. La presenza del Papa, quale successore di Pietro, ha fatto gustare l’immensa gioia di appartenere alla Chiesa cattolica. La sua parola di padre e maestro è stata come un balsamo che irrobustisce e consola in questo momento “in cui attorno alla nostra fede cattolica sale la nebbia del dubbio, della stanchezza e della difficoltà”.

Il suo messaggio è stato trasparente e diretto, di ampio respiro e ancorato alla realtà socio-culturale-ecclesiale; un messaggio impegnato ed evangelico perché la Chiesa intera, con i suoi pastori e laici, giovani e famiglie, comunità e movimenti, consolidi la propria identità di discepola-missionaria al servizio della vita nei popoli del continente e sappia affrontare con creatività e audacia le sfide dell’evangelizzazione nell’odierno mondo globalizzato che si presenta “come una rete di rapporti a livello planetario”.

Nel discorso inaugurale della V Conferenza generale il Papa ha toccato i punti nevralgici della realtà ecclesiale e sociale dell’America Latina, ha segnalato alcuni criteri illuminanti ed ha prospettato le opzioni pastorali che dovranno indicare la rotta della nostra Chiesa per i prossimi anni.

REALTÀ SOCIALE ED ECCLESIALE DELL’AMERICA LATINA. Benedetto XVI, nel suo discorso, ha riconosciuto il valore delle culture del popolo latinoamericano e l’apertura al dono del Vangelo che le ha arricchite immensamente, dando origine ad una “ricca cultura cristiana”. Essa costituisce oggi l’identità di questi popoli che, nella religiosità popolare, sono riusciti ad esprimere la loro “anima”.

Non vi è rottura – ha detto il Papa – con le precedenti Conferenze generali, e quindi con il cammino percorso dalla Chiesa latinoamericana negli ultimi 50 anni, bensì vi è una “continuità”. Ciò significa che si accoglie l’eredità di Rio (1955), come appello all’unità e all’integrazione continentale dei popoli e delle Chiese locali; di Medellín (1968), come impegno di liberazione nei confronti dei poveri e di lotta nei confronti dell’ingiustizia istituzionalizzata; di Puebla (1979), che nella sua dinamica di comunione e partecipazione ha segnato l’impegno per l’umanizzazione e l’evangelizzazione dei popoli e delle culture a partire dalla verità su Cristo, la Chiesa e l’uomo; di Santo Domingo (1992) che, dalla centralità di Gesù Cristo, ha puntato all’inculturazione del Vangelo.

Benedetto XVI ha sottolineato che la Chiesa è attenta ai nuovi “segni dei tempi”, in quanto “molte cose sono cambiate nella società”, dal 1992, quando si è celebrata la IV Conferenza. Il primo fenomeno indicato dal Papa è la globalizzazione: “Benché sotto certi aspetti sia un guadagno per la grande famiglia umana e un segnale della sua profonda aspirazione all’unità, tuttavia comporta anche senza dubbio il rischio dei grandi monopoli e di trasformare il lucro in valore supremo”. Per questo, è necessaria la presenza dell’etica affinché tutto sia al servizio dell’essere umano.

Il Pontefice ha riconosciuto i progressi “verso la democrazia” nella maggioranza dei Paesi ma, allo stesso tempo, ha ammonito riguardo talune forme di governo “autoritarie o soggette a certe ideologie che si credevano superate, e che non corrispondono con la visione cristiana dell’uomo e della società, come c’insegna la Dottrina sociale della Chiesa. Per altro verso, l’economia liberale di alcuni Paesi latinoamericani deve tenere presente l’equità, perché continuano ad aumentare i settori sociali che si vedono oppressi sempre di più da un’enorme povertà”.

Il Santo Padre ha denunciato con chiarezza e grande audacia il problema delle strutture che danno luogo a ingiustizie: sia il capitalismo sia il marxismo avevano promesso la costruzione di società più eque e sono miseramente falliti. Il primo ha aumentato il divario tra ricchi e poveri ed è stato causa del degrado della dignità umana; mentre il secondo ha provocato “una dolorosa oppressione delle anime”.In ambito ecclesiale, il Papa ha riconosciuto “la maturità nella fede” di laici, catechisti, giovani, movimenti ecclesiali; oltre alle azioni nel campo dell’istruzione e dell’assistenza ai bisognosi. Ha anche denunciato “un certo indebolimento della vita cristiana nell’insieme della società e della partecipazione alla vita della Chiesa cattolica”. Le cause di questo fenomeno, ha detto il Papa, risiedono nel secolarismo, nell’edonismo, nell’indifferentismo e nel proselitismo di numerose sette, di religioni animiste e di nuove espressioni pseudoreligiose.

CRITERI ILLUMINANTI. I criteri per rispondere adeguatamente a questa nuova situazione in cui vivono i popoli latinoamericani emergono dalla feconda esperienza dell’essere discepoli e missionari di Gesù Cristo. Questa esperienza si costruisce nell’incontro personale e comunitario con lui, il che “implica seguirlo, vivere in intimità con lui, imitare il suo esempio e dare testimonianza”. Nella comunione con lui troviamo la vita degna e piena cui aspiriamo “qui ed ora”. Con questo approccio, non si cerca in alcun modo uno spiritualismo disincarnato, un “intimismo” nel vivere la fede, né un “individualismo religioso” o un abbandono dei problemi che opprimono i nostri popoli. Si tratta piuttosto di andare al punto fondamentale, a ciò che è più autenticamente reale: Dio. È lui “la realtà fondante”.

“Solo chi riconosce Dio – ha detto Benedetto XVI – conosce la realtà e può rispondere ad essa in modo adeguato e realmente umano”. L’adesione incondizionata e totale a Dio introduce nella “famiglia universale di Dio nella Chiesa cattolica”, porta all’incontro con gli altri, superando ogni forma di egoismo e di “isolamento dell’io”. Sorge, quindi, un impegno permanente di corresponsabilità con l’altro. In questo senso, “l’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci con la sua povertà”. L’impegno evangelico nei confronti dei poveri acquisisce, in tal modo, una solida base teologica. Le mediazioni per addentrarsi in questa esperienza di Dio e di comunione con Gesù sono – ha affermato il Papa – “la lettura e meditazione della Parola”; la catechesi, trasmettendo “in forma semplice e sostanziosa il messaggio di Cristo”; “una catechesi sociale e un’adeguata formazione nella dottrina sociale della Chiesa”; l’Eucaristia domenicale come centro della vita cristiana.

OPZIONI PASTORALI. Le opzioni pastorali prospettate dal Papa ai vescovi sono orientate al raggiungimento di una vita degna e piena per i nostri popoli. Alcune sono di ordine socio-politico e altre di ordine ecclesiale. Per quanto riguarda le prime, è importante “promuovere una cultura della vita” rivolta allo sviluppo integrale delle persone e dei popoli, al superamento di ogni disuguaglianza sociale. I popoli latinoamericani si devono liberare dalla minaccia “della fame e di ogni forma di violenza”. In secondo luogo, occorre impegnarsi per stabilire “strutture giuste”, quale “condizione imprescindibile per una società giusta”. Ciò si raggiunge mediante “un consenso morale della società sui valori fondamentali e sulla necessità di vivere questi valori”. La presenza di Dio qui è fondamentale. Se Dio è assente, i valori non si manifestano in tutta la loro forza. In terzo luogo: i laici cattolici devono assumere la propria responsabilità nella vita politica, “devono essere presenti nella formazione dei consensi necessari e nell’opposizione contro le ingiustizie”.

A livello ecclesiale, la prima opzione pastorale è la famiglia. È prioritario avviare “politiche familiari che rispondano ai diritti della famiglia”. Per questo, è necessario promuovere “una pastorale familiare intensa e vigorosa”. La seconda opzione riguarda le vocazioni di speciale consacrazione: i sacerdoti, trattandosi dei “primi operatori di un autentico rinnovamento della vita cristiana nel Popolo di Dio”; i membri di vita consacrata, che con il loro stile di vita ricordano “che il Regno di Dio è già arrivato; che la giustizia e la verità sono possibili”. La terza opzione mette in luce l’impegno dei laici e dei movimenti ecclesiali, che sono “corresponsabili nella costruzione della società secondo i criteri del Vangelo, con entusiasmo e audacia”. Constatando, infine, che la maggioranza della popolazione latinoamericana è giovane, il Papa ha prospettato l’urgente necessità di dare priorità alla pastorale giovanile e vocazionale.

L’EVENTO ECCLESIALE. Il discorso del Papa alla V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi richiede uno studio approfondito. Quelli qui rilevati sono solo alcuni aspetti, probabilmente i più rilevanti e di maggior incidenza per l’evangelizzazione oggi in America Latina. Con tali indicazioni, i vescovi si apprestano ora ad avviare il loro operato. Di sicuro, alcuni orientamenti verranno assunti pienamente al fine di rispondere alle sfide del momento presente: dall’identità di discepoli-missionari di Gesù Cristo al servizio della vita nei popoli dell’America Latina e dei Caraibi. L’augurio è che questo importante evento ecclesiale riesca a dare impulso alla nuova evangelizzazione nell’odierno contesto socio-culturale, affinché, dall’esperienza di incontro con Gesù Cristo, si formino autentici discepoli; si promuova una vita degna per i nostri popoli e la Chiesa disponga un’intensa azione missionaria nel continente e nel mondo. La speranza è anche che tale evento susciti un desiderio di rinnovamento nei pastori e nei fedeli cristiani; che muova i cuori, scuota le coscienze, mobiliti tutte le forze della Chiesa e le spinga alla missione con maggior determinazione ed entusiasmo; che rafforzi, infine, la collegialità episcopale, l’identità latinoamericana e la partecipazione del popolo di Dio.da Bogotà VICTOR MANUEL RUANO PINEDAvicedirettore dell’Istituto teologico pastorale per l’America LatinaBenedetto XVI, viaggio in Brasile: tutti i discorsi