Vita Chiesa

BENEDETTO XVI IN AUSTRIA, MESSA A MARIAZELL: SENZA VERITA’ LA SCIENZA RISCHIA DI MINACCIARE L’UMANITA’

“Andare in pellegrinaggio significa essere orientati in una certa direzione, camminare verso una meta. Ciò conferisce anche alla via e alla sua fatica una propria bellezza”. Lo ha detto, stamattina, Benedetto XVI, nella Messa (testo integrale) per l’850° anniversario della fondazione del santuario di Mariazell, in Austria. “Lo slancio verso la fede cristiana, l’inizio della Chiesa di Gesù Cristo è stato possibile – ha spiegato il Papa – perché esistevano in Israele persone con un cuore in ricerca”, che “hanno scrutato lontano alla ricerca di qualcosa di più grande”. “La Chiesa delle genti si è resa possibile – ha aggiunto – perché sia nell’area del Mediterraneo sia nell’Asia vicina e media, dove arrivavano i messaggeri di Gesù Cristo, c’erano persone in attesa che non si accontentavano di ciò che facevano e pensavano tutti, ma cercavano la stella che poteva indicare loro la via verso la Verità stessa, verso il Dio vivente”. Di questo “cuore inquieto e aperto”, ha osservato il Santo Padre, “abbiamo bisogno. È il nocciolo del pellegrinaggio. Anche oggi non è sufficiente essere e pensare in qualche modo come tutti gli altri. Il progetto della nostra vita va oltre. Noi abbiamo bisogno di Dio, di quel Dio che ci ha mostrato il suo volto ed aperto il suo cuore: Gesù Cristo”.

Chiamare Cristo “l’unico Mediatore della salvezza valido per tutti” non significa affatto “disprezzo delle altre religioni né assolutizzazione superba del nostro pensiero, ma solo l’essere conquistati da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati di doni, affinché noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri”. Lo ha spiegato, questa mattina il Papa, nella messa al santuario di Mariazell. Di fatto, ha proseguito, “la nostra fede si oppone decisamente alla rassegnazione che considera l’uomo incapace della verità – come se questa fosse troppo grande per lui”. Per Benedetto XVI, “questa rassegnazione di fronte alla verità è il nocciolo della crisi dell’Occidente, dell’Europa. Se per l’uomo non esiste una verità, egli, in fondo, non può neppure distinguere tra il bene e il male”. Così, “le grandi e meravigliose conoscenze della scienza diventano ambigue: possono aprire prospettive importanti per il bene, per la salvezza dell’uomo, ma anche – lo vediamo – diventare una terribile minaccia, la distruzione dell’uomo e del mondo. Noi abbiamo bisogno della verità”. Ma certo, ha continuato il Papa, “a motivo della nostra storia abbiamo paura che la fede nella verità comporti intolleranza. Se questa paura, che ha le sue buone ragioni storiche, ci assale, è tempo di guardare a Gesù come lo vediamo qui nel santuario di Mariazell”. “Lo vediamo – ha spiegato Benedetto XVI – in due immagini: come bambino in braccio alla Madre e, sull’altare principale della basilica, come crocifisso. Queste due immagini della basilica ci dicono: la verità non si afferma mediante un potere esterno, ma è umile e si dona all’uomo solamente mediante il potere interiore del suo essere vera”. Insomma, “la verità dimostra se stessa nell’amore. Non è mai nostra proprietà, un nostro prodotto, come anche l’amore non si può produrre, ma solo ricevere e trasmettere come dono. Di questa interiore forza della verità abbiamo bisogno. Di questa forza della verità noi come cristiani ci fidiamo. Di essa siamo testimoni. Dobbiamo trasmetterla in dono nello stesso modo in cui l’abbiamo ricevuta”.

“Guardare a Cristo”, ha ricordato Benedetto XVI nella messa di stamattina al santuario di Mariazell, “è il motto di questo giorno” e a questa nostra richiesta “Maria risponde, presentandoLo a noi innanzitutto come bambino. Dio si è fatto piccolo per noi. Dio non viene con la forza esteriore, ma viene nell’impotenza del suo amore, che costituisce la sua forza. Egli si dà nelle nostre mani. Chiede il nostro amore. Ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio”. In realtà, “ci chiede di fidarci di Lui e di imparare così a stare nella verità e nell’amore”. Ma, “il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani”. “L’Europa –ha quindi ricordato il Papa – è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro”.

Se guardiamo a Cristo, “ci rendiamo conto che il cristianesimo è di più e qualcosa di diverso da un sistema morale, da una serie di richieste e di leggi. È il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte”, ha detto, ancora il Papa nell’omelia. “A questa amicizia – ha chiarito il Papa – noi ci affidiamo. Ma proprio perché il cristianesimo è più di una morale, è appunto il dono di un’amicizia, proprio per questo porta in sé anche una grande forza morale di cui noi, davanti alle sfide del nostro tempo, abbiamo tanto bisogno”. “Se con Gesù Cristo e con la sua Chiesa – ha aggiunto – rileggiamo in modo sempre nuovo il Decalogo del Sinai, penetrando nelle sue profondità, allora ci si rivela come un grande ammaestramento”. Esso è un “sì a Dio, a un Dio che ci ama e ci guida” e “tuttavia ci lascia la nostra libertà”; un sì “alla famiglia”, “alla vita”, “ ad un amore responsabile”, “alla solidarietà, alla responsabilità sociale e alla giustizia”, “alla verità” e “al rispetto delle altre persone e di ciò che ad esse appartiene”. “In virtù della forza della nostra amicizia col Dio vivente – ha concluso – noi viviamo questo molteplice sì e al contempo lo portiamo come indicatore di percorso entro il nostro mondo”.  

Sir