La sofferenza e la malattia non avranno l’ultima parola nelle nostre vite umane. Lo ha detto il Papa, durante l’incontro con il mondo della sofferenza nel Centro card. Paul Léger di Yaoundé (testo integrale). Salutando coloro che, nelle loro case, negli ospedali, negli ambienti specializzati o nei dispensari, sono portatori di un handicap, sia motorio che mentale, coloro che nella loro carne portano i segni delle violenze e delle guerre e tutti i malati, specialmente quelli che sono vittime di malattie come l’Aids, la malaria e la tubercolosi, Benedetto XVI ha incoraggiato la Chiesa cattolica, fortemente impegnata in una lotta efficace contro questi terribili flagelli, a proseguire con determinazione. Davanti ad un fratello o una sorella immerso nel mistero della Croce ha detto il Papa – il silenzio rispettoso e compassionevole, la nostra presenza sostenuta dalla preghiera, un gesto di tenerezza e di conforto, uno sguardo, un sorriso, possono fare più che tanti discorsi. Un esempio per tutti, Simone di Cirene, un africano che ha partecipato alla pena infinita di Colui che ha redento tutti gli uomini compresi i sui persecutori. Per il Papa, ogni africano è membro della famiglia di Simone di Cirene: per lui, come per noi, è difficile accettare di portare la croce di un altro. A voi spetta mettere in opera tutto quello che è legittimo per sollevare il dolore; spetta a voi in primo luogo proteggere la vita umana, essere i difensori della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale. Con queste parole, durante l’incontro con il mondo della sofferenza nel Centro card. Paul Léger di Yaoundé, il Papa si è rivolto ai ricercatori e ai medici, ricordando che per ogni uomo, il rispetto della vita è un diritto e nello stesso tempo un dovere, perché ogni vita è un dono di Dio. Ringraziando tutti coloro che operano al servizio delle persone che soffrono, Benedetto XVI ha incoraggiato i sacerdoti e i visitatori degli ammalati a impegnarsi con la loro presenza attiva ed amichevole nella pastorale sanitaria negli ospedali o per assicurare una presenza ecclesiale a domicilio, per il conforto e il sostegno spirituale dei malati. Fissiamo il nostro sguardo sul Crocifisso, con fede e coraggio, perché da Lui provengono la vita, il conforto, le guarigioni, l’invito del Papa, che ha esortato ad abbandonarci nelle sue braccia come un bambino nelle braccia della mamma. Nel giorno in cui la Chiesa festeggia san Giuseppe, Benedetto XVI ne ha citato l’interpretazione che ne ha dato Santa Teresa d’Avila, che vedeva in lui un intercessore per la salute dell’anima. Scegliamolo anche noi come maestro di preghiera, ha raccomandato il Papa a tutti coloro che lavorano nel mondo della sanità.Sir