La famiglia é il luogo dove la teologia del corpo e dell’amore si intrecciano. Qui si impara la bontà del corpo, la sua testimonianza di un’origine buona, nell’esperienza di amore che riceviamo dai genitori. Qui si vive il dono di sé in una sola carne, nella carità coniugale che congiunge gli sposi. Qui si sperimenta la fecondità dell’amore e la vita s’intreccia a quella di altre generazioni. Lo ha detto Benedetto XVI ricevendo oggi, in udienza, i partecipanti all’incontro del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia nel XXX anniversario della fondazione. È nella famiglia che l’uomo scopre la sua relazionalità ha spiegato il Papa – non come individuo autonomo che si autorealizza, ma come figlio, sposo, genitore, la cui identità si fonda nell’essere chiamato all’amore, a riceversi da altri e a donarsi ad altri. Questo cammino dalla creazione trova la sua pienezza con l’Incarnazione. Il movimento del corpo verso l’alto ha proseguito – viene qui integrato nel movimento umile di Dio che si abbassa verso il corpo, per poi elevarlo verso di sé. Appare così la profondità della teologia del corpo. Questa, quando viene letta nell’insieme della tradizione, evita il rischio di superficialità e consente di cogliere la grandezza della vocazione all’amore, che è una chiamata alla comunione delle persone nella duplice forma di vita della verginità e del matrimonio.Sir