Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, DOMENICA DELLE PALME: VERSO IL CORAGGIO CHE NON SI LASCIA INTIMIDIRE

“Essere cristiani significa considerare la via di Gesù Cristo come la via giusta per l’essere uomini, come quella via che conduce alla meta, ad un’umanità pienamente realizzata e autentica”. Lo ha detto, ieri mattina, Benedetto XVI, nell’omelia della celebrazione liturgica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, a piazza San Pietro. “In modo particolare, vorrei ripetere a tutti i giovani e le giovani, in questa XXV Giornata mondiale della gioventù, che l’essere cristiani è un cammino, o meglio: un pellegrinaggio, un andare insieme con Gesù Cristo. Un andare in quella direzione che Egli ci ha indicato e ci indica”, ha chiarito il Papa. Ma di quale direzione si tratta? “Si tratta di un’ascesa”, “del movimento interiore dell’esistenza, che si compie nella sequela di Cristo”. “È un’ascesa alla vera altezza dell’essere uomini – ha sottolineato il Pontefice -. L’uomo può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica. Può anche scendere verso il basso, il volgare. Può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà”. Ma “Gesù cammina avanti a noi, e va verso l’alto. Egli ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro”.Gesù “conduce verso la disponibilità per i sofferenti, per gli abbandonati; verso la fedeltà che sta dalla parte dell’altro anche quando la situazione si rende difficile. Conduce verso la disponibilità a recare aiuto; verso la bontà che non si lascia disarmare neppure dall’ingratitudine. Egli ci conduce verso l’amore, ci conduce verso Dio”, ha sostenuto Benedetto XVI. Facendo riferimento alla Passione, il Papa ha osservato che Gesù sa che “non avrà nella croce la sua fine”, sa “che Egli salirà fino al trono di Dio e riconcilierà Dio e l’uomo nel suo corpo. Sa che il suo corpo risorto sarà il nuovo sacrificio e il nuovo Tempio; che intorno a Lui, dalla schiera degli Angeli e dei Santi, si formerà la nuova Gerusalemme che è nel cielo e tuttavia è anche già sulla terra, perché nella sua passione Egli ha aperto il confine tra cielo e terra”. Insomma, “la sua via conduce” fino “all’altezza di Dio stesso: è questa la grande ascesa alla quale Egli invita tutti noi”. Così, “nell’ampiezza dell’ascesa di Gesù diventano visibili le dimensioni della nostra sequela, la meta alla quale Egli vuole condurci: fino alle altezze di Dio, alla comunione con Dio, all’essere-con-Dio”. È questa “la vera meta, e la comunione con Lui è la via. La comunione con Cristo è un essere in cammino, una permanente ascesa verso la vera altezza della nostra chiamata”.Il camminare insieme con Gesù, ha precisato Benedetto XVI, “è al contempo sempre un camminare nel ‘noi’ di coloro che vogliono seguire Lui. Ci introduce in questa comunità. Poiché il cammino fino alla vita vera, fino ad un essere uomini conformi al modello del Figlio di Dio Gesù Cristo supera le nostre proprie forze, questo camminare è sempre anche un essere portati”. Ci troviamo “in una cordata con Gesù Cristo” e anzi “fa parte della sequela di Cristo che ci lasciamo integrare in tale cordata; che accettiamo di non potercela fare da soli. Fa parte di essa questo atto di umiltà, l’entrare nel ‘noi’ della Chiesa; l’aggrapparsi alla cordata, la responsabilità della comunione, il non strappare la corda con la caparbietà e la saccenteria”. Dunque, “l’umile credere con la Chiesa, come essere saldati nella cordata dell’ascesa verso Dio, è una condizione essenziale della sequela”. Ma, “dell’ascesa verso l’altezza di Gesù Cristo, dell’ascesa fino all’altezza di Dio stesso fa parte la Croce”; così “la via verso la vita stessa, verso la realizzazione della propria umanità è legata alla comunione con Colui che è salito all’altezza di Dio attraverso la Croce”. In ultima analisi, “la Croce è espressione di ciò che l’amore significa: solo chi perde se stesso, si trova”. Benedetto XVI ha, poi, pregato “affinché nella comunione con Cristo possiamo portare il frutto di buone opere”. Sottolineando l’importanza dell’agire retto, il Pontefice ha inviato a leggere i Comandamenti “in modo nuovo e più profondo a partire da Cristo” perché essi sono “le regole fondamentali del vero amore”. Nell’omelia del Papa non è mancato un riferimento alla Terra Santa, dove andiamo “come pellegrini” ma anche “come messaggeri della pace, con la preghiera per la pace; con l’invito forte a tutti di fare in quel luogo, che porta nel nome la parola ‘pace’, tutto il possibile affinché esso diventi veramente un luogo di pace”. Un pellegrinaggio in Terra Santa è pure “un incoraggiamento per i cristiani a rimanere nel Paese delle loro origini e ad impegnarsi intensamente in esso per la pace”. I pellegrini all’ingresso della Città Santa, ha ricordato il Pontefice, dicono: “Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!”, ma “sanno troppo bene che in terra non c’è pace. E sanno che il luogo della pace è il cielo, sanno che fa parte dell’essenza del cielo di essere luogo di pace”. Così, ha concluso, “questa acclamazione è espressione di una profonda pena e, insieme, è preghiera di speranza: Colui che viene nel nome del Signore porti sulla terra ciò che è nei cieli. La sua regalità diventi la regalità di Dio, presenza del cielo sulla terra”.Sir