Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, ANGELUS: OTTIMISTI MALGRADO LE DIFFICOLTA’

“Attraverso immagini tratte dal mondo dell’agricoltura”, il seme che cresce da solo e il granello di senape, “il Signore presenta il mistero della Parola e del Regno di Dio, e indica le ragioni della nostra speranza e del nostro impegno”. Lo ha affermato Benedetto XVI, in occasione della recita dell’Angelus da piazza San Pietro.

Nella prima parabola “l’attenzione è posta sul dinamismo della semina: il seme che viene gettato nella terra, sia che il contadino dorma sia che vegli, germoglia e cresce da solo. L’uomo semina con la fiducia che il suo lavoro non sarà infecondo. Ciò che sostiene l’agricoltore nelle sue quotidiane fatiche è proprio la fiducia nella forza del seme e nella bontà del terreno”. Questa parabola richiama “il mistero della creazione e della redenzione, dell’opera feconda di Dio nella storia”. “È Lui – ha sottolineato il Papa – il Signore del Regno, l’uomo è suo umile collaboratore, che contempla e gioisce dell’azione creatrice divina e ne attende con pazienza i frutti”. Il raccolto finale ci fa pensare “all’intervento conclusivo di Dio alla fine dei tempi, quando Egli realizzerà pienamente il suo Regno”. Il tempo presente è “tempo di semina, e la crescita del seme è assicurata dal Signore”.

Anche la seconda parabola utilizza l’immagine della semina. “Qui, però – ha avvertito il Santo Padre -, si tratta di un seme specifico, il granello di senape, considerato il più piccolo di tutti i semi. Pur così minuto, però, esso è pieno di vita, dal suo spezzarsi nasce un germoglio capace di rompere il terreno, di uscire alla luce del sole e di crescere fino a diventare ‘più grande di tutte le piante dell’orto’: la debolezza è la forza del seme, lo spezzarsi è la sua potenza”. Così “è il Regno di Dio: una realtà umanamente piccola, composta da chi è povero nel cuore, da chi non confida nella propria forza, ma in quella dell’amore di Dio, da chi non è importante agli occhi del mondo; eppure proprio attraverso di loro irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è apparentemente insignificante”.

 “L’immagine del seme – ha dichiarato Benedetto XVI – è particolarmente cara a Gesù, perché esprime bene il mistero del Regno di Dio. Nelle due parabole di oggi esso rappresenta una ‘crescita’ e un ‘contrasto’: la crescita che avviene grazie a un dinamismo insito nel seme stesso e il contrasto che esiste tra la piccolezza del seme e la grandezza di ciò che produce”. Per il Papa, “il messaggio è chiaro: il Regno di Dio, anche se esige la nostra collaborazione, è innanzitutto dono del Signore, grazia che precede l’uomo e le sue opere. La nostra piccola forza, apparentemente impotente dinanzi ai problemi del mondo, se immessa in quella di Dio non teme ostacoli, perché certa è la vittoria del Signore”.

Dopo l’Angelus, il Pontefice ha ricordato che “ricorre mercoledì prossimo, 20 giugno, la Giornata mondiale del rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite. Essa vuole attirare l’attenzione della comunità internazionale sulle condizioni di tante persone, specialmente famiglie, costrette a fuggire dalle proprie terre, perché minacciate dai conflitti armati e da gravi forme di violenza”. “Per questi fratelli e sorelle così provati – ha aggiunto – assicuro la preghiera e la costante sollecitudine della Santa Sede, mentre auspico che i loro diritti siano sempre rispettati e che possano presto ricongiungersi con i propri cari”. Il Santo Padre ha rivolto anche un pensiero all’Irlanda, dove oggi si terrà la celebrazione conclusiva del Congresso eucaristico internazionale, che “durante questa settimana ha fatto di Dublino la città dell’Eucaristia, dove molte persone si sono raccolte in preghiera alla presenza di Cristo nel Sacramento dell’altare. Nel mistero dell’Eucaristia Gesù ha voluto restare con noi, per farci entrare in comunione con Lui e tra di noi”.

La figura di una nuova beata è stata poi presentata da Benedetto XVI. “Desidero ricordare con gioia che questo pomeriggio, a Nepi, nella diocesi di Civita Castellana, verrà proclamata beata Cecilia Eusepi, morta a soli 18 anni – ha detto il Papa -. Questa giovane che aspirava a diventare suora missionaria, fu costretta ad abbandonare il convento a causa della malattia, che visse con fede incrollabile, dimostrando grande capacità di sacrificio per la salvezza delle anime”.