Ha provato un’emozione profonda Benedetto XVI incontrando le comunità cattoliche e le popolazioni del Camerun e dell’Angola. Lo ha detto ieri alla recita dell’Angelus, ricordando il recente viaggio apostolico e annunciando che di questa significativa esperienza pastorale parlerà mercoledì prossimo nell’Udienza generale. Soprattutto ha rilevato il Papa mi hanno impressionato due aspetti, entrambi molto importanti. Il primo è la gioia visibile nei volti della gente, la gioia di sentirsi parte dell’unica famiglia di Dio, e ringrazio il Signore per aver potuto condividere con le moltitudini di questi nostri fratelli e sorelle momenti di festa semplice, corale e piena di fede. Il secondo aspetto è proprio il forte senso del sacro che si respirava nelle celebrazioni liturgiche, caratteristica questa comune a tutti i popoli africani ed emersa, potrei dire, in ogni momento della mia permanenza tra quelle care popolazioni. La visita mi ha permesso di vedere e comprendere meglio la realtà della Chiesa in Africa nella varietà delle sue esperienze e delle sfide che si trova ad affrontare in questo tempo.La volontà di Dio, ha ricordato Benedetto XVI ieri all’Angelus, è dare la vita eterna a noi che l’abbiamo perduta. Perché ciò si realizzi bisogna però che Gesù muoia, come un chicco di grano che Dio Padre ha seminato nel mondo. Solo così infatti potrà germogliare e crescere una nuova umanità, libera dal dominio del peccato e capace di vivere in fraternità, come figli e figlie dell’unico Padre che è nei cieli. Una nuova umanità che è viva, pur con i suoi limiti umani, come è stato sperimentato nella grande festa della fede vissuta insieme in Africa. Là dove i missionari, come Gesù, hanno dato e continuano a spendere la vita per il Vangelo ha precisato il Santo Padre si raccolgono frutti abbondanti. Proprio ai missionari, religiose, religiosi, laici e laiche, il Papa ha rivolto un particolare pensiero di gratitudine per il bene che fanno. È stato bello per me ha concluso vedere il frutto del loro amore a Cristo e constatare la profonda riconoscenza che i cristiani hanno per essi.Sir