Vita Chiesa

BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS: LASCIATE LE VIE DELL’ODIO, APPELLO PER TERRA SANTA E IRAQ

“Nei giorni scorsi, la violenza e l’orrore hanno nuovamente insanguinato la Terra Santa, alimentando una spirale di distruzione e di morte che sembra non avere fine. Mentre vi invito a domandare con insistenza al Signore Onnipotente il dono della pace per quella regione, desidero affidare alla Sua misericordia le tante vittime innocenti ed esprimere solidarietà alle famiglie e ai feriti”. Pace e solidarietà per la Terra Santa, al posto della violenza e dell’orrore. Trepidazione per la sorte dell’arcivescovo caldeo, mons. Rahho, e per gli iracheni ancora vittime di una “violenza cieca e assurda”. E’ stato questo il doppio appello di Benedetto XVI, risuonato al termine dell’Angelus di stamattina in Piazza San Pietro. L’Angelus che parla di risurrezione e di fede in Cristo datore di Vita porta il Papa a considerare, subito dopo la preghiera mariana, la barbarie sanguinosa che è tornata a sferrare un nuovo colpo alle speranza di pace del Medio Oriente: “Incoraggio le autorità israeliane e palestinesi nel loro proposito di continuare a costruire, attraverso il negoziato, un futuro pacifico e giusto per i loro popoli e a tutti chiedo, in nome di Dio, di lasciare le vie tortuose dell’odio e della vendetta e di percorrere responsabilmente cammini di dialogo e di fiducia”. E subito dopo, un altro scenario, teatro di altri drammi e di una attesa angosciosa per Benedetto XVI: “E’ questo il mio auspicio anche per l’Iraq, mentre trepidiamo ancora per la sorte di sua eccellenza Mons. Rahho e di tanti iracheni che continuano a subire una violenza cieca ed assurda, certamente contraria ai voleri di Dio”.Prima di dare voce alle sue preoccupazioni e alla sua preghiera per i drammi dei Paesi mediorientali, Benedetto XVI aveva parlato di vita e di morte, di fede e di speranza, seguendo il filo del Vangelo sulla risurrezione di Lazzaro. Il suo ritorno alla vita, ha detto in certo senso, è un preannuncio di morte per Gesù. Perché in quell’“ultimo grande segno” – la risurrezione pubblica del fratello di Marta e Maria – Cristo dà ai Sommi sacerdoti del Sinedrio e agli scribi la “prova vivente della sua divinità”: è il miracolo che scatena in loro la volontà di uccidere il Nazareno. Ma è anche un episodio che assomma in sé i grandi valori dell’umanità – amicizia e dunque compassione e dolore per la morte di una persona amata – e l’essenza stessa della missione terrena di Gesù: la vittoria di Dio sulla morte. “Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato, ma io vado a svegliarlo”, dice Gesù ai discepoli, stupiti. Dio, ha affermato il Papa, vede la morte fisica “come un sonno, da cui ci si può risvegliare”. Anche Marta, sorella di Lazzaro, all’arrivo apparentemente tardivo di Gesù, si lasciò andare allo sconforto. Ma ebbe il privilegio di sentire dalle labbra stesse del Maestro l’affermazione che è il cuore del messaggio cristiano: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. E come Cristo chiese subito dopo a Marta: “Credi tu questo?”, allo stesso modo, da duemila anni la medesima domanda – ha ribadito il Papa – Gesù la “rivolge a ognuno di noi“. Una domanda – ha osservato il Papa – che certamente ci supera, supera la nostra capacità di comprendere, e ci chiede di affidarci a Lui, come Lui si è affidato al Padre. Esemplare è la risposta di Marta: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. Sì, o Signore! Anche noi crediamo, malgrado i nostri dubbi e le nostre oscurità; crediamo in Te, perché Tu hai parole di vita eterna; vogliamo credere in Te, che ci doni una speranza affidabile di vita oltre la vita, di vita autentica e piena nel tuo Regno di luce e di pace”.Un grande applauso si è levato dalla folla raccolta sotto la finestra del Papa quando Benedetto XVI – nei saluti in sette lingue del post-Angelus – ha invitato i giovani della diocesi di Roma alla Liturgia Penitenziale di giovedì 13 marzo, da lui presieduta alle ore 17.30 nella Basilica di San Pietro: “Cari giovani di Roma – ha detto il Papa – vi invito tutti a questo appuntamento con la Misericordia di Dio! Ai sacerdoti e ai responsabili raccomando di favorire la partecipazione dei giovani facendo proprie le parole dell’apostolo Paolo: ‘Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo:… lasciatevi riconciliare con Dio’”. (Fonte: Radio Vaticana)